La settima giornata al Lido prosegue tra un’opera emergente estremamente derivativa, uno scivolone di uno dei più grandi maestri in concorso e una follia d’autore
The Harvest, di Athina Rachel Tsangari (Venezia 81 – Concorso)
In un luogo e un’epoca indefiniti un villaggio di agricoltori vive una settimana in cui si susseguono una serie di eventi assurdi e drammatici.
Film che quasi flirta col western senza essere ambientato esplicitamente negli Stati Uniti e col folk horror nonostante non presenti di veramente orrorifico, prendendo un po’ da The Wicker Man e un po’ da Dogville e un po’ da Lanthimos, presentandoci un Caleb Landry Jones finalmente in un film più dignitoso del Dogman dello scorso anno e un Harry Melling incredibile nel suo ruolo di padrone senza la minima spina dorsale. Superstizione e religione, sia nelle forme più pure e caritatevoli sia in quelle più ottuse e malvagie, vengono spazzate via dalla modernità, dal pragmatismo e dal capitale. E allora spettatore viene da chiedersi se forse, per una volta, non sia davvero meglio essersi lasciati un certo tipo di vita alle spalle.
The Room Next Door, di Pedro Almodòvar (Venezia 81 – Concorso)
Una famosa scrittrice riprende il contatto con una vecchia amica alle prese con un male incurabile e con il desiderio di morire secondo la sua volontà.
Prima produzione statunitense per il maestro spagnolo che forse risente del cambio di lingua nella potenza e nella teatralità dei dialoghi che soprattutto nella prima parte risultano piuttosto frivoli e a tratti idioti. Se Tilda Swinton risulta comunque magnifica nel suo personaggio, Julianne Moore (tecnicamente lei protagonista motrice del film) ne esce veramente depotenziata. Interessantissimo il rapporto con gli scenari circostanti e la ricerca della vita attraverso l’arte e la bellezza, ridicole le scene flashback e alcune massime declamate a voce squillante. Finora la delusione più grande del Concorso.
Baby Invasion, di Harmony Korine (Venezia 81 – Fuori Concorso)
Seconda follia presentata sul Lido da Harmony Korine fuori concorso, dopo il frenetico Aggro Dr1ft dello scorso anno.
Se il precedente risultava più che altro un giocattolone psichedelico, una quest di GTA con i demoni ad infrarossi, qui nella sua inspiegabile follia percepiamo comunque una sorta di critica alla visione multimediale, alla distinzione sempre più debole tra realtà e schermo, tra la violenza insensata e una certa innocenza sporcata o mai esistita (troviamo ovunque bambini e coniglietti).
Irricevibile al di fuori del contesto, e agli occhi di moltissime persone apparirà senza valore. Piacerà solo a chi vuole piacere.
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