I CARTOONS DI TEX AVERY
Tra gli anni ‘30 e gli anni ‘50 del Novecento si diffondono, in America, i film d’animazione grazie all’avvento del sonoro e alle grandi produzioni Disney, Warner e ai cortometraggi di Betty Boop. Tra i tanti registi dell’universo dei Cartoons ve n’è uno in particolare ad aver influenzato e rivoluzionato il genere: Tex Avery.
I Cartoons di Avery hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’animazione grazie al loro umorismo esagerato e profondamente distante da quello di Walt Disney. Sono, infatti, caratterizzati da uno stile slapstick e da un gusto per la sregolatezza e per l’eccesso che spesso sfocia nel delirio e che costringe i protagonisti a dare sfogo a tutte quelle pulsioni irrazionali che vengono solitamente represse, come quelle sessuali. Per comprendere meglio l’universo di Avery è bene citare alcune tra le sue creazioni più note come Bugs Bunny, Daffy Duck, Droopy e il duo George & Junior.
A causa di questa vena provocatoria, i cartoni di Avery non sono privi di controversie, specialmente quando si parla di personaggi femminili, i quali vengono rappresentati come meri oggetti del desiderio, con corpi ricchi di curve esagerate, abiti ingiustificatamente succinti e atteggiamenti seducenti. Le donne di Avery sono spesso poco intelligenti e ingenue e, per questo, relegate ad essere al centro delle attenzioni (indesiderate) dei personaggi maschili. Tale rappresentazione della figura femminile non è casuale dal momento che questa specifica tipologia di Cartoons è stata creata per attirare principalmente il pubblico maschile di quegli anni. Un pubblico radicalmente maschilista e sessista. Non è casuale che in quel periodo storico abbiano iniziato a circolare le immagini delle Pin Up girls, usate come archetipo di molti personaggi femminili dei cartoni animati come Betty Boop, Red e, successivamente, Jessica Rabbit.
PIN UP GIRLS: INNOCENZA ED EROTISMO
Le Pin Up (lett. “da appendere”) sono delle figure che si sono diffuse tra i due conflitti mondiali per incitare gli uomini ad arruolarsi e, soprattutto, a non demoralizzarsi. Il termine “ragazza da appendere” allude alle cartoline erotiche o ai calendari che i soldati portavano con sé o appendevano al muro delle proprie stanze e alla parete degli armadietti personali. In breve tempo le Pin Up divennero un elemento sempre più presente nelle fantasie degli uomini. Per Pin Up girl si intende una ragazza seducente con un corpo formoso, coperto da abiti attillati o da lingerie provocante. Una “compagna di giochi“, audace e disinibita con cui divertirsi quando la moglie non c’è. La Pin Up ideale, infatti, si concede agli sguardi degli uomini e flirta con loro; ciò nonostante, sembra conservare una certa innocenza caratterizzata da un’ironia di fondo, una genuinità e una dolcezza che va ad attenuare la carica erotica esplosiva che contraddistingue la sua figura sensuale. Insomma, la Pin Up è considerata un premio da sfoggiare unicamente per la sua bellezza.
Numerose sono le fotografie o illustrazioni che ritraggono queste ragazze in pose iconiche, provocanti, ma anche ingenue: spesso sono stese di fianco o intente ad abbassarsi la gonna sollevata dal vento, in stile Marilyn Monroe.
Così come le figure femminili dei cartoons di Avery e dei fratelli Fleischer, le Pin Up sono figlie della società maschilista dell’epoca che divideva le donne in due categorie: la moglie fedele e moralmente integra, dedita alla cura della casa e dei figli, e la donna ammiccante, sessualmente indipendente e disponibile. La figura della Pin Up è, dunque, molto controversa poiché se da un lato si colloca al centro del dibattito sulla sessualizzazione del corpo femminile, dall’altro è anche diventata un simbolo del movimento femminista in quanto emblema di sensualità e bellezza fuori dagli schemi, di leggerezza e simbolo di lotta e critica alla censura e alla sessualità repressa.
RED HOT RIDING HOOD: CAPPUCCETTO ROSSO IN VERSIONE PIN-UP
Oltre ai già citati Bugs Bunny e Daffy Duck, Tex Avery diede vita a Red, un altro personaggio molto popolare, presente in numerose serie di cartoni e ispirato alla fiaba di Cappuccetto Rosso dei Fratelli Grimm. Red Hot Riding Hood è un cortometraggio del 1943 in Technicolor diretto da Tex Avery e prodotto dalla MGM. Il film è una parodia della celebre fiaba ed è noto per aver destato notevole scalpore all’epoca. Red è una ragazza attraente dai capelli rossi e dal corpo sinuoso che molto poco ha a che fare con la bambina della fiaba che noi tutti conosciamo. Cappuccetto Rosso diviene dunque una Pin-up, una showgirl e l’incarnazione dell’erotismo.
Ciò nonostante, questo cortometraggio possiede una natura profondamente originale da un punto di vista narrativo: i personaggi dei fratelli Grimm scelgono di prendere in mano il loro destino e di ribellarsi al narratore. Questi decidono, infatti, di cambiare la loro identità e la stessa storia alla quale appartengono. Tale aspetto, apparentemente irrilevante, è in realtà uno dei motivi per cui i Cartoons di Avery sono considerati dei gioielli dell’animazione statunitense, pur essendo altamente criticabili da un punto di vista ideologico e sociale. Tali cartoni rielaborano le trovate del cinema muto slapstick modernizzandole e aggiungendo ad esse la firma caotica e originale di Avery che li differenzia da ogni cartone in circolazione in quegli anni.
Red Hot Riding Hood segue le vicende Red, una bellissima ragazza che si esibisce nel locale notturno della Nonna e cerca costantemente di sfuggire alle attenzioni invasive e non richieste del Lupo, il quale ha assunto le sembianze di un dongiovanni in smoking nero. A sua volta, però, il Lupo è braccato dall’anziana Nonna, che si è invaghita di lui e tenta di sedurlo in tutti i modi. Nella costruzione del personaggio di Red il riferimento a Betty Boop è evidente.
Anche grazie agli scandali provocati dalla storia osé e dalla narrazione audace, questo cartoon è diventato uno dei film più popolari di Avery, al punto da essere inserito tra i più grandi prodotti d’animazione di tutti i tempi.
BETTY BOOP: SIMBOLO DI EMANCIPAZIONE O ICONA SESSISTA?
Pur non essendo una creazione di Tex Avery, Betty Boop è una figura indispensabile per approfondire la tematica della sessualizzazione e oggettivazione femminile all’interno dell’universo dei cartoni animati. I suoi occhioni malinconici, il viso tondo incorniciato da capelli neri arricciati, la bocca piccola e carnosa e, infine, un vestitino che cinge un corpo esile, ma formoso. Questi sono tutti elementi riconducibili a Betty Boop, icona pop nonché uno dei personaggi di fantasia più riconoscibili e amati, persino a distanza di novant’anni dalla sua creazione! Betty Boop è nata nel 1930 per opera dei fratelli Fleischer, ma si è affermata due anni dopo durante il periodo della grande depressione. Le sue fattezze sono state ispirate all’attrice Clara Bow e a Helen Kane, celebre cantante del Bronx e nota personalità dell’ambiente Jazz e del vaudeville degli anni ‘20.
Purtroppo il personaggio Betty Boop avrà vita breve sullo schermo poiché, a seguito dell’applicazione del Codice Hays nel 1934, inizierà a perdere carattere e fascino e il suo estro pian piano si affievolirà per poi spegnersi definitivamente nel ‘39. Nonostante ciò, l’importanza storica e cinematografica di Betty Boop è indiscussa. Questa adorabile signorina può essere considerata la prima Pin Up della storia e il primo sex symbol dei cortometraggi d’animazione. L’autoironia e la sensualità di Betty Boop la rendono, infatti, desiderabile agli occhi di chiunque incontri tanto da spingere i suoi interlocutori ad allungare le mani, come se si sentissero in dovere di farlo. Nelle serie dei cartoons che la vedono protagonista, le altre figure secondarie, spesso animali antropomorfi, tentano in tutti i modi di sedurla anche attraverso disgustose molestie fisiche. A queste violenze, Betty reagisce prontamente percuotendo e umiliando i molestatori in modi veramente originali.
Ancor più dei cartoons di Avery, il caso di Betty Boop fa riflettere sul ruolo sociale della donna e sulla sua immagine ideale all’interno di quel periodo storico. Un’immagine costruita dagli uomini per gli uomini. Betty si muove in situazioni colme, anzi stracolme, di allusioni sessuali e nelle quali è costantemente vittima del suo bell’aspetto, ritenuto sfacciato da chi incontra nonché specchio di un’implicita disponibilità sessuale, alla quale agli uomini sembra lecito rispondere con la prevaricazione fisica. Il personaggio di Betty non accetta, tuttavia, questa condizione con passività, ma cerca di ribellarsi in tutti i modi.
Betty Boop è un personaggio nato per occhi maschili, una giovane sbarazzina e appetibile, eppure finisce per affermarsi come una donna indipendente che non vuole farsi addomesticare e che lotta costantemente per emanciparsi da quello sguardo affamato. Betty cerca, infatti, di imporre la propria personalità, di ribellarsi e di sopravvivere al sistema di un mondo conservatore, patriarcale e misogino che sembra fare di tutto per schiacciarla. Un mondo che rende le donne nient’altro che un oggetto sessuale.
UN’IMMAGINE FEMMINILE COSTRUITA DAGLI UOMINI PER GLI UOMINI
I cortometraggi di Betty Boop e di Red sono specchio dell’epoca in cui sono stati prodotti e, dunque, ci consentono di tracciare una panoramica sui ruoli di genere della prima metà del Novecento.
Si tratta, infatti, di un’epoca fortemente sessista e maschilista, tanto a livello sociale quanto cinematografico. Durante il periodo d’oro del cinema americano le figure femminili, costruite sullo schermo, non avevano nulla a che fare con le donne in carne ed ossa. Tali immagini non appartenevano a esse ed erano, piuttosto, dei feticci. A questo si aggiunge il fatto che i personaggi femminili raramente acquisivano il ruolo di soggetto attivo all’interno della storia poiché spesso rilegate a quello di mero oggetto dello sguardo maschile. Una posizione passiva e dunque subordinata. Nella narrazione classica l’uomo è il predatore, la donna la preda e raramente i ruoli potevano invertirsi. In fondo non si tratta di un fenomeno totalmente distante dalla realtà odierna; basti pensare ad alcuni programmi televisivi in cui sono ancora presenti le figure della valletta o della co-conduttrice, sempre un passo dietro il conduttore, ma sempre davanti ai riflettori, esposte agli occhi del pubblico per la loro bellezza. Molto sembrano avere in comunque con le ragazze “da appendere” di cui abbiamo parlato. Ci troviamo ancora in un’epoca in cui le rappresentazioni femminili sono soggette a mercificazione e sessualizzazione all’interno dei prodotti cinematografici e televisivi. Documenti del genere, come i film classici o cartoons di Avery o di Betty Boop, devono essere analizzati come testimonianze di un passato che, purtroppo, ha ancora molti echi nel presente. Censurarli e criticarli a priori non aiuterebbe a riappropriarsi di quell’immagine femminile che per secoli ci è stata imposta e che non ci appartiene, anzi.
Questo articolo è stato scritto da:
Scrivi un commento