A causa della sua enorme potenza espressiva, il cinema è stato spesso guardato con diffidenza e timore da tutti coloro che vedevano in questo mezzo una possibile minaccia. Le varie forme di censura che si sono sviluppate nel mondo (qui abbiamo parlato della storia della censura in Italia) hanno senz’altro risentito dei diversi contesti storici e politici delle realtà nazionali in cui si sono innestate, e persino gli Stati Uniti, spesso considerati come il paese della libertà, non sono stati estranei a questo tipo di disposizioni.

THE FIVE CENT THEATRE

L’industria cinematografica statunitense è stata quella che, nel mondo, si è consolidata più velocemente, fino ad affermarsi già dai primi anni Venti come industria leader del settore. Questo sviluppo è andato di pari passo con il crescere della preoccupazione riguardo agli effetti sociali e morali del cinema, tanto che già nel 1907, il quotidiano Chicago Daily Tribune pubblicava l’articolo The five cent theatre, condannando il cinema dell’epoca e accusandolo di corrompere moralmente gli individui. Fin da subito, dunque, le grandi case di produzione hollywoodiane (le cosiddette majors) hanno dovuto scontrarsi con i primi provvedimenti in materia di censura. Va però precisato che, a differenza di quanto accaduto in Italia o in altri paesi, negli Stati Uniti non è mai esistita una vera e propria censura cinematografica di derivazione governativa su scala nazionale federale. La libertà di espressione è infatti protetta dal primo emendamento della Costituzione statunitense, che però, nel salvaguardare la libertà di parola e di stampa, vieta al solo Congresso di promulgare leggi che restringano queste libertà. Questa specifica ha a lungo consentito ai governi dei singoli stati o delle singole città di approvare leggi che limitassero tali diritti senza che queste fossero considerate delle violazioni della Costituzione.

CENSURA E AUTOCENSURA: LE PRIME LEGGI LOCALI

La prima forma di censura a livello locale venne istituita proprio a Chicago nel 1907. Essa dava l’autorità al capo della polizia locale di decidere cosa potesse essere proiettato nelle prime sale cinematografiche. L’esempio di Chicago venne presto seguito da altre città, e così, preoccupate per il possibile diffondersi di questi provvedimenti, le case cinematografiche iniziarono a comprendere l’esigenza di organizzare una propria autocensura, per evitare l’approvazione di forme di controllo governativo troppo stringenti. Negli anni seguenti, alle forme di censura locali si sovrapposero quindi i primi tentativi di organizzazione su scala nazionale da parte dei produttori. Nel 1908 la Motion Picture Patents Company fu la prima società di produttori con il compito attivo di revisione cinematografica. Ad essa fece seguito, nel 1916, la National Association of the Motion Picture Industry, con la quale le case cinematografiche rinnovavano il loro impegno nell’autoregolarsi tramite una lista di prescrizioni, chiamata Thirteen Points, che vietava la rappresentazione di violenza, spargimenti di sangue, amori illegittimi, mancanza di rispetto della legge e forme di schiavitù nei confronti di bianchi.

LA RIORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA: IL CODICE HAYS

Nonostante queste linee guida, la censura continuava ad essere gestita diversamente da stato a stato, e questo, anche a causa del sistema di distribuzione sul territorio nazionale e dell’importazione delle pellicole dall’estero, causava confusione tra le diverse fonti normative. La razionalizzazione del sistema venne affidata a una nuova associazione di produttori e distributori, la Motion Picture Producers and Distributors of America (MPPDA), fondata nel 1922 e più tardi rinominata Motion Picture Association of America (MPAA). Essa si occupò di creare un unico sistema di self-regulation, istituendo un Ufficio dedicato, comunemente conosciuto come Hays Office, dal nome del suo primo presidente William Harrison Hays (foto in copertina). Così, proprio nel periodo in cui in Italia iniziavano a essere attuati i primi provvedimenti censori di stampo fascista, sull’altra sponda dell’Atlantico prendeva forma il primo vero progetto organico di autocensura dell’industria cinematografica.

L’Ufficio Hays aveva il compito di elaborare un codice di autocensura valido su tutto il territorio statunitense, in modo da scongiurare definitivamente la nascita di qualsiasi forma di censura nazionale di derivazione governativa. La prima versione del codice, la Don’ts and Be carefuls, venne distribuita agli studi cinematografici nel 1927, e conteneva le indicazioni riguardo tematiche da evitare o da affrontare con cautela. Le case di produzione non avevano però l’obbligo di sottoporre le opere al giudizio dell’Ufficio, e anche per questo motivo nel 1930 si provvide alla creazione di un nuovo codice, il Motion Picture Production Code, famoso come Codice Hays. Esso aveva funzione morale, ideologica e politica, stabiliva ciò che poteva definirsi appropriato o inappropriato e provvedeva a disciplinare diverse tematiche: i crimini contro la legge, la sessualità, la volgarità, l’oscenità, le imprecazioni, i costumi, i balli, la religione, le scenografie, il sentimento nazionale, i titoli, i soggetti sgraditi. Gli studios erano ora obbligati a sottoporre le sceneggiature alla revisione, ma l’efficacia di questa disposizione venne compromessa dal fatto che, contro le decisioni della commissione, era prevista la possibilità di appellarsi a una commissione di produttori. Inoltre, le difficoltà economiche degli studi cinematografici causate dalla crisi del 1929, fecero sì che essi iniziassero a ignorare il Codice, facendo largo uso di tematiche sessuali e di violenza per attirare un pubblico più ampio.

La situazione cambiò nel 1934, anno in cui i vescovi cattolici, preoccupati per la moralità del cinema americano, costituirono la fondazione della Legion of Decency, che operava in modo alternativo rispetto agli organismi della MPPDA. La minaccia del boicottaggio da parte del mondo cattolico, persuase l’associazione della necessità di imporre il proprio Codice in maniera più rigorosa. L’Ufficio Hays fu sostituito dalla nuova Production Code Administration, posta sotto la direzione del cattolico conservatore Joseph Breen e incaricata di far rispettare il Codice. Da questo momento, in caso di mancata approvazione della sceneggiatura o della pellicola ultimata, i film venivano definitivamente esclusi dai circuiti della grande distribuzione.

L’ATTUALE SISTEMA DI REVISIONE

Per tutti gli anni in cui il Codice restò in vigore, la produzione cinematografica venne profondamente influenzata dalle sue disposizioni restrittive ma, già negli anni Quaranta, il progresso della società, la segmentazione del pubblico e la concorrenza dei film stranieri e della televisione avevano portato a numerosi rimaneggiamenti delle linee guida imposte. Fu però dagli anni Cinquanta che questo modello iniziò a dimostrarsi sempre più insostenibile, specialmente nel contesto della Guerra Fredda, in cui gli Stati Uniti cercavano di promuoversi come i massimi difensori della libertà di espressione. La forma di autocensura delle organizzazioni private era ormai inadeguata rispetto all’evoluzione della società, e molti produttori iniziarono a violare sempre più spesso le norme.

L’abolizione del Codice Hays avvenne nel 1968 per opera di Jack Valenti, il nuovo presidente della MPAA. Al suo posto venne introdotto un sistema di classificazione dei film in base al loro contenuto. Questo sistema di movie rating, che è tutt’oggi in funzione, è di tipo volontario e non è rinforzato dal alcuna legge. Esso si basa sulla nozione di “oscenità variabile” e contempla il fatto che non tutti i film siano adatti a tutti i tipi di audience, ma che debbano invece essere suddivisi in categorie a seconda del pubblico per cui sono adatti. La classificazione è affidata a una commissione chiamata Classification and Rating Administration. Essendo il sistema di tipo volontario, i produttori sono liberi di non presentare le proprie opere per la classificazione, ma di norma molti esercenti si rifiutano di proiettare film che non siano stati precedentemente classificati.

Va detto, in conclusione, che la storia della censura negli Stati Uniti non può essere ricondotta soltanto a un susseguirsi di leggi, associazioni e codici. Anzi, essa è stata in molte occasioni soggetta a ingerenze di tipo politico e ideologico che hanno influenzato non solo le modalità di rappresentazione, ma spesso anche le tematiche e le tipologie delle produzioni cinematografiche.

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Anna Negri, Redattrice