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Iniziamo, finalmente, ad analizzare la terza componente fondamentale dell’industria cinematografica, che insieme alla produzione e alla distribuzione ci consente di godere dei nostri film preferiti sul grande schermo: l’esercizio

LA SALA È MORTA, VIVA LA SALA!

Nonostante l’ormai sempre più preponderante industria dello streaming, che ha portato tutti noi cinefili a sottoscrivere più di un abbonamento nel corso degli ultimi anni (anche per poter godere di grandi film mai usciti al cinema, come The Irishman di Scorsese, oppure il recentissimo Blonde di Andrew Dominik), la sala cinematografica rappresenta ancora oggi, per la maggior parte dei film, il primo mercato in cui l’opera viene proposta al grande pubblico. Che questa sia una tendenza in costante diminuzione è un dato di fatto, basti pensare alle finestre temporali tra l’uscita al cinema e quella on demand che si accorciano sempre di più (ad oggi, in media, tre mesi), oppure ancora agli esperimenti – poco riusciti – che Disney e Warner Bros hanno portato avanti negli ultimi mesi facendo uscire alcuni film contemporaneamente al cinema e in streaming (nei loro servizi di proprietà) ottenendo una presenza bassissima nelle sale, oppure direttamente in streaming, a volte proponendoli con una formula pay per view.

Nonostante, dunque, la rilevanza economica sempre minore della sala, ad oggi possiamo dire che questa è ancora considerata di grande rilevanza strategica, soprattutto per le grandi produzioni, le uniche – quasi – in grado di realizzare guadagni molto alti (pensiamo alle produzioni Marvel, ma anche a blockbuster di grande qualità come l’ultimo James Bond). Il vantaggio strategico della sala può essere importante anche per le produzioni più piccole, che godono così di una visibilità non indifferente e che rischierebbero, invece, di perdersi nell’enormità dei cataloghi streaming (vantaggio che si ribalta completamente se il servizio in questione decide di puntare sull’opera, anche se poco nota, e pubblicizzarlo tra i primi titoli consigliati in homepage).

CHI È E COSA FA UN ESERCENTE? 

Con il termine esercente si intende il soggetto che gestisce la sala cinematografica. Le sue mansioni sono varie, ma si possono raggruppare in quattro macro-aree:

  1. Programmazione: l’esercente dovrà occuparsi di trovare un accordo con il distributore del film che vuole proiettare, accordo che, spesso, prevede delle clausole riguardanti la tenuta minima di un film nella programmazione della sala, ma anche altre che riguardano l’esclusività territoriale. La condizione della tenuta minima risulta essere tanto importante quanto più il cinema è piccolo. È evidente, infatti, come un cinema monosala dovrà riflettere bene prima di accettare un accordo che prevede una programmazione minima di due settimane, poiché se il film in questione dovrebbe rivelarsi un flop andrebbe verso un grave danno economico.
  2. Promozione (locale): se a livello nazionale ed internazionale sarà la distribuzione ad occuparsi di questo aspetto, all’esercente spetta il compito di promuovere la propria struttura (in concorrenza con le altre sale cinematografiche del territorio) e promuovere i film in programmazione; nel fare questo, gli strumenti a disposizione sono tanti e variegati, dai classici manifesti che annunciano il film in sala, alle tessere fedeltà che ogni esercente è libero di realizzare, fino a riduzioni dedicate a determinate categorie o a specifiche proiezioni.
  3. Allestire l’offerta: l’esercente è un vero e proprio imprenditore, e nello scegliere la programmazione non potrà attenersi solo ai propri gusti personali; è fondamentale conoscere il proprio pubblico per proporre loro film i film più adatti provando ad anticipare la domanda. Si decide dunque a quale titolo dare la priorità e con che frequenza cambiare programmazione, un aspetto che risulta, evidentemente, molto più importante nei cinema con una o due sale piuttosto che nei multisala.
  4. Offrire servizi secondari: essenziali per rendere più confortevole (e quindi attrattiva) l’esperienza al cinema, in modo che sia più gratificante di una visione casalinga; sotto quest’aspetto rientrano tutti quei servizi come la ristorazione (che è tra l’altro la seconda fonte di guadagno più importante per i cinema dopo i biglietti), i servizi igienici, il parcheggio, e molto altro.

COME HO IMPARATO A NON PREOCCUPARMI E AMARE IL MULTISALA

Se c’è un aspetto che accomuna molti cinefili duri e puri è l’antipatia incondizionata, viscerale, spesso immotivata, verso i cinema multisala.

Ma quando nacque questo modo innovativo di vivere il cinema? Il primo cinema con più di una sala (due, per l’esattezza) nasce negli Stati Uniti, a New York City, nel 1962. Una tendenza che esplose negli anni Settanta, grazie anche al boom dell’edilizia di centri commerciali scoppiato nel paese a stelle e strisce. Ma perché nacque il multisala?

Inizialmente, il multisala fu un’invenzione che, in un certo senso, salvò il cinema. Negli Stati Uniti prima degli anni ‘80 le presenze in sala diminuirono inzialmente a causa della diffusione capillare della televisione e in seguito a causa dell’home video. L’obiettivo, dunque, divenne quello di rendere la visione in sala un’esperienza unica, diversa, un vero e proprio evento che potesse differenziarsi sensibilmente dalla visione casalinga, caratterizzata da una qualità pessima a livello sonoro e visivo.

In Europa il primo multischermo arrivò più di 20 anni dopo, nel 1985, quando un’impresa statunitense decise di aprire un cinema con due sale cinematografiche nel Regno Unito, con lo scopo di esportare il modello di cinema statunitense nel Vecchio Continente. La diffusione capillare avverrà, però, soltanto a partire dagli anni Novanta, sia per ragioni economiche (in Europa non erano presenti colossi di produzione come negli States, che potevano quindi permettersi di investire anche in un’ampia attività di esercizio), ma anche per ragioni strutturali, poiché i nostri cinema sono situati, spesso, dentro i centri storici delle città, zone in cui un’eventuale ristrutturazione risulta impossibile. Tuttavia, come detto, dagli anni ’90 fu inevitabile un investimento in questo senso: l’estesa distribuzione del mezzo televisivo e dell’home video rischiava seriamente di mettere in ginocchio il mondo del cinema, e così anche noi europei ci americanizzammo, puntando sempre più sul multisala

Come detto nell’introduzione di questo paragrafo, molti cinefili duri e puri odiano e ripudiano il multisala, vuoi per questioni culturali (spesso vengono accusati, anche a ragione, di avere una programmazione molto standardizzata, con pochi prodotti di nicchia e molti prodotti destinati ad un pubblico generalista e/o giovanissimo) vuoi per questioni affettive (è innegabile che l’apertura dei multisala abbia comportato la chiusura di numerose, spesso storiche, sale cinematografiche). E tuttavia, se oggi il cinema esiste ancora, se è ancora così diffuso e ha ancora una grande importanza strategica ed economica, lo dobbiamo proprio al multisala

Grazie a questo tipo di struttura l’esercente, infatti, ha la possibilità di sfruttare le cosiddette economie di scala: grazie all’aumento dell’offerta (non più un film, ma tre, cinque, sette film contemporaneamente) si riesce a rispondere ad una domanda più ampia, diversificando l’offerta. Inoltre, sempre grazie all’ampia proposta, è possibile estendere la durata in programmazione di un film che ha molto appeal sul pubblico senza però rinunciare ad offrire altri prodotti. Pensate ad un cinema monosala che, per sopravvivere, è costretto a tenere in programmazione il nuovo film di Checco Zalone per tre settimane. Se avesse la possibilità di avere anche solo una sala in più, potrebbe affiancare al film di richiamo un film più di nicchia (o semplicemente con meno domanda, perché nei confronti di Zalone anche Dune potrebbe essere di nicchia considerando il botteghino).

Insomma, il gestore di un multisala può ridurre ampiamente il rischio economico, e grazie alla diversificazione dell’offerta (non solo a livello di film, ma anche di orari di programmazione, come ad esempio un film proiettato in due sale diverse con orari differenti) può attirare un pubblico più ampio e stratificato

Se l’idea romantica del cinema d’essai è difficile da abbandonare, bisogna (purtroppo?) guardare in faccia la realtà: nel 2021, in Italia, nonostante i cinema monosala rappresentino ancora oggi il 56.2% dei complessi e il 19.7% degli schermi, hanno corrisposto solo l’8.8% degli incassi del mercato nazionale. Al contrario, i complessi con più di sette sale (il 10.5% delle strutture e il 37.6% degli schermi) hanno registrato il 54.8% degli incassi totali (fonte). Da questi dati possiamo dunque capire come, senza la nascita e la diffusione dei multisala, l’economia che ruota attorno alla distribuzione e alla visione dei film sarebbe stata completamente stravolta. Che futuro, quindi, per la sala cinematografica? Siamo destinati a frequentare solo multisala anonimi e standardizzati, o i più fortunati tra noi potranno ancora godersi un film in un cinema storico e dal clima familiare? Comunque vada, e di questo non c’è dubbio, la sala cinematografica non morirà: si ridimensionerà, forse, cambierà in molti suoi aspetti, ma continuerà a regalarci emozioni uniche che, nonostante i nostri 50 pollici 4k, a casa non potremo mai provare.

L’idea di questa rubrica nasce grazie a un libro, Economia del film di Marco Cucco, edito da Carocci Editore, se siete interessati a questo mondo ve lo consigliamo caldamente.