GIOVANI SI DIVENTA
Young adults, millennials nostalgici, eterni Peter Pan, vitelloni, Gen Z e boomers di ritorno. Incursioni nel cinema che racconta generi, temi, personaggi, vecchi e nuovi canoni del coming of age. Chi sono i giovani al cinema, oggi?
TRA BOYHOOD E ADOLESCENTES: IL COMING OF AGE SULL’ASSE DEL TEMPO
Adolescenti (Adolescentes, 2019) di Sébastien Lifshitz, in rassegna all’ultimo My French Film Festival e vincitore di tre Premi César 2020 (miglior sonoro, montaggio e film documentario), si muove nel solco tracciato da Boyhood (2014) di Richard Linklater. Un cinema che lavora in parallelo sulla compressione e l’estensione temporale dell’immagine, e che cerca di offrire una sintesi originale dell’arco narrativo spalmato sulle soggettività in fieri. Ciò si realizza attraverso l’intreccio tra il tempo della prassi filmica, il tempo reale della storia – in questo caso, una finestra di cinque anni che segue la crescita delle studentesse Emma e Anaïs da tredicenni alla maggiore età – e il tempo della visione (le due ore e dieci circa di film, che volano rapidissime). Il regista si prende il lusso e il tempo, appunto, di iniziare a filmare, fermarsi, aspettare e tornare sulla scena a intervalli regolari, per registrare i cambiamenti più evidenti e le micro-variazioni impercettibili dei suoi soggetti di studio (Linklater pedinò il suo protagonista lungo dodici anni, Lifshitz sceglie una forbice più ristretta). Tracciando un’evoluzione espansa e modulata sul ritmo della crescita naturale – lenta e poi repentina – dei corpi rappresentati, e aderente al mutevole processo di costruzione delle identità.
Se però Boyhood infonde sul “tempo al lavoro” un robusto e ben strutturato fattore di narratività e di un plus attoriale – con Ellar Coltrane, prima bambino e poi giovane adulto, e due celebrità come Ethan Hawke e Patricia Arquette al servizio della storia finzionale della famiglia Evans -, il film di Lifshitz si muove in direzione di una trasparenza ancor più marcatamente realistica, che spoglia l’architettura narrativa e la recitazione lasciando sullo schermo solo le identità di primo grado: corpi e persone, interazioni e relazioni autentiche, dialoghi e voci, non battute di un copione. Emma e Anaïs nella vita sono Emma e Anaïs: semplicemente due amiche, due ragazze come tante ma diverse tra loro, tra le famiglie di appartenenza e le comuni cerchie di amici, i luoghi in cui sono nate e che frequentano da sempre (la periferia della Francia sud-occidentale di Brive-la-Galliarde, con Parigi lontanissima, agognata meta per Emma che sogna di lavorare nel cinema). Accanto a loro, la regia fa da testimone muto e perspicace, attenta a gesti e coscienze in formazione ma già al massimo della capacità espressiva nel restituire i tumulti interiori, gli sfoghi urlati, gli slanci spensierati e la dimensione conflittuale dell’adolescenza.
Né documentario né finzione, lontano sia dalla fredda radiografia del cinéma vérité che dal cortocircuito ambiguo tra fiction e reale, Adolescentes sta in un genere difficile da collocare. Una forma ibrida, fluttuante e sfuggente, proprio come l’età sensibile e inafferrabile che cerca di catturare a scampoli nel suo farsi, col passare degli anni e lo scorrere degli spaccati di vita che si fanno racconto empatico e coinvolgente. Non c’è nulla che sappia di scritto, di concordato, di furbo o studiatamente messo in opera a favore di telecamera.
Lifshitz, che ha raccolto le giornate di Emma e Anaïs in sessioni di due-tre giorni di riprese per volta, accompagna il tempo della crescita evitando di porsi come figura ingerente al centro del discorso, dall’alto di un piedistallo stilistico e morale che disciplini i rapporti in campo. Gentile e minimale, tra primi piani e quiete passeggiate in campo lungo, quasi sempre osserva le giovani insieme di profilo, tenendosi a lato, di fianco, alla giusta distanza, senza attaccamento smanioso (come prescrive l’educatrice ad Anaïs, troppo affettuosa e premurosa con i bimbi che sorveglia sul lavoro). Senza paura di tenerle lontane e separate quando i destini lavorativi e le rispettive scelte di vita si biforcano, agisce come un silenzioso ospite discreto che, pur fisicamente ed emotivamente partecipe, non arriva mai a intromettersi, a invadere impudicamente la scena spostandola nella direzione desiderata. Lascia tempo, spazio, pause e piena libertà alla spontaneità contagiosa delle ragazze, ai loro discorsi complici, ai dubbi, ai timori, alle piccole e grandi riflessioni su presente e futuro che le due condividono tra la scuola e una gita al fiume. Senza utilizzare archetipi risaputi, step e riti obbligati da cui sembra debba necessariamente passare il teen drama adolescenziale mainstream, il regista viaggia spesso in anticlimax: non c’è nessuna prima volta, ballo finale, esame o prova del fuoco che valga quanto la soddisfacente realizzazione di se stessi.
Uno sguardo genuino che invita senza irruenza e ricatti emotivi a un’inclusività pacificata delle diversità – di classi sociali, etnie, religioni – nella Francia multietnica contemporanea. Con un respiro solare che tratteggia le figure senza nascondere le zone buie, riflesse sui volti segnati dalle tensioni che premono dall’esterno (le riprese d’archivio degli attentati del Bataclan e dell’assalto alla sede di Charlie Hebdo inframezzano la vicenda). Un pò come Boyhood specchiava nella parabola di Mason un’emblematica saga familiare e sociale sull’evoluzione del nuovo spirito del tempo, e dell’agitazione di sentimenti della nazione americana – dalle guerre di Bush al volgere dell’era obamiana -, similmente Adolescentes scandisce il percorso di Emma e Anaïs sullo sfondo dei grandi sconvolgimenti urbani e della crisi aperta nella politica francese dalle fratture del terrorismo.
Un discorso incisivo che, da privato, si fa più ampiamente pubblico e politico, non nell’en marché di Macron che vince le elezioni – per Anaïs “un borghese di merda”, il “meno peggio” per la più moderata famiglia di Emma, con il padre che rimembra nostalgie mitterandiane -, ma nei confronti di gruppo tra i banchi di scuola. Qui la nuova generazione studentesca, spaurita e paralizzata, senza punti di riferimento, ma anche attiva e conscia dell’importanza dei legami e della compattezza sociale, si interroga su uno scenario privo di sicurezze, ma in cui resiste un responsabile ottimismo aperto alla possibilità di cambiarlo in meglio. Serve solo altro tempo.
Adolescenti è disponibile su Amazon Prime Video. Boyhood è visibile su Netflix.
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