Svegliati. Ti ho osservato a lungo. Sono qui, vieni. Più vicino. 28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi. Ecco quando il mondo finirà.
– Frank, il coniglio
Il 3 giugno del 2024 si celebrano i vent’anni dall’uscita nelle sale di Donnie Darko, cult movie americano diretto da Richard Kelly. Oscuro, misterioso, folle e al contempo lucido: sono queste le prime parole che gli spettatori di oggi, come quelli di vent’anni fa, associano spontaneamente al film. La storia del giovane e problematico Donald detto “Donnie” Darko ha saputo affascinare il pubblico e costruire una folta schiera di fan che ha contribuito ad alimentare il mito intorno alla pellicola.
Uscito, in realtà, nel 2001, il film aveva segnato un clamoroso flop al botteghino: è nel 2004, con il rilascio della versione Director’s Cut e la partecipazione alla 61ma edizione del Festival di Venezia, nella sezione Venezia Mezzanotte, che il film di Kelly vive una seconda giovinezza.
In occasione della sua uscita nelle sale italiane, dal 3 al 5 giugno 2024, abbiamo individuato cinque parole chiave, cinque elementi (narrativi e no) che hanno permesso a Donnie Darko di entrare a pieno titolo nell’albo dei film di culto degli anni Duemila.
Wormhole, ossia: prima che i viaggi nel tempo diventassero un cliché
Oramai il topos dei viaggi nel tempo è diventato frequentissimo nelle narrazioni cinematografiche e televisive: dal Marvel Cinematic Universe a serie come Dark (2017-2020), senza dimenticare cult come la saga di Ritorno al Futuro (1985-1990), la fascinazione sul pubblico prodotta da questo mito letterario e cinematografico non conosce più confini. Molto prima che i viaggi nel tempo diventassero un vero e proprio cliché (oramai poco apprezzato da pubblico e critica, in quanto spesso impiegati per far “resuscitare” alcuni personaggi in maniera alquanto improbabile), Donnie Darko si configura come una pietra miliare nel cinema fantascientifico affrontando in maniera oscura e “dark” tale topos.
A differenza di narrazioni più pop come il franchise dell’MCU o la saga di Zemeckis, il film di Richard Kelly attinge alla folta riflessione scientifica e dotta intorno al tema. In una scena del film, infatti, Donnie espone al professore di chimica del suo liceo alcuni dubbi concernenti la natura dei viaggi nel tempo; al ché il docente mostra al ragazzo una copia di Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo (1988), saggio di divulgazione scientifica scritto da Stephen Hawking che riguarda proprio le riflessioni sulla natura del tempo.
Evitando spoiler che possano inficiare la visione del lungometraggio, basti dire che la storia di Donnie, adolescente con problemi psichici, ruota intorno al concetto di wormhole, un “passaggio” nello spaziotempo che gli consente, in prima battuta, di sottrarsi alla morte: una sera, Donnie viene attirato fuori dalla propria abitazione da una strana creatura che gli preannuncia la fine del mondo; in questo frangente, il fusibile di un aereo non identificato precipita dal cielo e si schianta sulla sua camera da letto. Da quel momento, Donnie viene perseguitato dalla creatura, la quale lo induce a compiere una serie di azioni all’apparenza senza alcun senso.
Frank il coniglio
Donnie: Perché indossi quello stupido costume da coniglio?
Frank: Perché indossi quello stupido costume da uomo?
– Dialogo fra Donnie e Frank al cinema
La strana entità che si frappone fra Donnie e la sua quotidianità ha un nome, Frank, e indossa un costume da coniglio “dark”. Il design di quello che è, in apparenza, il villain della pellicola, è divenuto iconico nel corso degli anni: la maschera da coniglio “zombie”, con denti sporgenti e occhi vitrei, è diventata un simbolo del film stesso. Ma non solo: Frank è l’essere che spezza l’idillio borghese nel quale Donnie è immerso, svelando miserie e ipocrisie dei personaggi che gravitano intorno alla vita del giovane protagonista. E, alla fine, anche Donnie indosserà un costume, quello del “dead man walking”.
Egli è un personaggio intrinsecamente destabilizzante: oltre ad annunciare la data esatta della fine del mondo, egli induce Donnie a compiere azioni che, nella catena di eventi del film, provocano disagi e malumori all’interno della comunità. Attraverso i suoi poteri sovrannaturali, Frank consente a Donnie di “aprire le porte della percezione” per comprendere, in prima persona, le leggi fisiche che governano il nostro universo, a costo di inficiare la già precaria stabilità psichica del protagonista.
Libri di culto
Donnie Darko è un film colmo di libri: essi assumono un valore fondamentale all’interno della narrazione e, naturalmente, sono divenuti oggetto di culto per i fan della pellicola. Oltre al già citato Dal big bang ai buchi neri, sono tre i titoli che ricorrono nel film di Kelly. Nel corso della storia, la professoressa di lettere Karen Pomeroy (Drew Barrymore) propone nella classe di Donnie la lettura del racconto The Destructors di Graham Greene, una novella che racconta la distruzione della casa di un anziano a opera di un gruppo di giovani: un vero e proprio atto di “creazione” che, secondo Donnie Darko, concerne una sfida aperta al mondo, con il fine ultimo di cambiare l’ordine sociale nel quale i ragazzi del racconto sono immersi.
Nonostante l’alto valore letterario del testo, The Destructors viene censurato dall’influente professoressa di ginnastica Kitty Farmer: allora, ecco comparire il secondo oggetto letterario della pellicola, il romanzo La collina dei conigli di Richard Adams, complesso racconto di sopravvivenza di una colonia di conigli che si salva dall’imminente distruzione della propria conigliera grazie alle premonizioni del coniglio Quintilio. Il legame a doppio filo con il film di Kelly è assolutamente geniale.
Il terzo e ultimo testo che compare nel film è il fittizio La filosofia del viaggio nel tempo, opera della fisica Roberta Sparrow. Al pari di altri libri creati ex-novo ai fini della narrazione filmica – basti pensare a Inventer le rêve – Histoire des Premiers Films, il fittizio saggio di René Tabard presente nel film Hugo Cabret (M. Scorsese, 2011) – La filosofia del viaggio nel tempo è sicuramente l’oggetto che ha affascinato una folta schiera di fan decisi a voler “andare oltre” il prodotto filmico – rimasti, tuttavia, delusi dalla natura fallace del testo. Il testo scandisce la narrazione della seconda parte del film: trattasi di un vero e proprio manuale per i viaggi nel tempo, attraverso il quale spettatore e protagonista riescono a comprendere la natura degli eventi (e del coniglio Frank) all’interno della storia. Le parti nelle quali Donnie legge ad alta voce alcuni passi del testo sono state aggiunte nella Director’s Cut del 2004: una scelta votata al conferimento di maggior chiarezza alla pellicola che si sposa perfettamente con la chiarezza espositiva del volume e degli estratti letti dal protagonista.
Canzoni iconiche
La colonna sonora del film, curata da Michael Andrews, è anch’essa divenuta tratto identificativo del film di Kelly. Costituita prettamente da tracce preesistenti, come Notorious dei Duran Duran, Love Will Tear Us Apart dei Joy Division, e Head over Hills dei Tears for Fears, la soundtrack di Donnie Darko incarna da un lato l’atmosfera dark della narrazione, facendola esplodere attraverso tracce come For Whom the Bell Tolls e Liquid Spear Waltz, e dall’altro la componente malinconica del film.
Quest’ultima è resa particolarmente dalla cover di Mad World, brano dei Tears for Fears riarrangiato al pianoforte da Michael Andrews e Gary Jules. Tale versione, oltre a essere stata riutilizzata in altre produzioni cinematografiche, televisive e videoludiche, ha assunto valore iconico nel film di Richard Kelly in quanto essenza pura della vena malinconica di Donnie Darko: essa esprime non solo la natura del protagonista stesso, incapace di adattarsi a un “mondo pazzo” che lo ha etichettato come psicotico e sociopatico, ma anche la natura di un mondo instabile, soggetto a leggi fisiche che ancora oggi, dopo anni e anni di studi e riflessioni scientifiche, non sappiamo ancora razionalizzare

Scrivi un commento