Il “regista più importante di questa epoca” (The Guardian) compie oggi 76 anni.
David Lynch nasce a Missoula (Montana) il 20 gennaio 1946, trascorrendo l’infanzia nel nord-ovest degli Stati Uniti. Fin da bambino tende ad isolarsi, trascorrendo il suo tempo libero osservando il paesaggio circostante, studiando attentamente i dettagli della natura e disegnando. Sviluppa quindi una grande passione per la pittura, che diverrà anche la base da cui darà vita al suo cinema.
Nel 1965, a 19 anni, si iscrive alla Pennsylvania Academy of Fine Arts a Philadelphia. Questa Accademia rappresenterà un punto di rottura nella sua vita, dandogli una possibilità che stravolgerà il suo futuro così come lo aveva immaginato.
SIX MEN GETTING SICK – I PRIMI CORTI
Il primo cortometraggio di David Lynch nasce grazie ad una gara di pittura sperimentale in Accademia, nel 1966. Lynch intendeva partecipare con un dipinto raffigurante un giardino nero con esili macchie verdi, delle piante incolte che fendevano l’oscurità, reminiscenze della sua infanzia. La vista del suo quadro, però, lo ispirò a tal punto da decidere di dare vita a quelle figure. Così con una 16 mm e un budget di 200 dollari lavorò ad un’animazione angosciante della sua stessa opera: nacquero in questo modo i “sei uomini malati”, sei sinistre figure che trasmettono un forte senso di sofferenza e di inquietudine per un minuto intero, mentre una danza di linee si dispiega sul suono delle sirene di un’ambulanza. Lavorando a questo corto, Lynch si lasciò guidare dal processo creativo, secondo un modo simile all’automatismo psichico dei surrealisti: partendo da un determinato punto le idee si ramificano e l’inconscio lascia che nuovi spunti interferiscano facendo sì che il risultato sia diverso dall’intento iniziale.
Con Six men getting sick Lynch vinse il primo premio, che divise col pittore Noel Mahaffey.
Nello stesso periodo il regista visse delicate vicende familiari. Si innamorò di Peggy, una sua compagna d’Accademia che decise di sposare immediatamente. Ad aprile dell’anno dopo, in un momento di grandi difficoltà economiche, nacque sua figlia Jennifer. Per David Lynch ebbe così inizio un periodo molto burrascoso ed incerto della sua vita; nonostante questo l’artista non si diede per vinto, e continuò a sperimentare con quella che era diventata l’altra sua grande passione dopo la pittura: l’immagine in movimento, il cinema.
THE ALPHABET
Il corto successivo, The alphabet (1968) vide la luce grazie ad una proposta di collaborazione di H. Barton Wasserman, un altro studente dell’Accademia desideroso di lavorare con Lynch dopo il successo del suo primo lavoro. L’ispirazione arrivò grazie ad un racconto di sua moglie Peggy che, andata a far visita ai suoi genitori, aveva trovato sua nipote addormentata in un lettino. La bimba stava avendo un incubo in cui continuava a ripetere l’alfabeto. Il cortometraggio The alphabet è l’interpretazione Lynchiana di quell’incubo. Questo fu il primo momento in cui il regista mostrò le sue abilità di sound designer (che si manifesteranno del tutto in seguito) giocando con le incisioni dei vagiti di sua figlia. I dipinti di Francis Bacon sono le fondamenta su cui il corto è costruito visivamente, ed è possibile anche cogliervi un riferimento al conflitto di Lynch con le istituzioni scolastiche. Il regista decise di presentare la sua opera ad un concorso dell’American Film Institute,la cui vittoria avrebbe garantito delle sovvenzioni per la distribuzione del cortometraggio. Nonostante Lynch non fu tra i vincitori, i quali erano già quasi tutti registi affermati e con più esperienza, i due capi dell’AFI, Tony Vellani e George Stevens jr, lo contattarono personalmente per offrirgli un budget di 7.200 dollari e un adeguato canale di distribuzione.
THE GRANDMOTHER
Nel 1970 venne realizzato The grandmother, che mise per la prima volta il regista dinanzi ai veri problemi della realizzazione di un film. David scelse come protagonista della pellicola Richard White, un ragazzino che vedeva spesso passeggiare intorno a casa sua e che si rivelò perfetto per il ruolo assegnatoli. La nonna invece venne interpretata da Dorothy McGinnis.
Questo cortometraggio rappresentava la sua più grande ambizione, e vi lavorò con grande impegno provvedendo lui stesso ad ogni aspetto della realizzazione. Per il sound design chiese l’aiuto di Alan Splet e del gruppo dei Tractor, ottenendo un suono inventivo e sperimentale, oltre che alcuni effetti sonori che non esiterà a riutilizzare in futuro.
Nell’opera viene raccontata la storia di un bambino in un rapporto conflittuale coi genitori che sogna di far resuscitare la nonna morta da un baccello. Il sogno diviene realtà, ma a questa rinascita seguirà in breve tempo una rapida putrefazione. Risultano evidenti i rimandi a figure ancestrali rappresentate in un ciclo di vita e morte interno all’inconscio, il tutto inserito nella percezione del mondo di un bambino psicologicamente provato. Sarà grazie a questo lavoro -apprezzatissimo da Vellani e dai suoi colleghi- che Lynch verrà invitato a Los Angeles alla base dell’American Film Institute. Ed è qui che, un paio di anni dopo, inizierà a lavorare sul suo primo lungometraggio: Eraserhead. Ma questa è un’altra storia.
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