Siamo arrivati a questo: un clip show dei Simpson (4×18), ma la famiglia più gialla della televisione avrebbe atteso ancora qualche anno prima di risentire effettivamente dei suoi ingombranti fasti. Dovevano ancora venire il Charles Foster Kane di Burns, le avventure subnucleari di capitan Homer, i tentativi di Lisa di riconfigurazione del modello sessista presentato dalla bambola Malibu Stacy, le scuole per clown, le birbonerie transnazionali di Bart, un paio di guerre con Shelbyvile, l’implacabile amore di Homer per il cibo scambiato per avance sessuali, i dilemmi etici di una Marge entrata nelle forze di polizia, nonché i mille lavori di Homer: “boxer, mascotte, astronauta, imitatore di Krusty, baby-sitter, camionista, hippy, spazzaneve, critico culinario, artista di concetto, venditore di grasso, circense, sindaco, truffatore, guardia del corpo del sindaco, manager country-western, commissario rifiuti, scalatore, scenditore, inventore, Smithers, Pucci, guardia del corpo di barbone, operaio centrale nucleare, scrittore di soap e di pop, magnate della birra, commesso Jet market, omofobico e missionario” (13×22).
“Le famiglie della tv si abbracciano e conversano di continuo” dice Bart all’inizio dello special Dietro la risata (11×22). Ed è il modello idilliaco della famiglia americana per bene, tutta chiesa e regolarità intestinale, che la televisione amava maggiormente rappresentare, nonché quello con cui lo stesso Matt Groening (padre, oltre che dei Simpson, di Futurama e Disincanto) è certamente cresciuto tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. Il gusto della parodia, del dileggio di quel tipo di società attraverso lo specchio deformante della satira, contraddistingue i Simpson da più di trent’anni, ma è indubbio che la qualità della serie non sia più quella delle origini. Dal 1987, partendo dai primi passi negli intermezzi pubblicitari del The Tracey Ullman Show, passando ad una serie in pianta stabile nel 1989, il plauso di certa critica, una stella sulla Walk of Fame, gli omaggi e i rimandi audiovisivi, un film nel 2007, arrivando però oggi a una stanca trentaduesima stagione.
In oltre tre decenni, qualcosa è pur cambiato. Non solo i temi presenti all’inizio nella serie hanno esaurito la loro carica polemico-espressiva, tentando invano di aggiornarsi su un terreno moderno solo all’apparenza, ma la struttura e lo stile delle puntate ha perso completamente ogni elemento di originalità, riciclando le proprie gag ormai stantie, ma soprattutto svendendo la propria anima alla parodia di altri testi: una parodia poco ispirata, doverosa in quanto prona ai gusti di un pubblico post postmoderno, e, in conclusione, tutt’altro che divertente.
Per capire dove e come abbiano funzionato al meglio i Simpson può essere utile osservare dove hanno zoppicato nel corso delle ultime stagioni. Nell’episodio Il podcast di notizie (32×06), nonno Simpson è ingiustamente accusato dell’omicidio di Vivienne St. Charmaine, suo interesse amoroso. La notizia viene resa nota dal podcast true crime di Kent Brockman, che senza possedere alcuna prova tangibile espone nonno Simpson alla pubblica gogna: non può che essere stato lui, colpevole! In conclusione, una prova scoperta all’ultimo sovverte la situazione. Per tematica, l’episodio può essere accomunato a Homer l’acchiappone (06×09): al tribunale dell’opinione pubblica c’è stavolta Homer e la sua passione per i dolci scambiata dalla baby-sitter dei figli per molestia sessuale. Dopo svariati goffi tentativi una prova non casuale ne ristabilisce l’innocenza. Episodi apparentemente simili sotto il profilo delle vicende raccontate, ma diametralmente opposti per costruzione narrativa.
Strutture a confronto:
Homer l’acchiappone
Bart, Lisa e “c’è anche una bambina di sopra, da qualche parte” vengono lasciati di fretta alle cure di una giovane universitaria, mentre Homer e Marge si recano alla fiera dolciaria dove rubano la preziosa Venere di Milo gommosa, fuggendo come in Trappola di cristallo inseguiti da caramellai inaciditi. Tornati a casa spartiscono il dolce bottino, poi Homer riporta a casa in macchina la giovane baby-sitter, ma la piccola Venere gommosa, sul sedile del passeggero, rimane appiccicata alla ragazza che, non accortasi dell’incidente, crederà di aver subito una molestia. L’episodio presenta la classica struttura delle puntate originarie: un pretesto iniziale (la fiera dolciaria) cui segue un evento impredicibile che sarà il fulcro della puntata (l’accusa di molestie della baby-sitter). Questo tipo di svolgimento del racconto, unito alle geniali battute e ai trasognamenti dei personaggi, ottengono l’effetto di spiazzare lo spettatore trascinandolo nel terreno dell’inaspettato, rendendo gli episodi sempre interessanti da seguire. Diversamente, Il podcast di notizie ha una struttura più lineare:
prima scena: una Lisa nottivaga vaga per la cucina ascoltando qualcosa al telefono con aria tormentata, (nel mentre Homer fa uno spuntino notturno);
seconda scena: al mattino Lisa, assonnata, a stento fa colazione ma non da spiegazioni, Marge si preoccupa: ci sarà stato un altro cambiamento climatico? (segue gag sul cambiamento climatico);
terza scena: Homer e Marge scoprono che Lisa ascolta true crime podcast, cosa che gli provoca dipendenza e insonnia.
La febbre da podcast prenderà anche Marge; parallelamente Homer e Bart incontrano nonno Simpson e la sua nuova fiamma, la quale scomparirà poi misteriosamente. Al centro dei sospetti gettati da un nuovo podcast scandalistico sarà proprio il vecchio Abe.
Delineando fin dall’inizio l’oggetto della propria attenzione, la puntata prosegue linearmente tentando di produrre un discorso sul nuovo medium, (per certi aspetti non dissimile da quello televisivo) e, parlando il linguaggio delle sitcom, lo fa attraverso gli strumenti della satira. Ma anche le gag sono usate in modi diversi: nel caso delle prime stagioni, l’irruzione dell’ironia non è mai fine a sé stessa, è anzi il motore dell’intera narrazione. Homer, che per sfuggire dai caramellai progetta una bomba scappando poi in stile Die Hard, non è la semplice citazione a un film d’azione, ma l’esilarante e fantasioso raccordo con il quale passare da una scena fantoccio (il pretesto narrativo) al cuore dell’episodio (l’accusa di molestie). Viceversa, l’Homer di Il podcast di notizie, che nella prima scena divora un prosciutto in piena notte, fa leva su una semplice e arcinota caratteristica del personaggio (Homer adora il cibo, è cosa nota), rinchiudendolo nelle strette pareti dello stereotipo che incarna e non producendo narrazione. La stessa cosa si può dire della gag sul cambiamento climatico nella scena seguente: estemporanea e slegata dai fatti narrati, fa leva sulle conoscenze pregresse che lo spettatore ha di Lisa, una vivace ambientalista, senza però essere integrata alla storia che si sta raccontando.
La vicenda principale è la medesima: un personaggio è ingiustamente accusato da un’inquisitoria opinione pubblica. Ma gli sviluppi e le conseguenze divergono: anzitutto nel primo caso Homer è progressivamente costretto a ritirarsi dalla società, prima a causa dei pochi manifestanti accampati davanti casa sua, poi, una volta diffusasi la notizia attraverso il programma tv scandalistico Rock Bottom, il suo caso diverrà nazionale e lui il volto deprecabile del maschilismo americano. Le azioni hanno cioè concrete ripercussioni sulla vicenda, mentre nel caso di nonno Simpson e delle nuove puntate, la ripercussione è minima o inesistente, il nucleo drammatico della vicenda (pur trattato con linguaggio comico) è totalmente assente.
Parlando degli effetti che il testo produce, la critica alla società e ai media ha anch’essa un diverso sapore.
In Homer l’acchiappone la presenza della televisione è pervasiva e asfissiante: non c’è canale in cui Homer sia al sicuro, tutti ne parlano come di un mostro (eccetto il canale del cabaret dell’improvvisazione, dove non si fanno riferimenti oltre il 1980), dai salotti televisivi femministi al telegiornale locale che lo condanna pubblicamente sulla base dell’umore dei suoi spettatori ottenuto tramite sondaggio. Homer è colpevole nonostante tutto, nonostante le prove palesemente contraffatte, nonostante le lancette dell’orologio alle sue spalle, durante la finta intervista che lo incrimina, cambino posizione ad ogni parola segnalando il taglio di montaggio. Invece, in Il podcast di notizie la tendenza è quella ad indugiare sui primi piani di personaggi che ascoltano il podcast piuttosto che sulle conseguenze del bombardamento mediatico subito da Abe. Questa semplice scelta cambia radicalmente la percezione che del media si ha, depauperando così ogni critica satirica. Mostrare la contemporaneità senza svelarla è uno dei punti critici dei moderni Simpson, troppo impegnati ad aggiornarsi sul mondo per capirlo a fondo.
La parabola dell’acchiappone si risolverà grazie all’intervento provvidenziale del giardiniere Willie che, appostato dietro un cespuglio per registrare le coppiette con la videocamera, proverà l’innocenza di Homer. Ma quando Willie subirà lo stesso processo mediatico, Homer non esiterà a credere a tutto ciò che la televisione gli mostra per vero: “Quell’uomo è malato […] ascolta quella musica, lui è diabolico!”. Dimostrando di non aver “imparato un tubone”, Homer chiarisce che i Simpson non sono (erano) una serie che dispensa facili massime morali, ma che al contrario propone una tagliente critica alla società interconnessa della mondovisione, portando il suo messaggio al di là di quello di una qualsiasi favola.
Lisa la scettica (09×09), Due cuori due capanne (08×06), Il viaggio misterioso di Homer (08×09), Homer il grande (06×12), Homer va all’università (05×03), Krusty va al fresco (01×12), Due macchine in ogni garage, tre occhi in ogni pesce (02×04), sono solo alcuni dei momenti più alti dei Simpson, dove si incrociano i temi della religione, del dogmatismo contro il pensiero scientifico, dell’amore famigliare, del divorzio, della corruzione del potere. E lo si fa con una freschezza e un’ironia che non hanno pari nella storia della televisione.
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