Era il 2004 quando usciva nelle sale Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, terzo film della saga con protagonista il mago più famoso degli ultimi vent’anni. Dopo La pietra filosofale (2001) e La camera dei segreti (2002), il terzo episodio si configura come uno spartiacque nella storia produttiva della serie, in quanto la regia passa da Chris Columbus ad Alfonso Cuarón – mentre la sceneggiatura resta nelle mani di Steve Kloves.
Tale cambiamento risulta fondamentale per creare una svolta significativa rispetto ai primi due capitoli della saga. Nel Prigioniero di Azkaban, Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger entrano nell’adolescenza – nella finzione filmica hanno tredici anni – e questa fase di crescita ben si armonizza con l’atmosfera cupa del terzo film, incentrato sulla storia di Sirius Black e sugli avvenimenti precedenti la nascita di Harry.
A vent’anni dell’uscita nei cinema di tutto il mondo, la Warner Bros riporta nelle sale il terzo capitolo della saga scritta da J. K. Rowling che, secondo fan e critici, risulta essere, a mani basse, il migliore della serie.
Da Chris Columbus ad Alfonso Cuarón: una nuova atmosfera
Nella fase di pre-produzione del Prigioniero di Azkaban, un fatto è certo: Chris Columbus non tornerà dietro la macchina da presa; resterà coinvolto nel processo di realizzazione del terzo capitolo della saga solo nelle vesti di produttore, ruolo che, a detta di Columbus, gli consentirà di trascorrere più tempo con la famiglia. A chi affidare, dunque, il ruolo di regista per uno dei capitoli fondamentali della serie tratta dai romanzi di Rowling? Dopo il rifiuto di diversi registi – fra i quali, Guillermo Del Toro – la scelta ricade su Alfonso Cuarón, al tempo reduce dal successo di Y tu mamá también – Anche tua madre (2001).
Con il regista messicano dietro la macchina da presa si verifica un cambio di rotta significativo nella messinscena della saga dedicata al maghetto inglese. I protagonisti sono cresciuti, dall’infanzia si approda all’adolescenza, e tale mutamento si riflette in un prodotto cinematografico più maturo, caratterizzato dall’ambivalenza delle forze del Bene e del Male. Lo strato più superficiale (ossia, più evidente) di questa evoluzione si percepisce nell’elaborazione di un’atmosfera più cupa: a differenza della Pietra filosofale e della Camera dei Segreti, in cui prevalgono tinte calde, nel Prigioniero di Azkaban sono i toni freddi ad imporsi, stabilendo un legame saldo con la scena del confronto fra Harry e Tom Riddle nella Camera dei Segreti non solo da un punto di vista estetico, ma anche (e soprattutto) narrativo – è da quell’incontro che inizia veramente a prender forma la storia di Lord Voldemort. Anche l’abbondanza di scene notturne rimarca il contrasto fra i primi due film della saga e il terzo: basti pensare alle “passeggiate notturne” di Harry, guidato dalla Mappa del Malandrino, nei corridoi di Hogwarts, il primo faccia a faccia con il Dissennatore sul treno, l’attacco di Lupin ai danni di Harry, Ron e Hermione.
L’atmosfera elaborata da Cuarón si configura non solo come un punto di rottura con i precedenti due film della saga, ma anche come un punto di svolta che caratterizzerà gli ambienti e le atmosfere dei successivi, i quali manterranno la scelta di toni freddi – a simboleggiare la progressiva capillarizzazione delle forze del Signore Oscuro – e la tensione drammatica volta a sottolineare la fine della spensieratezza, della fascinazione verso la magia così come era stata dipinta nei primi due film. Così, anche la colonna sonora di John Williams si adatta a tale cambiamento: pur mantenendo i temi salienti della saga – Hedwig’s Theme fra tutti – alcune composizioni come A Window to the Past arricchiscono il film di quella tinta oscura e malinconica ricercata da Cuarón.
Camicie sbottonate e cravatte sciolte: l’adolescenza a Hogwarts
Come abbiamo già accennato, Il Prigioniero di Azkaban si configura come un capitolo fondamentale nella transizione dalla fanciullezza all’età adulta per i protagonisti della saga. Superati gli orrori della Camera dei Segreti – e conosciuto Lord Voldemort – Harry, Hermione e Ron si preparano ad affrontare l’adolescenza a Hogwarts. All’epoca quasi tutti quindicenni, i giovani maghi fanno la loro ricomparsa sul grande schermo visibilmente cambiati; basti pensare alle acconciature, più consone alla moda del 2003-2004, che stabiliscono un prima e un dopo rispetto ai precedenti film.
A conferire maggior realismo a tale transizione è la singolare scelta di Cuarón legata agli abiti di scena. Il regista, infatti, chiede agli attori/studenti di Hogwarts di indossare le loro divise nella maniera che più aggrada loro, senza tener conto dell’etichetta della scuola: questa maggior flessibilità, assente nei precedenti capitoli, simboleggia quell’approdo nella fase adolescenziale che, anche nel mondo di Hogwarts, si esprime con un atteggiamento più flessibile verso le regole e l’etichetta.
Ma non solo. Cuarón adotta l’idea di far indossare abiti “casual” ai maghi della scuola: felpe, jeans, t-shirt e sneakers rappresentano la quotidianità degli studenti vissuta al di fuori delle lezioni e dei luoghi deputati per lo studio delle arti magiche. Tale scelta sarà fondamentale per i successivi capitoli della saga, nei quali la presenza di un abbigliamento casual arriverà ad essere predominante, e prenderà il posto delle divise scolastiche (vedasi, ad esempio, I doni della morte – parte I & II, 2010-2011).
Dissennatori, animagus, patronus, mollicci e ippogrifi
Con il Prigioniero di Azkaban l’universo di Harry Potter si espande, e nuove creature vengono introdotte nel terzo capitolo della saga. Se già nei precedenti il pubblico aveva potuto fare la conoscenza di esseri bizzarri, come ragni giganti, elfi domestici e basilischi, nel Prigioniero di Azkaban troviamo forse le creature più memorabili dell’intera storia.
Chi, alla prima visione del film, non è rimasto terrorizzato durante l’inquietante scena dei Dissennatori sul treno diretto a Hogwarts? Fra i veri protagonisti del terzo capitolo, i Dissennatori sono forse le creature più raccapriccianti dell’intera saga: Cuarón ne è ben consapevole sin dalle prime battute della fase di pre-produzione, e il suo desiderio è realizzarli senza l’ausilio della CGI – alla quale, alla fine, dovrà assoggettarsi, dati i costi dei prototipi animatronici. Tuttavia, il risultato finale è più che convincente, nonostante nei successivi capitoli il design dei Dissennatori verrà modificato. La figura del Dissennatore è certamente tra le più affascinanti della saga, non solo in quanto componente orrorifica, ma anche per la sua valenza simbolica – il Dissennatore come essere (umano) senza anima che, per sopravvivere, vampirizza quella altrui con un terrificante “bacio della morte”.
Per contrastare i Dissennatori, nel corso della storia Harry apprende l’incanto Patronus, l’unico in grado di scacciare le terribili creature: superfluo dire a chi ha visto la saga per intero quanto l’incantesimo “Expecto Patronum!” sia di fondamentale importanza dal terzo capitolo in poi. Il Patronus, animale dall’aspetto argenteo, evanescente, ma al contempo carico di una forza sconvolgente, opera nelle vesti di protettore del mago che lo evoca, una sorta di angelo custode non cristiano. Anch’esso, insieme ai Dissennatori, viene introdotto proprio in questo terzo capitolo della saga.
Accanto a questa potenza purissima, altre creature fanno la loro comparsa nel corso della narrazione. Ci sono maghi e streghe che hanno la capacità di mutare la loro forma in animale: sono gli Animagi (s. Animagus), divenuti tali attraverso un lungo e difficile percorso, un processo simile a un rituale. Appartengono a essi la Professoressa McGranit – la quale mostra le sue capacità come animagus già nel primo episodio della saga (seppur non venga detto nulla a riguardo) – il Professor Remus Lupin, Sirius Black e Peter Minus. Insieme a questi mutaforma troviamo anche i mollicci, creature metamorfiche che mutano di aspetto in base alla paura più profonda del mago o della strega che lo avvicina. Per contrastarli, l’incantesimo Riddikulus risulta essere il più efficacie: una magia che altera l’aspetto del molliccio, facendolo apparire “ridicolo” e provocando il riso, l’arma più temuta da tali creature.
E per ultimo, come dimenticare uno dei personaggi più amati del Prigioniero di Azkaban? Stiamo parlando naturalmente di Fierobecco, l’ippogrifo di Hagrid protagonista della prima lezione di Cura delle Creature Magiche tenuta proprio dal custode di Hogwarts. Creatura nobile e coraggiosa, Fierobecco riveste uno dei ruoli cardine della narrazione (l’incidente con Draco Malfoy, la scelta del trio magico di salvare la creatura dalla soppressione) ed è protagonista, insieme a Harry, di una delle scene più memorabili ed emozionanti del film, ossia il volo a fior d’acqua sul lago sul quale si affaccia il castello di Hogwarts.
Vent’anni di magia
Per chi era in sala vent’anni fa a vedere Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, avere la possibilità di rivivere quelle emozioni (le stesse, o altre, chissà) nel 2024 è sicuramente qualcosa di indescrivibile. Ed è innegabile come, nonostante lo scorrere inesorabile del tempo, la magia della saga non si sia affievolita, come la storia del mago Harry Potter non sia invecchiata di un solo giorno.
Ma questi pochi giorni nei quali Il Prigioniero di Azkaban è in programmazione nelle sale italiane non sono dedicati esclusivamente ai nostalgici o ai fan più fedeli, ma anche, e soprattutto, a tutti coloro che non hanno avuto la possibilità di vivere la magia del terzo capitolo della saga al cinema: chi per un interesse verso la serie nato successivamente la fine della produzione; chi perché non ancora nato. Insomma, l’invito a vivere sul grande schermo, nella sala cinematografica, la magia di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban è servito: e, d’altronde, non serve una mappa del malandrino per trovare la sala più vicina!
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