Ad oggi ci riferiamo al cinema come “la settima arte”, e non penseremmo mai di dubitare che appartenga a un ambito di studio umanistico. All’epoca della sua diffusione tuttavia (dal 1896 per circa il primo decennio del ‘900) il cinema venne guardato con circospezione e confusione nel definirlo. Diversi anni furono necessari, infatti, perché lo si cominciasse a considerare tale. Inizialmente destò l’attenzione non tanto di chi aveva competenze umanistiche quanto di scienziati, psicofisiologi e neurologi che erano interessati a studiarne gli effetti sulla visione e sulle malattie nervose. Neanche vi era una vera critica, poiché mancavano ancora dei valori estetici a cui rifarsi.
La situazione cambiò nel corso del decennio, quando si sentì l’esigenza di nobilitare il mezzo cinematografico per cercare di suscitare l’interesse delle classi dirigenti.
I modelli a cui ci si rifece furono quelli dell’arte e della cultura amate dai ceti dominanti, ossia pittura, letteratura, teatro.
Un caso particolare fu quello della casa di produzione “Film d’arte italiana”, nata nel 1908 con l’intento specifico di produrre film esteticamente artistici.
Sulla stessa via di quest’ultima si muovono anche le altre case italiane di questo periodo, per ergere culturalmente i film offerti. Da ricordare Inferno (1911) della Milano Films, che riprodusse, tra le 54 scene di cui il film si compone, dei quadri animati ispirati alle illustrazioni del pittore francese Gustave Doré.
All’interno di questo panorama il colore ebbe un ruolo importante e discusso.
IL COLORE COME SIMBOLO CULTURALE
Comunemente si crede che nel cinema il colore sia sopraggiunto solo dopo diversi decenni di sperimentazioni, dopo un lungo periodo di dominio del bianco e nero. Non è proprio così. In realtà già i primi film dell’epoca delle origini erano a colori, e la colorazione avveniva a mano con dei piccoli pennelli, su una pellicola che non riusciva a catturare l’intero spettro cromatico. Non si può parlare davvero di un’epoca del colore e di un’epoca del bianco e nero, poiché quest’ultimo inizia ad essere sfruttato non solo dopo la fase delle origini in cui era necessaria la spettacolarità cromatica per attrarre il pubblico, ma anche durante il suo periodo di splendore il colore non viene mai del tutto lasciato da parte.
Strumento utile per definire il cinema in una fase in cui si stava ancora affermando, il colore viene mutuato dalla dimensione spettacolare precedente, prestando fedeltà alla codificazione culturale che lo accompagnava.
La “teoria dei colori” (1810) di Goethe e gli studi sul cerchio cromatico di Chevreul avevano contribuito a fissare un preciso immaginario.
IL BIANCO E NERO
Fu tra gli anni ’10 e ’20 che il cinema raggiunse definitivamente valenze estetiche e artistiche. Di conseguenza le riflessioni sull’ontologia del mezzo da parte degli intellettuali portarono alla conclusione che il mezzo dovesse realizzare la propria vocazione nell’orizzonte della sua riproducibilità tecnica. Vale a dire condannare le tecniche di colorazione a mano della pellicola e sfruttare quanto la macchina da presa potesse offrire in sé. Queste istanze puriste nel corso dei decenni successivi si contrapposero al fascino del colore fino alla definitiva rivalsa e affermazione di quest’ultimo, negli anni ’60.
L’ “IMMAGINE IBRIDATA”
A metà tra la riproduzione fotografica e l’opera pittorica, è in questo modo che l’immagine cinematografica colorata delle origini venne definita da Philippe Dubois. L’immagine ibridata spinge a ulteriori riflessioni sul nuovo mezzo. Cosa è quindi il cinema? A che ambito appartiene? Perché i colori?
Il pubblico esigeva che i colori fossero aderenti alle figure per accettare l’immagine cinematografica come “ben riuscita”. Dal punto di vista dei cineasti, era necessario ingegnarsi quanto possibile per ottenere l’effetto coloristico desiderato.
Georges Méliès è un perfetto esempio di attento architetto dei colori. La pellicola utilizzata all’epoca (ortocromatica) non era sensibile a molti dei colori dello spettro, che apparivano come macchie scure su cui era difficile anche applicare il colore manualmente.
Come ottenere dunque la tonalità desiderata? Lavorando su un set in cui tutti gli oggetti fossero di diverse tonalità di grigi, in modo da neutralizzare la determinata sensibilità della pellicola e ottenere una migliore trasparenza per poi applicarvi qualsiasi colore si fosse voluto.
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