Dal fantasy teen al cinema indipendente, fino al blockbuster d’autore, da quando nel 2005 Robert Pattinson ha fatto il suo esordio sul grande schermo in Harry Potter e il Calice di Fuoco, la carriera dell’attore è stata un susseguirsi di progetti e scelte attoriali sempre più mirate e di qualità sempre crescente. Pattinson, ad oggi annoverato nella lista degli attori più pagati al mondo, è sicuramente uno dei volti più noti della sua generazione ed è spesso citato tra i nomi che rappresentano la nuova generazione di Hollywood. 

Proprio quest’anno l’abbiamo visto interpretare il milionario giustiziere della notte nell’ultima attesissima fatica di Matt Reeves, The Batman, ma l’attore non è nuovo a questi ruoli tormentati, che anzi costituiscono in un certo senso il fil rouge di gran parte della sua filmografia.

In questo articolo ci proponiamo di prendere in esame una pellicola che nel 2017 è valsa a Pattinson il plauso della critica e – sembrerebbe – anche l’attenzione dei produttori della Warner in vista del ruolo dell’uomo pipistrello: Good Time.

GOOD TIME: IMMOBILITÀ E CRIMINALITÀ

Good Time, come già accennato, è un film del 2017 diretto dai fratelli Safdie, Josh (che ha contribuito anche alla scrittura della sceneggiatura) e Benny. In gara quell’anno al Festival di Cannes, la pellicola si incentra sulla figura di Connie (interpretato proprio da Robert Pattinson) che, a seguito di una rapina dall’esito sfortunato, si trova a dover cercare ogni mezzo per riuscire a pagare la cauzione del suo fratello Nick, affetto da disabilità mentale e complice del furto. Una trama semplice con un arco narrativo breve e un ritmo serrato che quasi arranca nel tentativo di star dietro a Connie nella sua corsa per salvare il fratello, l’unica persona verso cui nutre sentimenti di amore sincero e quasi una sorta di dipendenza affettiva.

Connie e Nick, interpretato da Benny Safdie, rappresentano gli ultimi, i reietti della società, immobili nel presente, nel qui e ora, privi di radici (della provenienza e del passato dei due ci vengono dati giusto dei cenni) e senza futuro. In quest’ottica il film è un gioco dell’oca che ritorna verso la casella del via man mano che ci si avvicina alla fine della partita: infatti, nonostante i 100 minuti di pura corsa nella notte umida di New York, il percorso circolare dei due fratelli è specchio della totale staticità dello status quo e dello stato delle persone, qui più che mai invischiate nella palude newyorkese di piccola criminalità, soldi e droghe.

CITTÀ CHE DIVORA

I personaggi di Good Time si muovono tra orrorifici tunnel al neon e scuri quartieri di periferia. Fluorescenze e ombre si alternano sul viso di Pattinson – spesso madido, sempre magnetico – che, capelli ossigenati e sguardo folle, riempie lo schermo con frequenti primi e primissimi piani. Incredibilmente il suo personaggio, un antieroe che ricorre a ogni mezzo per compiere la sua missione, ci attrae e ci cattura: il suo volto, arrabbiato e dolente, a tratti è nascosto sotto una maschera di apatia e a tratti dietro muri di violenza.

Accanto a lui, oltre al bravo Benny Safdie che fa bella mostra delle sue ottime capacità attoriali, troviamo la città in tutto il suo malsano caos. Una New York notturna e oscura squarciata da colori vividi e psichedelici e da neon allucinanti. Un anticipo della Gotham corrotta e gotica, centro nevralgico dell’ultimo film sul supereroe più uomo di sempre che, non a caso, si apre con una rapina a un negozio chiamato proprio Good Times Grocery. In questo caso, però, il protagonista dei fratelli Safdie non sa combattere contro i propri tormenti né contro la città che inghiotte e snatura i suoi abitanti, ma anzi si perde e annaspa tra i sobborghi della periferie, sbaglia, torna indietro, ruba, mente e fallisce. Il suo fallimento è il fallimento dell’intera città e delle sue istituzioni (qui incarnate anche nelle istituzioni medico sanitarie oltre che in quelle di giustizia e ordine), istituzioni che ancora non riescono a offrire un’alternativa e un reale appiglio a coloro che popolano le vie, bagnate e viscide, di quartieri sempre più dimenticati. 

Every day I think about untwisting and untangling these strings I’m in

And to lead a pure life

I look ahead at a clear sky

Ain’t gonna get there

But it’s a nice dream, it’s a nice dream

Ogni giorno penso a come sbrigliarmi da queste corde in cui sono

E a condurre una vita pura

Guardo avanti a un cielo pulito

Non andrò lì

Ma è un bel sogno, è un bel sogno

– Testo della canzone The Pure and the Damned – Oneohtrix Point Never feat. Iggy Pop, tratto dal soundtrack del film

Questo articolo è stato scritto da:

Anna Negri, Caporedattrice