Cult del cinema statunitense diretto da uno dei registi più apprezzati dalla Nouvelle Vague francese (Nicholas Ray) e ritratto di un’intera generazione con protagonisti tre volti della ribellione dell’epoca, tutti e tre morti in giovane età e tristi circostanze, Gioventù bruciata (1955) è passato alla storia ed entrato nell’Olimpo della settima arte soprattutto per la presenza del talentuoso e giovane attore James Dean, qui nella sua performance più iconica.
James Dean in una pubblicità di Gioventù bruciata, con addosso l’iconica giacca
Questo status iconico ha portato spesso diversi spettatori ad associare al film un’immagine stravolta a maggior ragione per il legame con un attore tanto leggendario e ‘maledetto’ come Dean. Rivisitiamo questo classico del cinema per scoprire come, dietro questo ritratto di ribelle giovanile, si nasconda in realtà l’immagine di una fragilità generazionale e una critica alquanto avanti coi tempi alla società americana.
Ribelli senza una causa
Il film si apre presentando immediatamente i protagonisti, tre adolescenti americani, in una situazione che segnala già la loro “anormalità”: tutti e 3 sono infatti stati portati in una stazione di polizia. Judy (Natalie Wood) è stata coinvolta in una rissa con degli amici dopo essere andata via di casa nel pieno della notte; John, soprannominato ‘Plato’ (Sal Mineo) ha sparato a dei cuccioli con la pistola della madre; Jim è trattenuto per ubriachezza molesta. In questa stessa sequenza ci vengono subito rivelate quali siano le motivazioni alla base dei loro comportamenti. Judy cerca di attirare le attenzioni del padre assente, vestendosi in maniera provocatoria e frequentando una banda composta interamente di ragazzi; Plato è stato abbandonato da piccolo dal padre e vive sotto le cure affettuose della domestica (Marietta Canty); Jim soffre i litigi dei genitori e l’attitudine servile del padre, incapace di rispondere alla cattiveria della madre.
Judy, Plato e Jim nella stazione di polizia. Prima che i 3 personaggi si incontrino ufficialmente, sono già “uniti” dall’inquadratura
Il malessere dei protagonisti ha dunque una radice comune di cui per ora solo noi spettatori siamo a conoscenza: un background familiare (più o meno) complesso che li spinge a fare ricorso ad atti estremi e destabilizzanti per ottenere l’attenzione dei propri famigliari.
In questo contesto, il ricorso all’atto criminale, che accomuna tutti gli adolescenti in questo film, non solo i protagonisti, diventa poco più che una performance.
Ciò ci viene confermato in uno degli scambi di battute più importanti nel film. Jim, appena trasferitosi in una nuova scuola, sviluppa quasi istantaneamente una relazione antagonistica con Buzz, il ragazzo di Judy, capo di una banda. Ciò li porterà ad organizzare una sfida per testare il reciproco valore: una corsa con auto. Tuttavia, poco prima di questo fatto, tra i due si instaura un breve momento di condivisione e dialogo: i ragazzi dividono una sigaretta, e si scambiano poche, ma decisive battute:
Buzz: Sai che ti dico? Tu mi piaci. Seriamente.
Jim: Perché facciamo questo? [la gara con le auto]
Buzz: Qualcosa bisogna pur fare. Non ti pare?
Le istituzioni (non) ti salveranno
Come abbiamo già visto, il ricorso alla criminalità risulta essere in primo luogo un grido d’aiuto, o meglio, un tentativo di essere riconosciuti dal mondo esterno.
Nel corso del film, gli adulti si dimostrano per lo più inetti nel loro ruolo di guide, quando non attivamente dannosi: i genitori di Plato sono sempre assenti, il padre di Judy tratta con disprezzo l’amore incondizionato della figlia, la famiglia di Jim è incapace di comprendere i problemi del figlio. L’unico adulto a dimostrarsi parzialmente utile è un poliziotto con cui Jim parla ad inizio film, l’agente della sezione minorile Ray Fremick. Anche questi, tuttavia, sarà irraggiungibile nel momento del bisogno: quando Jim andrà nella stazione di polizia per testimoniare ciò che sa sulla corsa in auto, durante la quale Buzz è accidentalmente morto, gli verrà detto che l’agente è assente, spingendo il ragazzo a cercare rifugio altrove. Fremick tornerà poi nel seguito del film, rendendo così parzialmente meno forte una potenziale condanna di Ray nei confronti della polizia, ma risulta comunque significativo che sia assente proprio in una situazione tanto significativa.
Jim con la sua famiglia
Nicholas Ray dipinge, in Gioventù bruciata, una situazione in cui gli adulti sono inerti e le istituzioni sono incapaci di aiutare, producendo una critica assolutamente avanti coi tempi del modello di famiglia nucleare borghese allora tanto osannato dai media.
L’atto criminale, a cui i protagonisti e tutti gli altri adolescenti all’interno del film ricorrono ripetutamente, può essere dunque letto anche come una forma di destabilizzazione dell’ordine, dell’establishment americano fondato su valori stabiliti dalla generazione degli adulti. Valori che, però, questa “generazione bruciata” evidentemente non sente più come suoi o che crede non siano più capaci di proteggerla e rappresentarla.
Le convenzioni di genere come atto performativo
Altro elemento che rende il film alquanto avanti coi tempi è il fatto che affronti il tema delle aspettative di genere imposte specialmente sugli uomini, e come queste possano danneggiare loro stessi e le persone che li circondano.
Sin dall’inizio, Jim lamenta di soffrire la mancanza di un’autorità paterna, percependo suo padre come una figura debole rispetto alle donne di casa (la madre e la nonna). L’atteggiamento belligerante del ragazzo, i suoi tentativi di “attenersi” ad un modello maschile estremamente macho e a valori fumosi come l’onor proprio, non sono altro che un’ulteriore performance, una risposta a questa aspettativa della società attorno a cosa voglia dire essere “un uomo vero”. Un atteggiamento che con la sua interpretazione Dean denuncia come farsesco: Jim ha una voce sottile da ragazzino, spesso balbetta, si ripiega su se stesso, abbassa lo sguardo, dimostra in più occasioni la propria fragilità interiore.
Jim e Judy
Judy: Che tipo di persona pensi che desiderino le ragazze?
Jim: Un vero uomo.
Judy: Sì. Ma un uomo che sappia essere gentile e dolce. Come te. E qualcuno che non fugga quando ne hai bisogno. Ad esempio, qualcuno che sia amico di Plato, anche se non piaceva a nessun’altro. Questo vuol dire essere forti.
Un altro tipo di amore
Dopo aver compreso l’inefficienza della famiglia e dopo essere stati “respinti” dalle istituzioni, ai protagonisti non resta altra possibilità che cercare rifugio nei coetanei. Chi, meglio di un outsider, può comprendere un altro outsider?
Tuttavia, nell’ ‘associarsi’, Jim, Plato e Judy compiono un errore fatale: ricreano un modello di famiglia nucleare, con Jim e Judy come genitori e Plato come loro figlio (un fatto reso evidente anche dai dialoghi). Anche in questo caso, tale modello si dimostrerà inefficiente: il film si conclude infatti con la morte di Plato, ucciso da un agente di polizia dopo che ha accidentalmente colpito un coetaneo con la propria pistola.
Plato, Judy e Jim
Negli anni successivi all’uscita del film, sia Nicholas Ray che Sal Mineo (il quale negli anni ‘70 rivelò apertamente la propria bisessualità) hanno parlato del fatto che Plato fosse stato pensato come un personaggio omosessuale, e che fosse innamorato di Jim. Col trascorrere del tempo e il dibattito apertosi riguardo alla sessualità dello stesso Dean, una lettura del film che vede Jim innamorato sia di Plato che di Judy è diventata più comune.
Judy: È un tuo amico?
Plato: Sì. Sì, è il mio migliore amico.
Judy: Che tipo è?
Plato: Non lo so. Devi imparare a conoscerlo. Non parla molto, ma quando lo fa, sai che dice la verità. È sincero.
Judy: Beh, questo è importante.
(…)
Plato: Magari la prossima estate mi porterà a caccia con sé. E a pesca. Voglio che sia lui ad insegnarmi, perché so che non si arrabbierà se sbaglio. Si chiama ‘Jim’. In realtà sarebbe ‘James’, ma ‘Jim’ gli piace di più. Alle persone che gli piacciono davvero permette di chiamarlo ‘Jamie’.
La sua morte assume così un’ulteriore dimensione di tragicità: Plato, il più fragile dei protagonisti, viene ucciso da un membro della polizia, nonostante fosse completamente disarmato (nella scena precedente, Jim si era assicurato di rendere inoffensiva la sua pistola). Il suo assassino, apparentemente, non subirà ripercussioni per il proprio gesto. Di nuovo, una critica probabilmente non voluta (gli agenti non erano consapevoli del fatto che la pistola di Plato fosse inutilizzabile) ma alquanto avanti coi tempi, se si pensa al fatto che ancora oggi assistiamo ad episodi di violenza delle forze armate nei confronti di cittadini indifesi e specialmente di minoranze.
Gioventù bruciata si configura, dunque, come un ritratto generazionale tremendamente pessimista, che comincia dandoci l’immagine di una gioventù priva di direzioni e finisce senza che questa abbia effettivamente ottenuto nulla nel suo tentativo di rigetto delle istituzioni che la soffocano. La morte di Plato è solo l’ennesima sconfitta di una generazione di “ribelli senza una causa” i cui atti di ribellione restano, sempre e comunque, grida d’aiuto inascoltate.
Scrivi un commento