La quarta giornata sul Lido ci vede immersi nel Concorso: medici italiani nella seconda guerra mondiale, un thriller politico nel Midwest americano degli anni ‘80, la vita di un architetto ebreo nel secondo dopoguerra. Abbiamo anche tempo per una storia assurda in Orizzonti
Campo di Battaglia, di Gianni Amelio (Venezia 81 – Concorso)
Nuovo viaggio di Gianni Amelio sul Lido a due anni di distanza dallo splendido Il Signore delle Formiche e a 26 anni di distanza dal Leone d’Oro di Così Ridevano. Liberamente tratto dal romanzo La Sfida di Carlo Patriarca.
In un ospedale militare italiano durante la Prima Guerra Mondiale Stefano (Alessandro Borghi) è un medico, apparentemente remissivo nei confronti del suo intransigente amico e superiore Giulio (Gabriel Montesi), ma nasconde un grande segreto.
Apparentemente classico (per non dire passatista e borghesissimo come tipico di Amelio, il film ci mostra l’inconsistenza di una certa retorica tronfia e bellicista anche nel campo medico. Alla fine ad un maestro un film del genere si può concedere.
The Order, di Justin Kurzel (Venezia 81 – Concorso)
Il nuovo film di Justin Kurzel flirta con vari generi: thriller di denuncia politica, heist movie per arrivare quasi al western.
Siamo negli anni 80 nelle valli sperdute del nordovest degli Stati Uniti, una banda di suprematisti bianchi terrorizza la popolazione con rapine e attacchi dinamitardi.
Film compatto e decifrabile, in cui il timore che le vergogne di ieri diventino le paure di domani è tangibile e si lascia un immenso spazio alle dinamiche tipicamente americane in cui poliziotto e criminale diventano cacciatore e preda a ruoli alterni. Il tutto viene reso esplicito fino alla nausea ma il film risulta comunque gradevole.
Marco, di Aitor Arregi e Jon Garano (Orizzonti – Concorso)
L’assurda storia vera di un uomo spagnolo, Enric Marco che per più di trent’anni ha rappresentato un’associazione di detenuti politici spagnoli nei campi di concentramento nazisti senza aver realmente vissuto questo dramma.
Si cammina continuamente sul crinale della commedia pur rimanendo totalmente nel dramma. Una storia grottesca inserita nel contesto tragico e misconosciuto dei prigionieri politici spagnoli in Germania (che la Spagna ha faticosamente riconosciuto e commemorato dopo decenni di franchismo).
Marco è una figura patetica e insensata. Non si intravede mai una ragione e nemmeno una vera e propria presa di coscienza del peso delle sue azioni, neanche nei confronti dei suoi stessi familiari. Fino all’ultimo momento si sforza di difendere quella che considera la “sua verità”, anche se appare priva di valore. Una figura tanto tragica quanto macchiettistica che da sola regge un film.
The Brutalist, di Brady Corbet (Venezia 81 – Concorso)
Il biopic sull’architetto ebreo ungherese Laszlo Toth, opera terza del regista e attore Brady Corbet, risulta essere il film più magnificente e ambizioso di tutto il concorso, e forse finora il migliore dei pretendenti.
Ha il sapore e la voglia di emergere dei grandi kolossal epico-biografici americani, la sua durata terrificante (chissà se arriverà integro in distribuzione) non ha spaventato la maggior parte degli spettatori. La regia è sicuramente compiaciuta e la scelta della pellicola 70mm potrebbe sembrare quasi un vezzo onanistico ma il tutto riesce a rendere meraviglioso perfino ore e ore di progettazione di edifici.
Piccola nota sul cast: per quanto siamo totalmente in altri mondi cinematografici la scelta di Adrian Brody inevitabilmente rimanda a Il Pianista e l’interpretazione di Felicity Jones resta un neo gigantesco
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