Gregory House, il celebre medico protagonista della serie tv Dr. House – Medical Division è certamente tra gli eroi televisivi che più riescono ad attirare l’attenzione degli spettatori divenendo non solo semplici icone pop, ma veri e propri paradigmi comportamentali con cui misurarsi. Scontroso, cinico, indolente e arrogante, House incarna l’antitesi del perfetto eroe mosso da sani principi, da una forza morale che lo spinge a far del bene alla comunità. Al contrario lo si vede frequentemente contraddire completamente sia la deontologia professionale sia evidenti e generali principi etici, spesso anche ammettendolo platealmente sotto forma di battuta. 

“Vi ho insegnato a mentire, barare e rubare e appena volto le spalle vi mettete in fila?!” 

Nonostante il suo perpetuo sfoggio dei peggiori difetti immaginabili, House è riuscito a lasciare un segno indelebile, ad incuriosire e affascinare, ma certamente non per la sua filantropia. Ciò che lo caratterizza al punto da far passare in secondo piano norme civili e sociali fondamentali, è più maestoso e avvincente di una qualsiasi manifestazione di obbedienza a un’etica comune.

L’ANARCHIA MORALE E L’INDAGINE

La stima che generalmente si prova per i medici, anche quando essi in qualità di personaggi assumono il ruolo caratterizzante di eroi, è dovuta alla loro bontà e volontà di guarire per poter aiutare il prossimo, ed è tanto più intensificata quanto gli strumenti messi al servizio di questo obiettivo (bravura, intuitività, prontezza) sono sofisticati. Ed è qui che House si distingue, perché il suo operare esula completamente da intenti umanitari. La sua eterna ossessione e il suo motore d’azione è l’enigma, il rompicapo, il caso da risolvere. Famoso tra i suoi colleghi per il suo evitare fin quando possibile il contatto diretto con i pazienti, le sue diagnosi iniziano e si svolgono principalmente in una fase teorica: una discussione con il suo team (a cui è delegata l’osservazione diretta) dei più sottili e apparentemente improbabili meccanismi di causa-effetto che nel paziente portano alla comparsa di sintomi per gli altri medici inspiegabili. Come i creatori David Shore e Paul Attanasio hanno dichiarato, la serie è esplicitamente ispirata a Sherlock Holmes. Oltre infatti ai diversi Easter Eggs disseminati per gli episodi (come l’indirizzo dello stesso protagonista, baker street; o l’assonanza di nomi House-Holmes e Wilson-Watson) è evidente come la logica e la mente di House agiscano più come quelle di un detective che di un dottore. Ma modalità diverse portano a risultati diversi, per cui non sorprende che i suoi superiori pur con qualche reticenza gli permettano di agire indisturbato o quasi, né che il suo specifico compito all’interno dell’ospedale (diagnosta di casi complessi) sia stato creato appositamente per lui. House rifiuta di adattarsi, irrompe con violenza bistrattando le regole e chi tenta di farle rispettare, pretende che gli si tenga testa, esige confronti vivi da cui trarre nuovi spunti. E poi propone la soluzione più folle e originale, che inizialmente lascia sorpresi e inorriditi, ma poi lo si ascolta. Perché è House, e ha ragione. 

“Non hai prove per la tua teoria!”

“Per questo sarà così figo quando verrà fuori che ho ragione!”

HOUSE E L’ETICA 

La netta prevalenza dell’indagine clinica su qualsiasi altro aspetto della professione ha delle chiare implicazioni etiche che vale la pena di approfondire.

Si intende con “etica” un insieme di regole generiche o “massime” nel senso kantiano del termine presenti all’interno di una comunità, in grado di discriminare il giusto dallo sbagliato e di influire sull’agire degli uomini venendo applicate a casi specifici. La figura di House è da ciò completamente separata, proprio per questa associazione tra “massima generale” e “caso in cui secondo le possibilità la massima viene applicata”, che è sostanzialmente quello su cui si erge la deontologia professionale. Ma in House è possibile individuare un’etica, nonostante sia diversa da quella comune a tutti gli uomini. Possiamo parlare di un’iper-etica (Blitris, “La filosofia del Dr. House”, 2007) in grado di scardinare e superare i limiti delle sue forme più classiche.

Søren Kierkegaard in Timore e tremore descrive l’eroe in quanto figura etica, contrapponendovi il Singolo. Se l’eroe tragico si attiene a delle massime universali poiché il suo scopo è tendere a un bene universale, l’assoluto Singolo mira solo a rapportarsi con un altro assoluto singolo. Evitando di appellarsi a un insieme di regole, il singolo risponde a una sola ingiunzione: un dovere incondizionato che lo lega all’altro caso singolo, coronando così una dimensione di “assoluto” nel senso etimologico del termine: dal verbo latino absolvere, sciogliere e liberare da qualsiasi tipo di vincolo o legame. 

In questo modo l’iper-etica di House lo porta a stabilire un legame con il suo caso in un senso illimitato, separato da norme deontologiche che possano ostacolarne la risoluzione e insofferente verso l’idea che “se tutti i dottori agissero così ci sarebbero molti più morti”. Poiché non conta considerare quel paziente all’interno di uno schema più ampio che tenga conto anche di altri aspetti e altre persone. L’iper-etica impone di andare al di là delle comuni norme etiche che potrebbero ostacolare il raggiungimento dell’obiettivo assoluto. House non le infrange, le ignora. Non ne ha bisogno, perché la sua norma è più imponente, travolgente, inflessibile: salva il tuo paziente, a qualsiasi costo.

Questo costo potrà consistere in metodi rischiosi ed estremi di cura della patologia come in tentativi di effrazione nelle case dei pazienti, trappole e inganni posti ai colleghi, e persino nel mettere in secondo piano qualsiasi tipo di relazione interpersonale: tutto sarà sempre subordinato all’Imperativo dell’iper-etica.

L’OSSESSIONE E IL GENIO. IL MEDICO MALEDETTO

Tra le diverse definizioni di genio che vi possono essere, c’è sicuramente quella che identifica il genio come colui che riesce a trovare i collegamenti tra le cose più disparate. Un’ulteriore conferma, dunque, della superiorità intellettuale di House rispetto ai suoi colleghi risiede nella sua capacità di individuare parallelismi tra il funzionamento del corpo umano e il mondo esterno. Il momento più intenso della sua indagine, il climax, è costituito da una sua normale interazione con momenti della vita quotidiana, che possa trattarsi di fare un bagno freddo, ascoltare un dibattito sul caffè, suonare uno strumento. Non solo, la procedura standard delle diagnosi è per lui utilizzare metafore per spiegare i sintomi del paziente e la loro possibile causa. Una semplificazione simile al modo con cui un professore spiega qualcosa di complesso ai suoi alunni. House, tuttavia, è perfettamente consapevole dell’intelligenza dei membri della sua squadra (formata dai dottori Chase, Cameron e Foreman, rispettivamente Jesse Spencer, Jennifer Morrison e Omar Epps) ed è poco probabile che questa sua abitudine miri a rendere dei concetti più semplici per chi non può capire. Più verosimile è invece l’ipotesi che in lui una visione complessiva e omogenea del mondo e del suo funzionamento sia data da un’intelligenza talmente fertile e prorompente da non potervisi sottrarre. Proprio come un artista maledetto non riesce a separare le sue opere dal suo vissuto, per House è impensabile tenere distinte la vita e la medicina, anzi esse costantemente collidono, si sovrappongono, si ispirano e influenzano a vicenda.

Questo articolo è stato scritto da:

Gaia Fanelli, Redattrice