Un giro turistico per voci tematiche nelle storiche vacanze di Natale targate Filmauro, senza pregiudizi e senza peli sulla lingua, tra miti, tormentoni e personaggi dei film più odiati e bistrattati dalla critica ufficiale. 

DEFINIZIONE 

CINEPANETTONE: Film comico di pura evasione, basato su una comicità molto dozzinale, spesso volgare, che punta sulla popolarità degli attori e la generosa esibizione delle grazie femminili (dall’incipit di Super vacanze di Natale, Filmauro, 2017) 

A – ALAN O’LEARY 

Irlandese, professore all’Università di Leeds, nostra guida spirituale e dispensa di appunti per la discesa nei gironi cinepanettonari. Sua la Fenomenologia del cinepanettone (Rubbettino, 2013): il primo – ma anche l’unico – studio critico sistematico, mediale, socio-antropologico sulla materia. Opinabile, ma mai spicciolo né intellettualoide. Brillante e ragionato, punti e numeri alla mano (dell’audience, soprattutto). Senza livore e paraocchi ideologici, né finti entusiasmi e complicità ammiccante. Ci voleva uno straniero trapiantato nel Belpaese – per giunta un accademico – per gettare il guanto di sfida all’esegesi del cinepanettone, ampliandone la ricezione oltre i confini dell’italiano medio troglodita dell’ultimo banco.

B – BOLDI, MASSIMO 

Da Luino (Varese). La testa d’uovo di Colombo: nel cognome(n omen), più volte ricorrente nei suoi personaggi, la vocazione al prototipo (e allo stereotipo) del goffo, inetto e pasticcione cumenda milanese di mezza età. L’ultracorpo comico, grottesco, dirompente, fracassone, generoso – aperto ed esposto all’invasione in ogni orifizio (O’Leary dixit). Incontenibile e incontinente («mi sto cagando addossooo»), almeno negli anni d’oro. La mina vagante che esplode sulla faccia di gomma, nella guizzante linguacciona protesa, tra le squillanti grida e i versi a mitraglietta tachicardica. Sempre in bilico tra il lessico e lo slang dell’industriale lumbard, la mimesi gergale romanesca («e non guardà li mani guarda lì bracci», «na spremuta de sangue!») e l’improvvisata traduzione dei dialetti da tutto il globo (tra il «porca putt!» da boemo di Romenia e lo zulù aeroportuale). Perennemente fuori posto e fuori contesto, come uno sdrucciolevole monsieur Hulot del varesotto sulle scale mobili del cinema bassoventrale. Calamita per ogni catastrofe e calamità naturale a valanga (mitologiche la scena della doccia e la discesa libera col water sulla neve in Vacanze di Natale ’95, tra Oldenburg, John Scatman e Magritte: n’est pas un pirla, al Massimo merda d’artista). Passaporto per ogni zona erogena della gag e cartoonesco passepartout in carne e ossa infilato ovunque, persino nella portiera dell’auto (Merry Christmas, 2001). 

C – COMPRIMARI 

Dietro il successo della formula magica, ci sono, anche, i caratteristi azzeccati: ingredienti ben dosati col misurino, uvetta e canditi che aggiungono – ma non sempre – sostanza e sapori alla portata principale. I più nobili: l’austero – ma ipocrita – avvocato Giovanni Covelli di Riccardo Garrone (Vacanze di Natale, 1983), che con una memorabile sentenza si consegna ai posteri levandoci per sempre e a futura memoria il Natale dalle palle («se lo semo levato…»); e il paterno Alberto Sordi, cameriere attempato e crepuscolare di Vacanze di Natale ’91, che fa passare il testimone tra l’eleganza di un passato caciarone ma genuino e il ricco cafonal moderno che “se magna” tutto alle tavole imbandite di un piatto misto di arroganza e cialtroneria. I comici che battono il registro regionalistico: la rutilante cazzimma partenopea di Biagio Izzo, che sfila più volte en travesti dicendo la sua sul gender fluid in anticipo sui tempi, con trucco, parrucco e collant femminili. Il coatto venerabilissimo e torpignattaro Enzo Salvi: alias Er cipolla («mamma mia comme stoo!»), forse l’unico che senza risparmiarsi, con personalità debordante, in un pugno di scene assurte al culto (la lezione su come respingere i fan all’assalto in Bodyguards (2000), i duetti col suocero Cipollino e la sgolatissima caccia a Santa Clauuusss! nei grandi magazzini di Merry Christmas) riesce a rubare la scena ai mattatori principali, insidiando la sacra unità della coppia d’assi verso un triumvirato ufficioso (Boldi – De Sica – Salvi) pienamente riconosciuto dai fan. Quindi le grandi guest star d’oltreoceano: il compianto Luke Perry, idolo da diario teenager, Big Babol adolescenziali e prime maliziose paginette di Cioè (Vacanze ’95); il divo bamboleggiante di Beautiful Ron Moss in Christmas in Love (2004), dove c’è stato persino Danny De Vito, doppio freak di Boldi (non bastasse l’originale…). E poi la statuaria Megan Gale (Vacanze di Natale 2000, 1999) direttamente dalla galassia Omnitel (per chi ne ha memoria), in attillatissima tuta da sci, finita a letto – udite udite – con tal Gianmarco Rocco di Torrepadula (rampollo di nobiltà bolognese scomparso dalle scene dopo l’unico, insuperato zenit artistico). Infine i più dimenticati e dimenticabili: Nino D’angelo, Annamaria Barbera, I Fichi D’India, questi ultimi legati al grande successo televisivo di Zelig, che ricordano tempi dove in Italia si rideva (?) per freddure stitiche come: «Lei ha vinto un soggiorno sul Nilo per due persone!» «Un soggiorno? E come facciamo a portarlo a casa?» Sigh.

D – DE SICA, CHRISTIAN 

Da Roma. Figlio d’arte messa da parte a favore della pura comicità. Il mascellone aitante e mascalzone della coppia d’oro formata con l’impiastro ambulante Boldi (sua nemesi fisica e caratteriale). L’altra metà del cielo sopra Cortina. L’insostituibile colonna portante della serie, percorsa fin dalle fondamenta da principe designato (Vacanze di Natale, 1983) e proseguita da Re Mida incontrastato delle feste, dividendo lo scettro di un regno ventennale con Boldi prima e Massimo Ghini poi, fino a una serena abdicazione senza eredi (Vacanze di Natale a Cortina, 2011). Per la causa, mette a punto e perfeziona, con instancabili doti di improvvisatore a schema libero, un personalissimo linguaggio comico fatto di tic e smorfie di una formidabile e mobilissima maschera facciale, unite a una funambolica parlantina schizofrenica, dove la scurrilità più spinta emerge a mezze frasi dietro la finta affettazione di un eloquio forbito e mossette “deligatissime”. Se si fa il folle esperimento di guardare un suo cinepanettone sottotitolato in italiano, si scopre quanto spesso la trascrizione non riesca a “stargli dietro”, non riuscendo a coprire tutta la sottigliezza della sua irrefrenabile verve. Infinito il repertorio – anche canoro, talvolta – di battute, inviti a pijassella anderc…, gag da mandare a memoria, situazioni imbarazzanti – apparentemente senza uscita – da cui riesce a cavarsi fuori con mirabolanti e surreali performance. Ricordiamo la sveltezza nello sfuggire al doppio femminile nell’ascensore di Merry Christmas, o al pianoforte di Natale a New York (2006). A volte ripetitivo e sovente in overacting, ma a suo modo inarrivabile. 

E – ESTETICA 

Piatta, dozzinale, becera, televisiva, macchiettistica. La vulgata vuole i cinepanettoni girati in fretta e male, montati alla bell’e meglio, puntando ai sicuri incassi garantiti dai faccioni in locandina. Sarà. Eppure, l’estetica della bassa definizione a ogni livello, l’assenza di uno specifico cinematografico – che pur a volte viene esibito, come nel freezing dell’immagine nel finale di Natale a New York – sono le carte vincenti che continuano a garantire la sopravvivenza e il propagarsi virale delle scene cult, (vedi alla voce INSTANT MOVIE) con la stessa semplicità fruitiva delle gag di Stanlio & Ollio. 

F – FEMMINILE 

La rappresentazione svilente, reificata, degradata e degradante della donna-trofeo, come sostengono da sempre i detrattori più acerrimi. La grande pietra dello scandalo – insieme alla volgarità esibita e alla vocazione parolacciara – su cui più hanno insistito polemiche, custodi della morale e discorsi sociali. Rivista oggi, l’innegabile passerella disinvolta di bonazze extralusso e nudità assortite fa quasi sorridere per ingenuità (come fosse una vecchia rivista soft-core dal barbiere), a confronto con la pornificazione imperante dell’era digitale, dell’ipertrofia sex-oriented con cui poser e influencer vari accalappiano gusti e bassi istinti dei follower. Qualche maligno vedrebbe un legame tra il “cattivo seme” della Filmauro – preso in guisa di estensione del pattume della tv commerciale – e la sua volgare, diretta discendenza nei media contemporanei. Opinioni legittime, ma a cui va dato lo stesso credito delle associazioni di mamme che incolpano horror e videogame per la violenza nel sociale… 

G – GUILTY PLEASURE 

La forma mentis con cui disporsi alla visione dei cinepanettoni. Per non rischiare di prenderli sul serio. O di prenderli sul serio nel modo sbagliato, come una macchia inaccettabile sulla fedina cinefila. Si può al più goderne nel modo giusto, in leggerezza. Chi non ne ha voglia, semplicemente, si nega un piacere oggi nemmeno più così proibito. 

H – HARAKIRI 

Anno 2005: il grande crac, la coppia che scoppia. Nel dopo Natale a Miami, Massimo Boldi rompe il giocattolo Filmauro e tronca di netto – per motivi mai troppo chiariti – il ventennale sodalizio con il partner storico De Sica, all’inseguimento della gloria da solista sotto l’egida di Medusa Film, in una sfilza di asfittiche e indigeste commedie di rimatrimonio che ne appannano vis e tempi comici, aprendo alla fase più stanca e meno ispirata della sua carriera. A conti fatti, un harakiri appunto, parzialmente sconfessato nel 2018 con la celebratissima reunion di pacificazione in Amici come Prima, a cui farà seguito l’odissea spaziale In vacanza su Marte (2020). Come riservato solo alle vere rockstar.

I – INSTANT MOVIE 

Il fast-film che si mastica, digerisce ed espelle senza pretese come un hamburger; il dolce già insipido e stopposo la sera di Natale; la pellicola autocombustibile da assorbire assuefatti e imbambolati, dimenticata per sempre una volta finita. Almeno, così ci hanno raccontato. Basta invece farsi un giro su web, social, fansite, meme e gruppi Facebook per rendersi conto che la tribù del cinepanettone è più viva e attiva che mai (qualcuno se ne dispiacerà pure, ma pazienza…). La struttura a clip, il frammento breve, la gag estemporanea e sconclusionata poggiata sul tormentone dell’attore (vedi alla voce T), insomma tutto ciò che si è sempre visto affibbiare il marchio infamante dell’inconsistenza più deperibile, diventa nell’archeologia digitale del clic istantaneo il perfetto format(o) di conservazione e fruizione dei reperti cinepanettonari, per la diffusione – e l’imitazione – del culto tra millennials e tiktokers, nemmeno nati all’uscita del primo Vacanze di Natale. Alla faccia dell’instant movie per famiglie scaduto dopo le feste…

L – LINGUE STRANIERE 

Oltre la linguaccia sporgente di Boldi, i rovinosi e biascicati misunderstanding di De Sica, gli innumerevoli casi di lost in translation occorsi al duo nei ripetuti tragitti transnazionali (dall’ansiogena befana tedesca in volo all’italiana in spiaggia a Rio abbordata da De Sica in uno stentato portoghese), c’è una domanda più sottile: è un fenomeno squisitamente italico, il cinepanettone? Se ne discute dall’alba dei tempi. Se è vero che l’uscita natalizia ha sempre mantenuto i crismi dell’immancabile appuntamento nazionalpopolare con i nostri stereotipi linguistici, sul versante produttivo – prima ancora che nelle ambientazioni da tour operator – non va dimenticata la sinergia logistica e organizzativa con enti, film commission e maestranze autoctone dei tanti Paesi battuti in trasferta da Neri Parenti e soci. Con la scelta strategica della destinazione di turno che indirizzava la sceneggiatura e la scrittura delle gag nella writing room (mai il contrario), secondo un iter produttivo consolidato con pochi eguali, che ha fatto le fortune della longevità della serie. Da segnalare la coproduzione internazionale di Natale sul Nilo (2002), distribuito anche in lingua spagnola, al ritmo trainante dei balletti delle Las Ketchup. 

M – MULTIPLEX 

L’antro della Bestia. Il luogo deputato ad officiare il rituale natalizio. La caverna di Platone che ipnotizza la platea massificata del greve cinema di consumo, stipata nella bolgia di bibliche code al botteghino: questa la narrazione di benpensanti d’essai e intellighenzie varie, puntualmente mobilitate al rifiuto delle crasse logiche commerciali. Vero solo in parte, vista la sopravvivenza del trash rimediata su altri canali (vedi alla voce INSTANT MOVIE) e il progressivo interesse di nuovi e insospettabili pubblici.

N – NATALE 

L’ombelico del mondo narrativo, l’asse portante della cosmogonia Filmauro, il core-business dell’immaginario del cinepanettone. Non solo in funzione strumentale, tra luci, pacchi regalo e alberelli, ma fulcro di una precisa strategia dell’evasione negoziata tra personaggi e spettatori. Lontano dai buoni sentimenti, è il tempo ciclico della rivalsa di classe, della resurrezione orgiastica degli istinti. Il tempo sospeso e provvisorio dell’eterna pochade e della mascherata discinta. Il carnevale fuori stagione dove tutto si scollaccia, i tabù si infrangono, regole e ruoli sociali si invertono e si annullano. Vince “la burla”, lo sberleffo, l’infingimento elevato a sistema. Prima del grigio rientro nella normalità. Aspettando la prossima esotica meta.

O – OLDOINI, ENRICO 

Traghettatore della serie, con quattro pellicole tra fine anni ’80 e la caduta della Prima Repubblica, prima dell’intermezzo vanziniano post-Tangentopoli di S.P.Q.R. – 2000 e ½ anni fa. (1994), Oldoini ha il merito di affinare il potenziale della coppia comica Boldi-De Sica, forgiandone le prime scintille (già scoppiettanti nello Yuppies (1986) di Vanzina) in un quel canovaccio a orologeria che fungerà da scheletro per l’intera saga: tutto giocato sull’incrocio dei caratteri stridenti, sull’impatto esplosivo e imprevedibile dei due corpi comici (in Vacanze di Natale ’90, la spericolata gara in Ferrari sulle strade di Saint Moritz con successivo faccia a faccia – «da cazzo» – ha quasi il sapore di un’origin story). Oldoini abbandona presto l’unità di luogo del jet-set vacanziero (poi ripreso da Neri Parenti in Vacanze ’95 sulle nevi di Aspen) per allargare il range di personaggi e il registro comico a una serie di quadretti episodici, non sempre riusciti, sugli spettri politici, sociali e di costume (l’AIDS, la corruzione, lo scambismo ecc..) in voga nelle notti mondane e nelle turbolente cronache dei primi anni ’90. Sotto il suo operato, la prima, sovversiva trasformazione di Boldi e De Sica en travesti (in Anni ‘90).

P – PARENTI, NERI 

Regista vessato quant’altri mai, lui da par suo mite, sicuro e orgoglioso del suo mestiere di artigiano delle feste, senza complessi d’inferiorità (gustosissimo il racconto di aneddoti e curiosità dai set Filmauro raccolti nel libro Due palle… di Natale. Gli aneddoti e i retroscena dei miei cinepanettoni che non troverete su Wikipedia, Gremese, 2020). Infallibile shooter aziendalista e figura chiave della politique des auteurs cinepanettonara. Dopo l’apprendistato fantozziano, eredita i bozzetti agrodolci di vizi e virtù sociali da Vanzina e Oldoini e prende in consegna le redini della saga. Imprimendovi quella svolta verso la fisicità corporale e scatologica (via Massimo Boldi, in primis), il ritmo slapstick e arruffone, le comiche delle torte in faccia, l’elasticità fumettosa di un mondo-cartoon dove il trash, la commedia e il patinato si prendono a braccetto in grottesca assenza di gravità e di ogni falso pudore della verosimiglianza. C’è ancora chi, pur nell’era delle puntuali filmografie su Wikipedia, crede che molti dei suoi lavori li abbia girati Carlo Vanzina (e viceversa). In quel misto di diffidenza aprioristica e sufficienza distratta che ha sempre accolto l’uscita del prodotto di casa Filmauro. Sotto la sua guida, i più clamorosi successi economici del filone tra fine ’90 e primi 2000 (con l’exploit di Natale sul Nilo, 28 milioni di euro). Ritorna al timone degli appuntamenti natalizi, ma soltanto in streaming, con In vacanza su Marte. Ma i bei tempi sono ormai andati, insieme alle buone idee… 

Q – QUOZIENTE INTELLETTIVO 

Il mito, tutt’ora diffuso, dello spettatore-tipo del cinepanettone: decerebrato, poco istruito, di bassa alfabetizzazione generale e cultura cinematografica nulla, destrorso, razzista, sessista, omofobo, e chi più ne ha più ne metta (focus e profili puntualmente messi a verifica nel libro di O’Leary). Da par nostra, sorprende la visione semplicistica con cui si pensa a un soggetto vuoto, a quoziente zero, al quale somministrare immagini trash come in cura Ludovico, ottenendo in risposta bave pavloviane dei tontoloni di massa. C’è in parte del vero, ma è una visione fattasi limitante, per un prodotto ormai pienamente sdoganato in un’audience allargata e consapevole, disposta a divertirsi stando al gioco, ad amare gelosamente in privato ciò che pubblicamente disprezza.

R- ROMANCE 

Romanzo d’amor scortese. Un amor fou sui generi(s), quello dei cinepanettoni. In tutte le sue bizzarre declinazioni, segreti, derive, scoppiamenti, parossismi e proliferazioni extraconiugali (il Tri-vellone trigamo di Merry Christmas, per citare l’archetipo), da far invidia alla soap più sfacciatamente irreale: è il doppiofondo narrativo sotto il palcoscenico di recite e facce di bronzo stiracchiate fino al climax, in un girotondo impazzito e inesausto di fedifraghi, scappatelle, incontri ed incroci pericolosi, rivelazioni e fughe nell’armadio e sotto il letto. Dove la potenza del maschio è irrisa e frana ridicolmente sotto i colpi di un femminile non governabile. (vedi alla voce UOMINI)

S – SCULT e STRACULT 

(Con doveroso omaggio al fu programma di Marco Giusti e soci, che ci mancherà tantissimo). 

Dove archiviare il cinepanettone, se non nella fitta sezione del controcanone? Non è questione di palati (per quelli, vedi alla voce G), ma dello storicizzare un fenomeno caratterizzante e duraturo nel giusto contesto, con gli opportuni parametri di riferimento. Inutile sfanculare con snobismo l’innegabile risibilità del cinepanettone, mettendolo a confronto con le grandi commedie e gli autori di rango, a difesa del “buon cinema di qualità”. Ne ha preso atto anche un’istituzione come Paolo Mereghetti, che nelle ultime edizioni del celebre dizionario dedica un’ampia scheda tematica ai cinepanettoni. Non si tratta di rivedere il giudizio, rivalutare, di “cominciare a parlare bene di”, come talvolta si sente dire (ciò che è brutto resta brutto, e il bello, per chi lo apprezza, si difende da solo). Ma di dare rilevanza, la giusta dimensione critica a qualcosa che, piaccia o meno, si è insinuato come sonda invasiva nella sfera intestina(le) degli ultimi trent’anni di cinema italiano. 

T – TORMENTONI 

Il sale sulla coda delle gag, la linfa vitale di ogni cinepanettone che si rispetti, il biglietto da visita per conquistare l’eternità nell’immaginario collettivo dell’Italietta, non per forza col turpiloquio d’ordinanza. Il tormentone è la livella, il collante democratico tra i cavalli di battaglia delle prime donne (il «me la ciulano, me la ciulanoo!» di Boldi) e le macchiette di ficcante esattezza antropologica assurte all’Olimpo in un tic d’orologio (l’immortale «Alboreto is nothing» del cumenda in pole position Guido Nicheli in Vacanze di Natale)

U – UOMINI 

Che fanno tutt’altro che una bella figura. Ha ragione o esagera, O’Leary, quando oltre il voyeurismo e le tentazioni scopofile sul femminile vede nei cinepanettoni una costante, manifesta crisi del maschio, la congenita inadeguatezza del suo corpo costantemente deriso, umiliato, spernacchiato? In effetti, il tanto vituperato celodurismo machista dei neo-vitelloni delle feste mai davvero trionfa, e quasi sempre s’ammoscia. Tra un Boldi corpo infantile e asessuato, inerme preda delle fosche perversioni della modernità e di umilianti sottomissioni (il face sitting che gli tocca subire dal wrestler Rikishi in Natale a Miami), e un De Sica che spesso penosamente fallisce nella «prestazione turgida e Maiuscola», frustrando il desiderio delle giovani amanti (paradigmatica la decadenza castrata dell’ex “mandrillone di Frascati” di Natale a Miami).

V – VANZINA, CARLO 

Il papà dei film dei film delle feste è anche colui che ha sempre rifiutato, con evidente fastidio, l’etichetta “cinepanettone” appiccicata ai suoi film nostalgico-sentimentali. Pur abbracciando l’intera parabola in una personale trilogia tra la fondazione (Vacanze di Natale), il sequel-aggiornamento a cavallo del millennio (Vacanze di Natale 2000, 1999) e la celebrazione testamentaria in disfacimento e fuori tempo massimo (Vacanze di Natale a Cortina (2011), solo sceneggiato e affidato alla regia di Parenti). È in definitiva a lui, e a suo fratello Enrico, che si deve la persistenza dell’immaginario dell’arci-italiano in vacanza ruspante, cinico, superficiale e irresponsabile. Ragion per cui restano ugualmente amati e osteggiati, senza mezze misure. 

Z – SERIE Z 

Ovviamente non titolato a sedere nel Grande Cinema di serie A, nemmeno troppo assimilabile a logiche e generi del sottobosco B-movie, il destino del cinepanettone è quello di bypassare l’intero alfabeto di rating, scivolando dritto in zona retrocessione, in serie Z, in fondo alla nostra guida. 

Come postilla, facciamo dunque chiarezza su un’ultima cosa: più ancora che grottesche radiografie in diretta dell’evoluzione/involuzione dell’Italica stirpe – tasto un pò equivocato su cui battono gli autori stessi, sicuri d’aver descritto l’Italia e gli italiani meglio di un saggio storico – i cinepanettoni sono parodie surreali (ben prima che se ne accorgesse Boris e il suo Natale con la Casta). Non riflettono semplicemente il reale dal filtro comico, ma lo centrifugano e ripensano restituito in un pazzo mondo alternativo e platealmente inverosimile (pur colmo di product placement da scaffale consumista). Stanno al tessuto sociale e ai suoi (arche)tipi come i film di Scary movie stanno alla saga di Scream (1996): gioiosa e consapevole demenza metatestuale. “Senza paura. Senza vergogna. Senza cervello”. 

Per una scorpacciata di cinepanettoni, su Prime Video sono disponibili Paparazzi (1998), Vacanze di Natale 2000 (1999), Merry Christmas (2001), Natale sul Nilo (2002), Natale a New York (2006), Natale a Beverly Hills (2009) e Vacanze di Natale a Cortina (2011)

Questo articolo è stato scritto da:

Daniele Badella, Redattore