“The Driver fu un vero flop al botteghino… fortunatamente non ci feci troppo caso perché stavo già girando il film successivo (I Guerrieri della notte), che fu un successo e mi salvò da anni di disoccupazione… che strano modo che ha Hollywood di guadagnarsi da vivere…”
Ha esordito così Walter Hill di fronte all’emozionato pubblico del Cinema Arlecchino di Bologna, in occasione del festival Il Cinema Ritrovato. Parole non troppo tenere nei confronti dell’industria hollywoodiana, ma non prive di fondamento: il regista di Driver l’imprendibile, I guerrieri della notte, 48 ore, Johnny il bello, Strade di fuoco e tante altre pietre miliari, negli ultimi vent’anni è riuscito a trovare i finanziamenti per soli tre film (di cui l’ultimo, Nemesi, risale a ben sei anni fa).
Allora dobbiamo ringraziare la Cineteca di Bologna e tutti i collaboratori se oggi possiamo (ri)scoprire il capolavoro cult di fine anni ‘70, Driver l’imprendibile, in una meravigliosa edizione restaurata in 4k.
Niente finanziamenti, eppure il film pare aver fatto scuola: nemmeno Drive di Nicolas Winding Refn è riuscito a riportare in auge la fama del lavoro di Hill – nonostante più che trarne ispirazione ne abbia effettuato un remake-omaggio, a partire dal protagonista sempre definito col solo appellativo di “pilota” -, così come nemmeno Baby Driver di Wright (stesso procedimento di Refn ma tramite il medium musicale).
Cosa possiamo imparare ancora oggi dal cult del 1978? Walter Hill (assieme a tutto il reparto tecnico e attoriale) ci insegna come girare scene action al cardiopalma pur mantenendo la regia solida e quadrata, come montare gli inseguimenti perché non risultino epilettici o come caratterizzare a fondo i personaggi pur non assegnando loro dei nomi (abbiamo “Driver”, “La Giocatrice” e “Il Detective”)… l’ultimo espediente vi ricorda qualcuno? Esatto: Tenet. Passare dall’action alla fantascienza è un attimo, ma Nolan con il suo “Protagonista” (John D.Washington) utilizza lo stesso e identico escamotage (oltre ad esserci un inseguimento in macchina degno di Driver). Insomma, l’eredità del cult del 1978 è ben evidente ancora oggi nel cinema hollywoodiano, ma fatica ad essere percepita dal grande pubblico.
E’ un vero peccato, perché c’è così tanto Cinema dentro Driver l’imprendibile: il neo-noir, l’action, il thriller, la commedia (in certi punti il regista si dimostra un vero e proprio punch liner), arrivando sino alla rivisitazione del western in salsa notturno-metropolitana (il “Pilota” è addirittura chiamato ironicamente “Cowboy” dal detective).
Forse la scelta della Cineteca di Bologna di trasmettere il film subito dopo Le Samouraï di Melville non è casuale: anche nel poliziesco-noir del 1967 molti personaggi principali sono privati dei loro nomi e quello principale è un criminale solitario senza scrupoli. Ma se nel capolavoro di Melville l’assassino segue l’etica di un Samurai, Hill compie un gesto tanto identico quanto ancor più rivoluzionario: per la prima volta nel cinema action vediamo protagonista l’autista, colui che solitamente era messo in disparte o che assumeva il ruolo di vittima sacrificale, dopo aver aspettato il compimento della rapina dentro l’auto a motori accesi. Basta così poco per rinnovare il cinema. Certo: se ti chiami Walter Hill.
Speriamo di rivederlo presto sul grande schermo. Magari con un nuovo progetto…
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