Nei 13 cortometraggi in concorso nella sezione Orizzonti quest’anno troviamo tanto, troppo dramma. Una selezione più variegata avrebbe forse portato anche a valorizzare i suoi momenti più seri?
Who Loves the Sun, di Arshan Shakiba (Canada, 19 minuti)
Sullo sfondo della guerra civile siriana, seguiamo la vita lavorativa in una piattaforma petrolifera di emergenza. Un breve esempio di slow cinema tra colpi di camera sensazionali e dialoghi nulli
Moon Lake, di Jeannie Sui Wonders (USA, 12 minuti)
Una timida ragazzina preadolescente partecipa ad un pigiama party a casa di amiche più ricche e disinibite, facendo i conti anche col menarca. Uno degli esempi più concreti e meno ampollosi della rassegna e probabilmente il migliore
Marion, di Joe Weiland e Finne Constantine (Regno Unito, Francia, 13 minuti)
Marion è una toreador, unica donna nell’ambiente più machista che si possa trovare, che prima di scendere in pista deve anche badare a sua figlia. Il toro come metafora del patriarcato si commenta da sé
O, di Rúnar Rúnarsson (Islanda, Svezia, 20 minuti)
Un uomo di mezza età alcolista e smesso trova le sue forze per partecipare sobrio al matrimonio di sua figlia. Non il più originale dei pretesti, non la più originale delle messe in scena
Quasi Certamente Falso, di Cansu Baydar (Turchia, 20 minuti)
Una giovane immigrata Siriana abita a Istanbul con il suo fratellino, vive una piccola avventura sentimentale che le lascerà un bel po’ di amaro in bocca. Una sorta di versione meno tragica di Tori e Lokita dei fratelli Dardenne
Shadows, di Randi Beiruty (Francia, Giordania, 12 minuti)
Ahlam è una sposa bambina incinta in fuga da Baghdad, ripercorre i traumi della sua vita con una serie di figure metaforiche. Versione animata di una testimonianza raccolta durante la realizzazione di un documentario, abbastanza trascurabile se pensiamo ad esempi simili dello scorso anno
Il Burattino e la Balena, di Roberto Catani (Francia, Italia, 8 minuti)
Pinocchio raccontato tramite il tratto della scuola d’animazione marchigiana, in una versione più macabra del testo originale. Definito come “la storia di un burattino che non diventa bambino”
René va alla guerra, di Luca Ferri, Morgan Menegazzo, Mariachiara Pernisa (Italia, 19 minuti)
Un bambino nella campagna slovena gioca continuamente a fare la guerra con gli spettri della seconda guerra mondiale, tra discorsi di Mussolini e mine antiuomo. Nonostante le premesse, carta velina
Il Gatto Velenoso, di Tian Guan (Cina, 17 minuti)
Un gruppo di uomini nelle campagne della Cina Meridionale vede il bizzarro comportamento delle donne locali nella materializzazione della leggenda del “Gatto velenoso”. L’intreccio più complesso della rassegna parla della paura della perdita del potere maschile e della sua incapacità di fronteggiare l’anticonformismo femminile in un ambiente assai diverso dal solito
Ajar, di Atefeh Jalali (Iran, 13 minuti)
Una relazione extraconiugale tra due artisti borghesi iraniani subisce un duro colpo quando la moglie di lui viene arrestata durante una manifestazione per i diritti della donna. Un mini dramma da camera che pone allo spettatore il dubbio di quanto i drammi personali possano prevalere sul dramma collettivo
Three Keenings, di Oliver McGoldrick (Irlanda, 10 minuti)
Ian è un trentenne fallito che si trova a piangere previa retribuzione ai funerali. La situazione grottesca lo porta alla disperazione vera. Quella che dovrebbe essere una commedia amara non fa ridere nemmeno a denti stretti
Minha Mãe é Uma Vaca, di Moara Passoni (Brasile, 13 minuti)
Una ragazzina vive l’assenza della madre in un ranch desolato in Brasile a carico di due zii poco affettuosi e in preda alla paura costante dei giaguari predatori. Una sorta di western latino e micro romanzo di formazione poco interessante
James, di Andrès Rodriguez (Guatemala, 20 minuti)
Siamo in Guatemala, il tredicenne James è un venditore ambulante di cover telefoniche con il terrore della crescita, che nelle strade si accompagna per forza di cose alla sopraffazione, attiva o passiva, come negli incontri di lotta che James e i suoi amici fanno ogni giorno
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