«Grazie Torino, grazie Italia. Sono felice di essere tornato qui, in questa città che ho visitato tanti anni fa quando presentai il mio film d’esordio. Probabilmente, questo è il primo luogo in cui ho pensato: “Bene! Forse posso davvero farcela”». Dopo Kevin Spacey e Tim Burton, un nuovo visionario cineasta ha messo piede a Torino per uno degli incontri più attesi e prestigiosi di sempre. Martedì 24 ottobre Damien Chazelle è stato ospite del Museo del Cinema, dove ha tenuto una masterclass ed è stato insignito del premio Stella della Mole.
Il giovane regista ha dialogato con il Direttore del Museo Domenico De Gaetano e con la critica Grazia Paganelli riguardo a quelle fortunate imprese cinematografiche e opere meticolosamente realizzate che hanno dato il via a un tripudio di sperimentazione e innovazione, dal pluripremiato Whiplash a un musical rivoluzionario come La La Land e all’intensa biopic First Man. Il fastoso dramedy sul passaggio del cinema dal muto al sonoro Babylon, la sua ultima fatica, è stato proiettato al termine della giornata al Cinema Massimo introdotto dal regista ad una platea sold out.
Ritorno a Torino
Damien Chazelle presentò per la prima volta il suo film Guy and Madeline on a Park Bench proprio al Torino Film Festival nel 2009, e fu premiato con il Premio Speciale della Giuria. Il regista ricorda «Il mio era un piccolo film e quasi tutti lo rifiutarono. Probabilmente il TFF fu il primo festival europeo che mi accolse. Ovviamente non ero mai stato a Torino e ricordo l’intera avventura come nuova ed emozionante». Il Direttore Domenico De Gaetano invece esplicita (dal sito del Museo) che «Sin dal suo sorprendente esordio alla regia, Damien Chazelle ha messo in mostra il precoce talento e il suo approccio visionario allo storytelling, esplorando narrazioni innovative e trasportando gli spettatori in un viaggio toccante e coinvolgente».
La Stella della Mole, infatti, è stata consegnata con la seguente motivazione: «Enfant prodige di Hollywood, con il suo precoce talento e il suo approccio innovativo allo storytelling, Damien Chazelle ha superato i confini dei generi tradizionali e creato spettacoli cinematografici di grande impatto visivo e musicale. Trasformando in pura energia storie di personaggi ambiziosi desiderosi di misurarsi con i propri limiti o di perseguire i propri sogni, i suoi film sono la più moderna dichiarazione d’amore per la storia del cinema».
La masterclass
Protagonisti della masterclass sono stati i suoi film e i temi portanti del perfezionismo, l’ambizione, la dedizione, le difficoltà e le sfide che conseguono al raggiungimento del successo. Chazelle sfoglia la propria filmografia scandita da video e domande di De Gaetano e Paganelli: «Leggerezza e malinconia nel mio cinema? Vanno di pari passo. E io ho sempre temuto un piede nella realtà e un altro in un romantico passato. Inoltre, molto spesso i miei film sono sospesi tra realtà e mito. Questo terreno in passato l’ho frequentato inconsapevolmente ma credo mi appartenga nell’intimo».
«La mia esperienza personale è molto simile a quella del mio protagonista. — ammette Chazelle in riferimento al suo primo cult Whiplash — Quando ho cominciato a suonare l’ho fatto per passione, ma devi saper accettare la sofferenza come prezzo per maturare. È come se prima di diventare farfalla tu debba spezzarti le ossa. Almeno nella musica, non sono mai arrivato a essere farfalla purtroppo». Altro carattere fondamentale del cinema di Chazelle è il ritmo: «Anche i miei dialoghi cercano di replicare una partitura musicale. Anzi, ancor prima di scrivere una sceneggiatura ascolto musica che in maniera astratta mi aiuta a comprendere quali emozioni voglio trasmettere nel film e a riempire quella famosa pagina vuota».
Alla proiezione di una scena di La La Land il pubblico applaude, e persino l’autore sembra commuoversi: «Quando qualcuno mi chiede perché non c’è un happy ending, rispondo che forse è perché penso che la vita sia così e il musical è un genere tutt’altro che frivolo. Prima c’è la dimensione del ballo e dell’immaginazione, poi arriva il ritorno alla realtà». Forse l’allunaggio di Neil Armstrong in First Man può sembrare un finale positivo, ma il regista osserva: «Se si pensa al percorso che ha portato alla conquista della Luna, siamo davvero sicuri che lo sia?».
Il giro d’Italia
Quest’anno Damien Chazelle è stato Presidente di Giuria al Festival di Venezia: da settembre non si è più mosso dall’Italia, che ha viaggiato in lungo e in largo nell’ultimo mese e mezzo. Dalla Laguna è passato a Napoli, poi a Roma e infine a Torino, dopo due giorni nelle Langhe con la famiglia. Infatti, il regista ha trascorso lo scorso weekend ad Alba alla ricerca del tartufo insieme alla moglie Olivia Hamilton, attrice statunitense che compare in molti dei suoi film, e ai loro due figli di 10 mesi e 4 anni.
Prima del grande giorno della premiazione, masterclass e proiezione, nei giorni torinesi Damien Chazelle ha alternato impegni ufficiali alla Mole Antonelliana e visite di piacere nella città sabauda. Durante il sopralluogo alla Mole Antonelliana, Chazelle ha accettato di partecipare ad un progetto fotografico di Riccardo Ghilardi e ha visitato privatamente la mostra Il mondo di Tim Burton. Lunedì pomeriggio si è recato per interesse personale al Museo dell’Automobile, prima di chiudere la giornata in compagnia dei vertici del Museo in un’enoteca del centro. Martedì sera invece era atteso tra il pubblico della Bohème al Teatro Regio, coronando idealmente il connubio cinema-musica che da sempre caratterizza la sua vita e il suo cinema.
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