Quando si parla del cinema di Wes Anderson, le persone tendono ad associare alle sue pellicole colori pastello, inquadrature maniacalmente simmetriche e personaggi stravaganti in contesti vagamente realistici.
Tutto vero, non c’è dubbio. Ma cerchiamo di capire più approfonditamente come nel giro di pochi decenni il regista texano sia riuscito a creare il suo piccolo microcosmo.
“La prima cosa che volevo fare quando ero piccolo era diventare un architetto.”
La peculiarità dello stile di Wes Anderson ricade soprattutto nella perfetta architettura delle sue inquadrature, notoriamente simmetriche e perpendicolari. Si parla in questi termini di “composizione planimetrica”, dove lo sfondo di una certa scena appare piatto, quasi finto rispetto alla macchina da presa, per concentrare l’attenzione sul personaggio in movimento; si aggiunge poi un montaggio denominato “compass point editing”, dove la cinepresa si muove staticamente sui quattro punti cardinali, anche quando si usano piano-sequenza orizzontali e verticali.
I personaggi di (in ordine da sinistra verso destra): Moonrise Kingdom (2012), Fantastic Mr. Fox (2009) e Grand Budapest Hotel (2014)
Tutto queste tecniche cinematografiche, assieme ai colori e ai costumi — che creano ambienti perennemente intrappolati in un limbo simile ai nostri anni 80 — definiscono un’atmosfera di grande plasticità e finzione, che giocano un ruolo fondamentale nell’approccio alla narrazione del regista.
In molti film — come Rushmore e The Royal Tenenbaums — sono diversi i richiami all’infanzia di Anderson, alla sua famiglia e all’ambiente in cui egli è cresciuto. Il suo scopo è di rivivere quei momenti come se si stesse vivendo una favola, leggendo un libro o semplicemente guardando un film, ed è per questo che la maggior parte delle sue pellicole sono divise in atti, capitoli o fasi, hanno addirittura un narratore onnisciente (come nel caso di The Life Aquatic), oppure alternano vari rapporti d’aspetto per sottolineare il filo narrativo a cui ci si sta riferendo (come nel caso di The Grand Budapest Hotel).
Anderson va quindi volutamente contro il Naturalismo del cinema, facendo sentire lo spettatore onnisciente sulla scena, creando un’atmosfera deliziosamente in bilico tra il reale e l’artificioso, come se fossimo all’interno di una vera e propria favola Disney.
I PERSONAGGI
Seppur la cornice appaia la più idilliaca possibile, come decantano gli stessi I Cani nella loro canzone intitolata “Wes Anderson”, “i cattivi non sono cattivi davvero/ma anche i buoni non sono buoni davvero” nelle pellicole del regista, ed ogni personaggio non appare per ciò che ci s’immagina, a cominciare dai più piccoli.
Nei film di Wes Anderson, i ragazzini sono presentati come veri e propri adulti, sia nel loro modo di fare e di vestirsi, sia tramite le loro ambizioni, i loro sogni e i loro obiettivi. Ne è esempio Zero in The Grand Budapest Hotel, figlio di immigrati che scappa dalla guerra per potersi assicurare un lavoro come garzoncello nel prestigioso hotel affianco a Monsieur Gustave, imparando il mestiere in modo impeccabile e cercando in tutti i modi di aiutare il suo superiore, anche quando finirà in prigione per delle false accuse.
Nonostante ciò, i ragazzini si sentono ugualmente in dovere di conformarsi alla società che li circonda, come Max Fisher in Rushmore (il film con più riferimenti biografici, a detta di Anderson) così desideroso dell’approvazione dei suoi compagni di liceo che si iscriverà a tutti i corsi possibili, diventerà presidente di club insignificanti e sognerà di essere il più intelligente della classe.
Altri invece, come Sam e Susie in Moonrise Kingdom, adotteranno soluzioni più impulsive, e fuggiranno direttamente in mezzo al bosco e sulla spiaggia, ballando e cantando lontani dalle loro responsabilità e dalle loro famiglie, con la grande promessa di amarsi anche “se non sanno di cosa stanno parlando”.
Moonrise Kingdom (2012)
Dall’altra parte, se la gioventù dona grandi speranze e numerose aspirazioni, l’età matura ci porta ad affrontare la dura realtà. Steve Zissou, protagonista di The Life Aquatic, è insoddisfatto della sua vita e si sente continuamente perseguitato dal suo passato, prima dalla morte del suo migliore amico e poi dall’apparizione improvvisa di un figlio illegittimo.
I figli di Royal Tenenbaum in The Royal Tenenbaums mostrano sin da piccoli i loro grandi talenti come manager, attrice e astro nascente del tennis, ma scemeranno col tempo senza un giusto sostegno da parte del padre, facendoli diventare fantasmi di sé stessi, con problemi di alcol, depressione e droga.
Come si può notare, nonostante i colori sgargianti e l’estetica appagante dei film di Wes Anderson possano ingannare l’occhio meno attento dello spettatore, questo non significa che si debbano presupporre dei personaggi caricaturali e superficiali, con delle storie banali e al limite del lieto fine.
LO HUMOR
Le pellicole di Wes Anderson possono definirsi in tutto e per tutto delle commedie, ma vediamo come il regista-scrittore cerca di creare situazioni comiche anche i mondi all’apparenza perfetti e raffinati.
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L’INTERRUZIONE DEL PERSONAGGIO
Monsieur Gustave in The Grand Budapest Hotel è un uomo ineccepibile in tutto quello che fa, educato, cordiale, zelante, incarna perfettamente quello che il gestore di un hotel dovrebbe rappresentare. L’ilarità del personaggio sopraggiunge quando accade tutto il contrario: Monsieur Gustave perde le staffe e inizia a spergiurare, utilizzare blasfemie e insultare le persone con cui sta discutendo.
Famosa la scena in cui, dopo essere stati interrotti da una sortita nazista sul treno ed essere stati trattai bruscamente colpiti poiché considerati non in regola, il concierge inizia una lunga elucubrazione filosofica sulla vita e la natura umana con il suo garzoncello Zemo, per poi concludere il tutto con un sonoro “Fuck it”.
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A MALEDUCAZIONE FUORI CONTESTO
Sempre in The Grand Budapest Hotel (picco della comicità di Wes Anderson, a mio parere) assistiamo alla lettura del testamento di Madame D, in cui si scopre che tutta la sua eredità viene lasciata ad unica persona: Monsieur Gustave, suo amante durante i soggiorni all’hotel e che interrompe la scena proprio in quel momento. Il figlio Dmitri si oppone prontamente alla cosa e inizia ad accusare il concierge di essere l’assassino della donna, e che mai una persona del genere avrebbe potuto amare sua madre. La situazione degenera quando M. Gustave ribatte alle sue offese e i due finiscono per prendersi a pugni in una scazzottata a dir poco comica.
In conclusione, possiamo dire che i film di Wes Anderson non si fermano ad essere banali film esteticamente appaganti, ma nascondono sotto i bei colori e inquadrature perfette trame profonde, ricche di personaggi buffi, ironici e unici nel loro genere.
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