Replicando una meritoria iniziativa già sperimentata nel 2022, Lucky Red anche quest’anno riporta al cinema durante la stagione estiva alcuni classici del maestro dell’animazione nipponica Hayao Miyazaki, forse anche per preparare il terreno per la (auspicata) prossima uscita italiana del suo nuovo film The Boy and the Heron (anche conosciuto come How Do You Live?), che ha fatto il suo esordio sugli schermi giapponesi il 14 luglio, tra l’acclamazione della critica. Dal 27 luglio al 2 agosto 2023, in particolare, torna al cinema Il castello nel cielo (天空の城ラピュタ, Tenkū no shiro Rapyuta). Risalente al 1986, ma distribuito in Italia in home video solo nel 2004 e in sala nel 2012, è il terzo lungometraggio diretto da Miyazaki, dopo Lupin III – Il castello di Cagliostro (1979) e Nausicaä della Valle del vento (1984), ma il primo prodotto dal neonato Studio Ghibli, fondato nel 1985 dal regista stesso insieme a Isao Takahata e ai produttori Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma.
Il castello nel cielo è ispirato, almeno nell’ambientazione, a un episodio de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, in cui il protagonista Gulliver, dopo aver incontrato i lillipuziani e i giganti, giunge nella misteriosa Laputa, un’isola volante popolata da scienziati pazzi, nelle intenzioni dell’autore una pungente parodia letteraria della Royal Society britannica. Miyazaki recupera l’isola immaginaria e ne fa il cuore di una storia universale di amicizia e coraggio, che pone al centro molti dei topos a lui cari. Il film, ambientato in un universo fantascientifico, inizia su una nave militare volante, su cui l’esercito e misteriosi uomini dagli occhiali scuri tengono prigioniera la giovane Sheeta, detentrice della gravipietra, un gioiello dai grandi poteri. Quando un gruppo di pirati dell’aria vanno all’arrembaggio della nave per impadronirsi proprio della misteriosa pietra, Sheeta riesce a fuggire ed è salvata dal minatore orfano Pazu, ossessionato dal volo e dal mito dell’isola fluttuante di Laputa. Quando l’esercito e i pirati si rimettono sulle tracce della giovane, Pazu e Sheeta scappano insieme e si imbarcano in un’avventura che li condurrà a scoprire la misteriosa isola da cui proviene la gravipietra e di cui la ragazza è la regina predestinata.
Laputa: un paradiso perduto
Tra i topos fondamentali dell’opera di Miyazaki – già centrale nel precedente Nausicaä della Valle del vento – vi è il complesso rapporto tra l’uomo e la natura. Ecologista convinto, Miyazaki ha sempre posto al centro la fragilità della natura e la necessità della sua preservazione. Ne Il castello del cielo tutto ciò si sostanzia nel confronto tra il mondo degli uomini e l’isola fluttuante di Laputa. Nelle sequenze iniziali, Miyazaki mette in scena un mondo umano grigio e industrializzato, dove le sagome delle ciminiere si stagliano cupe verso il cielo (Figura 1).
Figura 1
Al contrario, Laputa è una sorta di paradiso terrestre verdeggiante, popolato solamente da un robot giardiniere, testimonianza di una civiltà passata distrutta dalle proprie ambizioni militariste, chiaramente dimostrate dalla sequenza in cui Muska, tra gli antagonisti più monotonamente negativi della filmografia di Miyazaki, sfrutta i poteri dell’isola per generare una sorta di esplosione atomica sulla terra. Laputa è un’isola in cui la natura ha riconquistato il proprio spazio, ma in cui ha ancora sede una forza violenta e devastatrice. L’eroismo di Sheeta e Pazu sta proprio nel modo in cui essi riescono a liberare l’isola distruggendo il suo sistema di armamenti e rendendola un luogo di puro splendore naturale, che si leva sempre più in alto verso il cielo, abbandonando il nostro mondo e allontanandosi da quegli uomini che vorrebbero possederla. L’iconografia di Laputa è tra i più alti esiti dell’opera di Miyazaki e ha influenzato fortemente pellicole come Atlantis – L’impero perduto (2001) e persino Avatar (2009; si pensi all’albero casa dei Na’vi e alle sue colossali radici, che ricordano da vicino l’albero che cresce alla sommità di Laputa).
Il “cinema del lavoro” di Miyazaki
Un altro aspetto centrale de Il castello nel cielo e dell’intera opera di Miyazaki è l’ossessione per il lavoro. I personaggi dell’animatore giapponese sono spesso lavoratori o, in ogni caso, persone estremamente devote al proprio dovere professionale: limitandosi solamente ad alcuni protagonisti, si pensi alla serietà con cui Kiki affronta il suo incarico di strega-corriera in Kiki – Consegne a domicilio (1989), all’impegno di Chihiro per il buon funzionamento del centro termale ne La città incantata (2001), alla passione fremente per il proprio mestiere dell’aviatore Jirō Horikoshi in Si alza il vento (2013). Anche ne Il castello del cielo il lavoro è la pratica che regola molte relazioni tra i personaggi. Nonostante la sua passione sia il volo, all’inizio del film vediamo Pazu lavorare di buona lena in miniera, svolgendo i propri incarichi con precisione e passione. In seguito, nella sequenza della fuga in treno di Sheeta e Pazu, il macchinista accetta di aiutare i due giovani a scappare dai pirati chiedendo in cambio al giovane di lavorare come fuochista. Pazu, a quel punto, accetta entusiasticamente (Figura 2) e si dimostra un aiutante abile e zelante. Ancora, quando Sheeta e Pazu vengono ingaggiati nella ciurma della piratessa dal cuore d’oro Dola, Miyazaki rappresenta l’aeronave pirata essenzialmente come un luogo di lavoro, in cui ognuno ha il suo ruolo: Sheeta è incaricata della gestione della cucina, a Pazu è assegnata la supervisione dei motori, e così via. Ciò che colpisce è come Miyazaki riesca sempre a rappresentare nel suo cinema la gioia del lavoro, qualunque esso sia: i personaggi dei suoi film sentono il proprio lavoro e le varie attività in cui si impegnano. Lavorare bene, con dedizione ed etica, è gioia di vita. Questo è una tra i più significativi aspetti dell’esaltazione epica dell’ordinario che è al centro dell’opera di Miyazaki. Lavorare – come mangiare, ridere, innamorarsi… – è parte del complesso miracolo della vita quotidiana, di fronte al quale il maestro giapponese pare sorprendersi a ogni film.
Figura 2: Pazu lavora di buona lena come fuochista per garantire la fuga a Sheeta e a se stesso.
Un mondo in volo
Il volo è un altro topos ricorrente nell’opera di Miyazaki. Figlio di un ingegnere aeronautico, il regista ha sempre dichiarato di essere entrato in contatto con le “macchine volanti” fin dalla propria infanzia e che la sua concezione del volo sia legata a un senso di libertà e alla dimensione del sogno: si pensi a Si alza il vento, pellicola che riflette esplicitamente sul miracolo del volo e sulla corruzione dell’utopia di un mondo aereo di pace. Ne Il castello nel cielo il volo è il sistema di movimento prediletto da tutti i personaggi e appare come la loro ideale condizione esistenziale. Quello del film è un mondo in volo: pirati su aeronavi, dirigibili militari, navicelle che paiono coleotteri, personaggi che fluttuano, battaglie aeree… Il design dei mezzi volanti è impressionante per dettaglio e fantasia e il personaggio di Pazu, con la sua fascinazione per il volo, non può non apparire come un alter ego di Miyazaki stesso e dei suoi sogni. Il volo, ne Il castello del cielo, appare come la metafora di un desiderio, che accomuna i protagonisti, di levarsi dalla gravità terrestre, lasciandosi alle spalle le proprie vite precedenti, per accedere a una dimensione avventurosa e di elevazione spirituale, che possa donare un nuovo, fluttuante equilibrio al mondo e alle loro vite.
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