La prima giornata al Lido scorre tra il ritorno di un personaggio amatissimo dal pubblico, la visione del rapporto con la morte di un autore italiano e un documentario sperimentale sulle diverse forme di amore
Beetlejuice Beetlejuice, di Tim Burton (Venezia 81 – Fuori Concorso)
Il film d’apertura dell’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è il sequel del classico di Tim Burton a più di 30 anni di distanza dall’originale, un inizio scoppiettante e sicuramente adatto a strizzare l’occhio ad un pubblico affamato di star e di cinema pop dopo un anno di assenza causa sciopero. Il nuovo film di Tim Burton è sicuramente molto più convincente dei suoi ultimi lavori, e risulta anche più spassoso dell’originale, pur avendo meno forza narrativa e meno fascino artigianale nelle scenografie e negli effetti. L’amore ritorna come tema centrale, stavolta anche nelle sue forme meno pure e più arriviste, il gusto del macabro invece c’è sempre. Michael Keaton tende forse ad apparire meno come mattatore assoluto e più come trickster, Jenna Ortega vince il confronto con la sua mamma on screen Wynona Rider
Nonostante, di Valerio Mastandrea (Orizzonti – Concorso)
Ad aprire la sezione Orizzonti è il secondo lungometraggio di Valerio Mastandrea (e viene da chiedersi se un film diretto da uno degli attori principali d’Italia sia adatto a questa sezione) che sicuramente ha un’idea di cosa vuole mostrare
In un ospedale romano troviamo un gruppo di “spiriti” di pazienti in coma che interagiscono tra loro e osservano il mondo circostante in perenne attesa della fine. Tutto cambia quando uno dei pazienti (Mastandrea) si innamora della nuova arrivata (Dolores Fonzi). La storia d’amore, tecnicamente il motore pulsante della vicenda, fa emergere proprio le parti più deboli e a tratti imbarazzanti del film, che risulta sicuramente più interessante nei momenti in cui vengono mostrate le diverse reazioni dei personaggi alla loro condizione (repulsione, sdrammatizzazione, rassegnazione). Certo che anche così il rischio di mostrare una versione di Braccialetti Rossi per adulti c’è. Forse una regia meno vanitosa e una scelta delle musiche meno astrusa avrebbero aiutato. Resta comunque il tentativo di voler mostrare un’idea di fantastico e di rappresentazione del confine morte/vita che in Italia sembra sempre difficile mettere in scena.
Coppia Aperta quasi Spalancata, di Federica di Giacomo (Giornate degli Autori – Fuori Concorso)
Film d’apertura, fuori concorso, per la sezione Giornate degli Autori, il nuovo lungometraggio di Federica Di Giacomo parte dal testo classico di Franca Rame per muoversi sul crinale tra documentario, finzione e teatro filmato parlando di Coppie, famiglia, monogamia e poliamore attraverso tre storie.
Quella dell’attrice Chiara Francini, con la sua rappresentazione del testo di Rame, i suoi rapporti con genitori, marito/produttore e colleghi, e i suoi incontri con gruppi di discussione su tematiche sentimentali, quella di Alessandro Federico, il collega di Chiara alle prese con una carriera e una vita sentimentale traballanti, e quella di una famiglia poliamorosa composta da Sara, Daniele, Efrem e la piccola Chloe. Un bel tentativo di cinema contemporaneo, che prova a fare vari salti mortali tra le sue varie nature a volte disorientando lo spettatore ma che sicuramente prova a mettersi sullo stesso piano di chi guarda, ed è più interessato a instillare dubbi e generare risate che a dare lezioni

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