Continuano gli approfondimenti del Cinema Ritrovato e oggi tocca “Forever Sophia”, la rassegna dedicata alla grande e magnetica Sophia Loren che spazia dai suoi ruoli nei cult più misconosciuti di Charlie Chaplin o George Cukor, passando per il capolavoro di Scola, Una Giornata Particolare, e arrivando all’indimenticato e indimenticabile La Ciociara di Vittorio De Sica.

Il film ambientato nel 1943 e narrante il difficile errare verso il Basso Lazio della madre Cesira (Loren) e della figlia dodicenne Rosetta (Eleonora Brown), ha tutti i tratti per (poter) essere definito un film neorealista, eppure uscendo nel 1960 il neorealismo era già finito da un bel pezzo: siamo nell’Italia del boom economico e in cui cinematograficamente si inizia a sperimentare grazie all’esplosione universale di Rocco e i suoi fratelli, L’avventura e La dolce vita, triade filmica che spalanca le porte agli anni ’60 e che riflette sul presente e sul proprio contesto socio-culturale, discorsivizzando il trauma dell’apparente integrazione neocapitalistica e del consolidarsi del boom economico (riflessione sociopolitica per Visconti, esistenziale per Antonioni e della coscienza etica per Fellini).

Tuttavia, La Ciociara evidenzia come per De Sica le ferite fossero ancora ben aperte, come fosse rimasta ancora qualche piaga da curare e come si sentisse ancora il forte bisogno di parlare di Resistenza, sfruttando il neorealismo per arrivare diretti alle coscienze delle persone.

In questo contesto, l’operazione è costruita a tavolino da Ponti e De Sica: siamo di fronte a un ‘neorealismo d’esportazione’, testimoniato sia dal lancio internazionale della Loren secondo il più puro modello divistico hollywoodiano (vittoria agli Oscar), sia da un Jean-Paul Belmondo incastonato quasi a forza (nel ruolo di Michele: sempre strepitoso) ma anche per la sua natura di adattamento di un best seller (l’omonimo romanzo di Moravia).

Guardando oggi a La Ciociara assistiamo a un immenso omaggio al neorealismo ma non fine a sé stesso. I film universali sono quelli che ancora a distanza di decadi riescono a essere attuali e portavoce di un messaggio immutabile, ed è questo il caso: oggi il film di De Sica – nel suo rimarcare l’urgenza del ricordo delle oscenità e del terrore bellico – risulta ancor più necessario. Ancora, nel 2022, dopo 62 anni, non abbiamo imparato la lezione.

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Alberto Faggiotto, Redattore