È recentemente uscito in sala l’ultimo film di Dario Argento, uno dei registi italiani che più è riuscito a dividere l’opinione pubblica riguardo il proprio lavoro. C’è chi lo ama e chi lo odia, così come in queste settimane c’è chi ha amato o odiato quest’ultimo Occhiali Neri, di cui potete trovare la recensione qui.

A prescindere dai gusti che si possono avere in merito ai suoi film, è chiaro a tutti che Argento rimane e rimarrà uno dei nomi più importanti per la storia del cinema italiano, in particolare per lo sviluppo del genere thriller-horror insieme ad autori quali Lucio Fulci e Mario Bava. 

Uno degli elementi più affascinanti che compare nella produzione di Argento è sicuramente la particolare costruzione delle figure femminili, protagoniste di scene iconiche nel panorama dell’horror e del thriller mondiale.

DONNE COME VITTIME: L’UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO E TENEBRE

Camminando di notte nelle strade di Roma, un uomo scorge una vetrina illuminata: si tratta di un’ampia e forse un po’ asettica galleria d’arte, all’interno della quale compaiono alcune sculture e una scalinata che porta a un piano rialzato. L’uomo è incuriosito, si avvicina, in lui cresce una certa inquietudine, e solo dopo pochi secondi capisce il perché: proprio lì, davanti ai suoi occhi, una donna è stata brutalmente pugnalata da una figura irriconoscibile, subito scomparsa dietro una porta. L’uomo cerca di entrare, ma l’enorme vetrata è chiusa, non c’è verso di trovare un ingresso. La donna ferita cade a terra, i vestiti bianchi ricoperti di sangue, e inizia a strisciare sul pavimento, implorando l’uomo al di là del vetro di aiutarla.

Così inizia il primo film giallo di Dario Argento, L’uccello dalle piume di cristallo (1970), che lo consacrerà come uno dei migliori ad occuparsi del genere in Italia. 

La scena iniziale dell’assassinio è l’esempio perfetto per capire come Argento leghi la rappresentazione dell’omicidio alla sfera femminile tramite un accostamento più o meno esplicito della violenza con la sessualità. Non a caso, infatti, il secondo omicidio a cui assistiamo ha come vittima un’altra giovane donna, accoltellata dall’assassino dopo che questi le ha strappato via gli indumenti intimi che indossava in una scena piuttosto esplicita, sia nella rappresentazione della violenza che del corpo femminile. 

Il regista ha spesso parlato della sua visione di omicidio come un perverso atto d’amore e di congiunzione tra il carnefice e la vittima”, in cui la morte rappresenta l’apice. Paura e piacere sono due sensazioni non troppo distanti: entrambe hanno in comune un senso di totale euforia che annulla qualsiasi aspetto del razionale, e molto spesso il genere horror sfrutta questa grande vicinanza per inquietare ancora di più lo spettatore (pensiamo, ad esempio, ai Cenobiti o Supplizianti della saga di Hellraiser). Argento riesce così a trasformare la paura in modo che diventi erotismo, sfiorando in alcuni casi il confine della pornografia, attraverso scene in cui la sessualità si fonde perfettamente e quasi magicamente con il puro terrore.

Un ulteriore esempio che si può fare in merito riguarda le numerose scene in cui la macchina da presa sembra voler spiare e osservare i sensuali corpi delle future vittime dell’assassino, con un gusto tipicamente voyeuristico. In Tenebre (1972), nella scena che culmina con l’assassinio di due donne, possiamo vedere come la macchina da presa di Argento indugi nell’osservare le vittime, in un primo momento fuori dalle finestre delle loro stanze, poi entrando direttamente nell’ambiente della casa, tramite delle soggettive che molti hanno tentato di imitare. La macchina da presa finisce per identificarsi con l’assassino e con lo spettatore, che assiste alla brutale uccisione di quei corpi che fino a pochi secondi prima si era soffermato ad ammirare. Il fatto che spesso le vittime appaiano seminude sulle schermo rafforza l’accostamento che il regista crea tra sessualità/erotismo  e violenza/terrore. 

DONNE COME CARNEFICI: PROFONDO ROSSO

Nella filmografia di Argento, la figura femminile risulta notevolmente ampliata rispetto ai ruoli di co-protagonista che aveva sempre ricoperto nel genere thriller/horror, diventando al contempo vittima e carnefice. In effetti, molti degli spietati serial killer che il regista muove all’interno dei suoi film più importanti (tra cui il già citato L’uccello dalle piume di cristallo) sono proprio delle donne, spesso tormentate da traumi o affette da disordini mentali. La loro violenza non conosce scrupoli, sono spietate e senza cuore, uccidono usando ogni sorta di arma che Argento mette loro in mano, da coltelli e pugnali fino addirittura a una mannaia. È chiaro che il regista voglia far trasparire una visione oscura e paranoica della figura femminile, in cui trova ancora spazio l’erotismo più sfrenato, mostrato in modo differente per ogni film.

In Profondo Rosso, il meraviglioso colpo di scena finale rivela che l’assassino, tanto a lungo cercato dal protagonista Marc, è in realtà una donna, l’anziana madre del suo amico Carlo, da anni affetta da un disturbo mentale. Verso la fine del film, la donna si rivela in tutta la sua follia e violenza allo spettatore, che assiste con il fiato sospeso a una delle scene più spettacolari del cinema thriller. Carnefici ma non soltanto assassine, le donne di Argento sono spesso figure rappresentative del male, come le streghe di Suspiria (1977) e la Morte in Inferno (1980).

LA SCELTA DEL COLORE ROSSO (NON SOLO PER IL SANGUE)

Vi siete mai chiesti (magari guardando Suspiria) come mai il sangue che macchia le scene del crimine di Argento sia così rosso? Sembra incredibile, ma a volte è quasi arancione per quanto sia vivace e brillante. Questa scelta ha una spiegazione ben precisa: nella costruzione della messa in scena, e soprattutto nella fotografia, Argento ama utilizzare i colori in veste simbolica, e l’esempio più rappresentativo si ritrova sicuramente nelle luci colorate che illuminano i luoghi in Suspiria, colori talmente forti e brillanti da far venire quasi il mal di testa, soprattutto per quanto riguarda il rosso. Questo colore ha un valore estremamente importante nel cinema di Argento: innanzitutto simboleggia il sangue, la violenza, la follia omicida che l’assassino (o il Male) sfoga sulle sue malcapitate vittime; in secondo luogo il rosso è anche il simbolo dell’amore, sia nella sua forma migliore che nella sua forma peggiore di ossessione ed erotismo sfrenato. È così, quindi, che il colore rosso va a identificare la figura femminile, capace di essere sensuale quasi fino a sforare il confine della morale e insieme spietata tanto da utilizzare una mannaia per uccidere e annullare completamente le proprie vittime.

Donne ambigue e inquietanti, insomma, che ritroviamo in ogni film del regista, a confermare la sua predilezione per la pericolosità che i suoi personaggi femminili riescono a celare dietro un fascino sensuale senza precedenti. 

Grazie al lavoro di Argento attrici come Jessica Harper, Daria Nicolodi, Jennifer Connelly, Clara Calamai, Stefania Casini, Eva Renzi sono diventate icone del cinema thriller/horror italiano e globale, andando a costruire pian piano un universo cinematografico in cui il terrore e la violenza si mescolano all’erotismo, su uno sfondo macchiato di sangue rosso brillante.

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Renata Capanna, Redattrice