La bufera era nell’aria da tempo e che i Golden Globes siano stati travolti da uno tsunami da cui è difficile capire se e come si riprenderanno non dovrebbe stupire nessuno. Già a febbraio 2021 la Hollywood Foreign Press Association (HFPA), ossia l’associazione della stampa straniera di Hollywood che assegna i prestigiosi riconoscimenti sin dal 1944, era stata accusata di razzismo dall’organizzazione Time’s Up (nata nel 2018 sull’onda del caso Weinstein e del movimento MeToo), che aveva lanciato l’hashtag #TimesUpGlobes, rilevando che da oltre vent’anni nell’associazione non sono presenti persone di colore (maggiori informazioni sulla campagna di Time’s Up contro i Globes possono essere trovate qui).

L’accusa di Time’s Up già a febbraio aveva ricevuto sui social l’appoggio di figure di spicco dello scenario hollywoodiano, come Lupita Nyong’o, Mark Ruffalo, Simon Pegg, Shonda Rhimes e Viola Davis. Ad essere criticata, oltre alla mancanza di pluralità nella giuria, era anche la pratica discutibile da parte di membri dell’HFPA di accettare regali da parte delle produzioni cinematografiche in concorso per il premio. Questo non deve stupire più di tanto in realtà: le major hollywoodiane sono solite fare losche campagne promozionali che coinvolgono anche regali ai giurati delle varie premiazioni (qualche anno fa Netflix regalò ai membri dell’Academy che assegna gli Oscar persino dei cuscini con sopra stampati fotogrammi di Roma di Alfonso Cuarón pur di spingere il film per la vittoria nelle categorie principali!). Dopo queste polemiche l’HFPA, a inizio maggio, ha annunciato un pacchetto di riforme per divenire più inclusiva e rendere più trasparenti i propri metodi.

Queste modifiche al regolamento, tuttavia, sono state ritenute insufficienti e, proprio quando la tempesta sembrava ormai passata, alcune star sono tornate sulla questione, questa volta in maniera ben più decisa: Scarlett Johansson ha parlato dei Globes come di una “molestia”, Mark Ruffalo è tornato a esprimersi della questione e ha affermato di non essere fiero del premio vinto quest’anno per la miniserie Un volto, due destini e Tom Cruise ha addirittura restituito le tre statuette vinte in carriera (per Nato il quattro luglio, Jerry Maguire e Magnolia). Ma soprattutto NBC, uno dei tre maggiori network televisivi statunitensi e tradizionale emittente della cerimonia dei Golden Globes, ha confermato che il prossimo anno non intende più trasmettere la serata dei premi e Amazon e Netflix, ormai a tutti gli effetti due tra le maggiori major hollywoodiane, hanno fatto sapere che non vogliono più avere a che fare con l’HFPA.

L’impressione complessiva è da un lato quella di una condizione abbastanza anacronistica dei Globes (davvero nel 2021 è ancora possibile che in una giuria di 87 persone non siano rappresentate le minoranze, anche considerando la ben nota sensibilità dell’ambiente hollywoodiano su questo tema?), dall’altra anche quella di una certa ipocrisia, per lo meno da parte di certe figure dello star-system che, pur criticando i premi, non hanno certo disertato la cerimonia o respinto i riconoscimenti assegnatigli anche di recente dall’HFPA. Insomma, le contraddizioni non mancano: ma d’altronde “È Hollywood, bellezza.”.

Comunque la si pensi, i grandi premi della Awards Season statunitense si confermano a tutti gli effetti come un campo di battaglia per le lotte sui diritti civili e, visti alcuni episodi analoghi accaduti negli ultimi anni, non sarà affatto facile per l’HFPA uscirne senza danni. I Golden Globes paiono davvero trovarsi sull’orlo del burrone.

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Jacopo Barbero, Caporedattore