“L’autenticità, per Stroheim, è il momento in cui il bluff viene visto, in cui il cinema, aggirando la realtà, scopre il volto nascosto dei personaggi” (F. Savio).

Nella terza giornata dedicata al Festival del Cinema Ritrovato parliamo del capolavoro del 1922 Femmine folli (Foolish Wives) di Erich von Stroheim, facente parte della rassegna dedicata alle pellicole uscite esattamente 100 anni fa. Nel presentare questo restauro, Cecilia Cenciarelli, una delle direttrici artistiche del Festival del Cinema Ritrovato, insieme a Robert Byrne del San Francisco Silent Film Festival, e a Dave Kehr del MoMA, hanno trasmesso al pubblico di Piazza Maggiore una grande passione e un immenso amore per la settima arte, raccontando quanto sia stato difficile il restauro di quest’opera, tra negativi andati perduti e coincidenze che hanno permesso la salvaguardia di pochissime copie.

Il terzo lungometraggio di Erich von Stroheim, costato la cifra record di 1 milione di dollari, presentava un girato originale di più di 6 ore, una lunghezza monstre che la Universal, casa di produzione della pellicola, decise di tagliare di due terzi per permettere una doppia proiezione in una singola serata. La versione acquistata dal MoMA era stata ulteriormente tagliata senza la supervisione del regista; proprio questa copia venne utilizzata per ottenere il restauro odierno, che seppur non riporta alla luce i tagli effettuati in origine, ordina le scene in maniera più vicina possibile alle originali intenzioni dell’autore.

Il 1922 è l’anno di capolavori come Nosferatu di F. W. Murnau, o ancora il Dr. Mabuse di Fritz Lang e Nanuk L’eschimese di Robert J. Flaherty; si iniziava a dar vita ad opere sempre più complesse e sfaccettate, che ben presto sarebbero entrate a far parte dell’immaginario collettivo. Erich von Stroheim, nonostante tra il pubblico odierno non goda della fama di alcuni suoi colleghi europei come Fritz Lang o Friedrich W. Murnau, è stato senza dubbio uno dei più grandi cineasti del cinema degli anni ‘20, un autore che ha contribuito a rendere il cinema una vera forma d’arte. Considerata una grandissima personalità del cinema muto, infatti, fu tra i più importanti sostenitori di questo mezzo come forma artistica epica e colossale, proprio per questo andava a ricreare scenografie sfarzose e iperrealistiche utilizzando le sue capacità registiche come un mezzo per raggiungere tali obiettivi. Oltre che regista, Erich von Stroheim fu anche un grande attore: grazie ai suoi duri, netti e scavati lineamenti del volto, risultava perfetto nelle interpretazioni di personaggi malvagi e psicopatici, furbi (o presunti tali) e maliziosi.

In Femmine folli tutte queste caratteristiche sono più che evidenti. Il film è incentrato tutto sul personaggio del Conte Sergius Karamzin che, spalleggiato da due fantomatiche cugine, tenta in tutti i modi di soggiogare la moglie di un diplomatico statunitense al fine di sottrarle denaro. La vicenda è ambientata a Montecarlo, città che ci viene mostrata in tutto il suo splendore grazie all’uso sapiente di una macchina da presa la quale, nonostante per forza di cose risulta quasi sempre fissa (i mezzi non erano certo quelli odierni), riesce comunque nella costruzione di inquadrature sapientemente studiate per mostrare la scena nel modo più chiaro possibile allo spettatore. Da regista, von Stroheim riesce a dar vita ad una Montecarlo a dir poco vivace e movimentata, oltre che incredibilmente realistica, e con la stessa cura vengono resi gli interni della reggia nobiliare. Il personaggio da lui interpretato, il Conte Sergius Karamzin, è oltremodo iconico. Impossibile non pensare a quanto, negli ultimi 100 anni, questo personaggio sia stato fondamentale per creare un certo immaginario del villain archetipico. Non possiamo, infine, non menzionare quella che, a parere di chi scrive, è la scena migliore del film, ovvero l’incendio sulla torre che, anche grazie alle meravigliose musiche scritte e dirette da Timothy Brock ed eseguite dal vivo dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna in occasione del Cinema Ritrovato, trasmette un’adrenalina e una suspense invidiabili.

Foto di Margherita Caprilli

Erich von Stroheim mette in scena, con una lucidità davvero rara, un mondo ed una società postbellica (il film è ambientato subito dopo la Grande Guerra) senza alcun valore morale, ipocrita, disturbata e disturbante, concentrandosi soprattutto sulla -presunta- aristocrazia incarnata dal Conte Sergius Karamzin. Un film da recuperare e custodire con cura, un’opera preziosa che grazie al Cinema Ritrovato siamo stati in grado di apprezzare sul grande schermo accompagnati da una meravigliosa Orchestra. 

“Che film guarderà il pubblico tra 100 anni? Esisterà ancora un pubblico come lo intendiamo noi?” Con queste parole, Cecilia Cenciarelli, presentava il restauro di questo capolavoro. Noi non possiamo sapere che tipo di pubblico e che tipo di opere saranno proiettate e apprezzate nel 2122, ma di una cosa siamo certi: non ci stancheremo mai di ammirare capolavori di questo calibro.

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Rosario Azzaro, Direttore editoriale