Al Roberts è un giovane statunitense che per far visita alla fidanzata è in cerca di un autostop direzione California: lo trova, ma durante il viaggio l’autista muore all’improvviso, lasciando Al con il timore di essere incriminato dalla polizia. Decide così di assumere l’identità dello sconosciuto, nascondendo il cadavere e prendendone i soldi. Le cose inizieranno a precipitare quando non riuscirà a tenere celata la verità alla scaltra e bella Vera, con la quale proseguirà il viaggio in una spirale di casuali e assurdi eventi.
Questa la trama di Detour – Deviazione per l’inferno (in originale solamente Detour), dell’austriaco Edgar G. Ulmer. Come dici? Non hai mai sentito il nome di Ulmer e la trama non ti sembra niente di speciale? E se ti dicessi che ci troviamo nel 1945, e che il regista è uno dei preferiti di Martin Scorsese e Peter Bogdanovich? Insomma: il viaggio della vita come incubo kafkiano e il futuro come randomico colpo di dadi, non erano di certo i temi principali attorno ai quali gravitavano i noir durante il classicismo hollywoodiano. Si potrebbe dire che l’opera di Ulmer anticipava di parecchi anni le tematiche del cinema postmoderno.
Ho attirato la tua attenzione e vuoi saperne di più su Detour? Ecco a te 3 curiosità imperdibili sul film:
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La (solita) fama postuma
Come (circa) tutti i grandi cult – partendo da Psyco e arrivando a Blade Runner – anche Detour deve questo status al lungo e faticoso processo di rivalutazione postumo alla sua uscita. Eh si, la cara e vecchia rivalutazione che anche in questo caso è arrivata grazie a – ma dai? – Truffaut e i suoi Cahiers du cinéma. Tuttavia, leggendo la sinossi, non vi tornano in mente altri onirismi kafkiani risalenti a circa 40 anni dopo? Non è un caso che la trama del film di Ulmer sia estremamente simile a quella di Fuori Orario di Martin Scorsese, personalità del mondo del cinema che non ha mai negato l’amore per il regista austriaco. Il film di Ulmer è entrato anche nelle grazie di Wim Wenders, che ha definito “30 anni in anticipo sui tempi” la performance di Ann Savage nei panni di Vera.
Le lodi per il regista austriaco sono giunte anche da un altro nome importante della New Hollywood, Peter Bogdanovich, colui il quale – oltre a essere stato coinvolto nel progetto di un possibile remake mai portato a termine – ha ricordato a più riprese come “Nessuno ha mai fatto buoni film in meno tempo e con meno denaro di Edgar G. Ulmer”, ma anche come “La cosa sorprendente è che tanti film di Ulmer hanno una firma chiaramente identificabile, nonostante siano realizzati con così poco incoraggiamento e così pochi mezzi”.
Nel 2015 si è unito alle celebrazioni del film anche il produttore statunitense Steven Schneider, inserendolo nel suo libro 1001 film da vedere prima di morire.
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Apprezzamenti critici e nuove interpretazioni
Il film di Ulmer è stato inserito dal famoso critico americano Roger Ebert nella sua serie di pubblicazioni The Great Movies, raccolta di saggi analitici sui film più interessanti, significativi e influenti della storia del cinema. Proprio nella scheda dedicata a Detour è riportata l’affascinante interpretazione dello scrittore Andrew Britton.
Ebert scrive:
“Britton sottolinea come noi non stiamo sentendo cos’è successo ad Al, ma quello che Al Roberts vuole che noi crediamo sia successo. Britton scrive che il film è un “resoconto falso ma lusinghiero” di Al, e rimarca che la cantante Sue è molto lontana dalle sue descrizioni, perché Al non è affatto innamorato di lei ma soltanto in cerca del suo stipendio, mentre l’insabbiamento della morte di Haskell (il guidatore sconosciuto dell’inizio) è semplicemente un modo per razionalizzare il furto e renderlo più facile: per Britton, la versione di Al illustra la teoria di Freud secondo cui le esperienze traumatiche possono essere rielaborate in fantasie con cui è più facile convivere.”
Il fascino della teoria di Britton nasce da un richiamo presente nella pellicola, in particolar modo proprio grazie al personaggio di Al, che a un certo punto domanda “Avete mai desiderato di poter dimenticare qualcosa? Avete mai desiderato di eliminare un pezzo della vostra memoria, o di cancellarla?”.
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“Il Frank Capra della PRC“
Così amava definirsi lo stesso Ulmer, passato alla storia anche come “Il re dei B-movie”. E non aveva tutti i torti: il regista austriaco – oltre ad aver affiancato registi del calibro di Murnau, senza nemmeno essere accreditato – trascorse gran parte della carriera alle dipendenze della PRC, acronimo di “Producers Releasing Corporation”, casa di produzione che rappresentava il gradino più basso della scala degli studios di Hollywood “Poverty Row” (termine utilizzato proprio per indicare le compagnie hollywoodiane specializzate nei b-movie). Con un budget di appena 100 mila dollari, Detour era un film “di serie B” a tutti gli effetti, tanto da far arrivare sino ai giorni nostri il mito della “settimana di riprese”: si dice spesso che il film sia stato girato in soli sei o sette giorni quando, in realtà, il programma delle riprese era di quasi un mese (più precisamente 28 giorni), e il falso mito sarebbe nato da un’osservazione estemporanea e disinvolta di Ulmer verso la fine della sua carriera.
In virtù della rivalutazione successiva e dell’amore che tanti registi provano tutt’oggi per Ulmer, il regista rimane il motivo principale per cui la PRC si è guadagnata il suo posto nella storia di Hollywood: Detour è stato anche il primo b-movie ad essere stato selezionato nel 1992 dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per il suo National Film Registry.
Ti ho convinto e ora muori dalla voglia di vedere Detour? Non preoccuparti! È disponibile nella biblioteca online non profit di Internet Archive a questo link.
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