Un piccolo omaggio ad uno degli attori più fraintesi di Hollywood 

Quella di Bruce Willis è sicuramente una delle figure maggiormente associate al genere action ad Hollywood. A partire dagli anni ’80 infatti si afferma rapidamente con ruoli da duro e come save the day man, la sua fisicità solida ma meno dirompente rispetto a quelle dei suoi colleghi-rivali, unita anche alla caratteristica calvizie (già presente in un altro eroe d’azione, Yul Brinner e che troveremo anche in Jason Statham) lo rendevano ben lontano dalla selvaggia e grottesca figura di un Conan il Barbaro. Come gran parte degli attori di questo tipo, anche Willis si è attirato le antipatie di gran parte del pubblico, venendo considerato spesso un emblema di mascolinità tossica e violenza gratuita. Spesso è stato anche negato a Bruce un certo riconoscimento delle sue capacità attoriali, piuttosto versatile. Se Sylvester Stallone riusciva a risultare credibile in ruoli drammatici solo se questi gli venivano praticamente cuciti addosso (come in Rocky),Arnold Schwarzenegger nelle sue incursioni nella commedia appariva totalmente ridicolo (Un Poliziotto alle Elementari) e Chuck Norris nemmeno si sforzava di uscire dal personaggio, Willis riusciva invece a non sfigurare in ruoli prettamente drammatici e a risultare molto efficace nella commedia (basti vedere i suoi tre indimenticabili episodi in Friends). Siamo costretti a parlare al passato non solo perché tutti ruoli migliori del nostro si concentrano tra gli anni ’80 e i ’90, ma anche per via del suo tristissimo finale di carriera. per via di una gravissima malattia cerebrale, infatti, ormai un neanche settantenne Bruce Willis è totalmente impossibilitato alla recitazione. Dal 2020 ad oggi sono usciti più di venti film a bassissimo budget e di infima qualità (e dal riscontro di pubblico nullo) in cui Bruce fa comparse veloci e sporadiche, pur di recitare il più possibile, e che hanno costituito un tristissimo canto del cigno della sua carriera. Noi preferiamo invece ripercorrere i suoi momenti migliori, spaziando tra i generi e onorando la carriera di un attore forse eccessivamente svalutato

Appuntamento al Buio (Blind Date), di Blake Edwards (1987)

Primo ruolo da protagonista per Willis in una commedia di carta velina diretta da un maestro come Blake Edwards (Colazione da Tiffany, La Pantera Rosa). Willis interpreta un giovane rampante negli ambienti dell’alta finanza che per fare bella figura con i suoi superiori presenta a cena una conturbante Kim Basinger spacciandola per la sua fidanzata. C’è solo un piccolo problema: la ragazza non regge minimamente l’alcol. Questo film, come il successivo Intrigo a Hollywood vede un Willis tra il brillante e il buffonesco in due film certamente lontani dal miglior Blake Edwards, ma con un buon successo di pubblico.

Die Hard – Trappola di Cristallo (Die Hard), di John McTiernan (1988)

Una delle più importanti interpretazioni (se non la più importante in assoluto) della carriera di Willis in uno dei film natalizi più importanti di sempre. L’eroe imperfetto John McLane si trova a fronteggiare un gruppo di rapinatori capitanati da un gigantesco e allora sconosciuto Alan Rickman. Foriero di sequel più o meno riusciti, il primo Die Hard è forse il capolavoro del genere nel suo decennio più rappresentativo, e il più atipico film natalizio mai realizzato (tra quelli belli almeno).

L’Ultimo Boyscout (The Last Boy Scout), di Tony Scott (1991)

Dopo il fallimentare Il Falò delle Vanità di Brian DePalma, Willis si getta in un’altra produzione tormentatissima. Thriller con un detective disincantato che indaga con un giocatore di football in malora (Damon Wayans), il film ripropone la classica coppia bianco – afroamericano tanto cara allo sceneggiatore Shane Black (Arma Letale). Considerato un cult, nulla di eccezionale, ha lanciato la carriera di Halle Berry.

La Morte ti Fa bella (Death Becomes Her), di Robert Zemeckis (1992)

Forse la miglior interpretazione comica di Willis in una stupenda commedia dai tratti orrorifici e sexy tra le bellezze immortali (letteralmente) di Meryl Streep, Goldie Hawn e Isabella Rossellini. Dissacrante e spassosissima, è interessante notare una considerazione insolitamente positiva del modello maschile (per quanto fallace e ingenuo) in un film di donne accecate da chimere e rancori.

Pulp Fiction, di Quentin Tarantino (1994)

Il pugile impiastro Butch Coolidge è sempre stato, per chi scrive, il personaggio migliore dell’opera tarantiniana (con tante scuse a Jules e Vincent). Da crudele e all’occorrenza sadico uomo d’azione implicato nel malaffare a smielato marito nostalgico dei propri ricordi di famiglia (quell’orologio ne aveva passate tante per arrivare nelle sue mani), Butch è un esilarante, tenero e inquietante capolavoro di scrittura e interpretazione.

L’esercito delle 12 Scimmie (Twelve Monkeys), di Terry Gilliam (1995)

Meraviglioso film fantascientifico di Terry Gilliam, ispirato a La Jetée di Chris Marker, in cui il nostro eroe deve affrontare un’umanità devastata dall’apocalisse, virus letali in circolazioni, piani eugenetici e Brad Pitt in versione scienziato pazzo. Immortale.

Armageddon – Giudizio Finale (Armageddon), di Michael Bay (1998)

L’apice del baracconismo fantascientifico anni ’90, risposta di Bay a quell’Indipendence Day con cui Roland Emmerich aveva sbancato botteghini e Razzie Awards due anni prima. La trama è nota, e in ogni caso ci sono solo il nostro eroe, Ben Affleck e Liv Tyler (con annessa canzone di papà Steven) contro un meteorite gigante che sta per schiantarsi contro la terra, se qualcuno ha aspettative alte con queste premesse…

Il Sesto Senso (The Sixth Sense), di M. Night Shyamalan (1999)

Il thriller paranormale diretto da Shyamalan è stata per molto tempo la carta principale giocata dai sostenitori delle doti recitative di Willis, qui nei panni dello psicologo infantile Marcus Crowe alle prese con un giovane paziente capace di vedere i morti: uno dei finali a sorpresa più famosi e citati della storia.

Unbreakable – Il Predestinato, di M. Night Shyamalan (2000)

Seconda collaborazione tra Willis e Shyamalan, in un raro caso di film supereroistico a soggetto originale. Willis è David Dunn, uomo medio e unico sopravvissuto ad un disastroso incidente ferroviario, che fa la conoscenza di Elijah Price (Samuel L. Jackson) un uomo affetto da gravi malattie ossee che vede in lui un potenziale supereroe. Film assai affascinante, forse il migliore del regista di origine indiana, con personaggi che torneranno in Split e Glass.

Sin City, di Robert Rodriguez (2005)

Nella riuscita trasposizione della graphic novel di Frank Miller (con forte supervisione dello stesso) Willis è John Hartigan, rude detective alle prese con numerose situazioni delicate nella città del peccato in un film dalla fotografia indimenticabile.

Nicolò_cretaro
Nicolò Cretaro,
Redattore