Qualsiasi amante di cinema ha attraversato quella particolare fase di ossessione per il cinema noir, quel sottogenere sviluppatosi tra gli anni ’30 e ’40 del Novecento noto anche come poliziesco o detective movie. Le atmosfere del cinema noir sono prevalentemente urbane, notturne e cupe: in queste ambientazioni le figure si muovono tra le ombre di una città dai vicoli bui e l’aria torbida per il fumo di sigarette, mentre i loro passi dentro scarpe lucidate attraversano pozzanghere sull’asfalto. Ma non siamo qui per analizzare gli ambienti prediletti di questo cinema, piuttosto per ricordare qual è il film che è stato definito il noir per eccellenza e come un suo personaggio in particolare riesce ancora a rapire il pubblico dopo più di settant’anni sugli schermi.
È il 1944 e il pubblico del cinema statunitense conosce per la prima volta Double Indemnity, uno splendido noir diretto dal già affermato regista di origini tedesche Billy Wilder; in Italia il film arriverà con il titolo La fiamma del peccato nel 1946. Wilder ha il merito di aver portato sugli schermi una storia di inganni e ricatti inserita in un’ambientazione che riflette perfettamente le vicende torbide e oscure che coinvolgono i personaggi. Eppure un merito forse ancor più grande va alla talentuosa Barbara Stanwyck per aver interpretato la dark lady Phyllis Dietrichson, considerata come uno dei migliori villain della storia del cinema.
Double Indemnity narra della relazione tra l’agente assicurativo Walter Neff (Fred MacMurray) e la bellissima Phyllis Dietrichson (Barbara Stanwyck) e del piano escogitato dalla donna per liberarsi del marito in modo da intascare i soldi dell’assicurazione insieme all’amante. Il nostro protagonista ci viene mostrato come un uomo dai sani valori, eppure la sua morale nulla può contro il fascino della donna, che sa bene come usare le armi della seduzione a suo favore. Il personaggio di Phyllis è tanto affascinante quanto senza scrupoli e ricalca il modello letterario e cinematografico della femme fatale, che riesce a far cadere ogni uomo ai suoi piedi; nonostante il suo forte carattere, Neff non può fare a meno di abbandonarsi completamente alla donna, tanto che sarà lui stesso a pianificare l’omicidio del marito di lei. A una visione accurata si può notare come la vera natura della donna si mostri gradualmente nel corso della trama, accompagnata dagli abiti che vengono fatti indossare all’attrice. Vi invitiamo a fare particolare attenzione a come la Stanwyck si presenta sulla scena la prima volta: indossa un abito bianco, colore che viene spesso associato all’innocenza, mentre alla caviglia porta un braccialetto. Quest’ultimo diventa la sua arma di seduzione più forte, portatore di quel fascino che come un incantesimo riesce a far cadere il nostro protagonista nella trappola che la donna gli ha teso.
È importante notare come i caratteri tipicamente associati al femminile quali la bellezza, la seduzione, ma anche l’innocenza, l’amore, la premura, vengono gestiti dalla donna in maniera magistrale: Phyllis è consapevole di essere profondamente affascinante e allo stesso modo sa ciò che un uomo vuole sentirsi dire. Così riesce a mostrarsi come la donna innocente, costretta al matrimonio con un uomo che non la ama, ma per il quale lei prova affetto e preoccupazione. Neff sente immediatamente di essere colui che salverà la povera donna innocente dalla gabbia di un matrimonio infelice. L’uomo, quindi, finisce per allearsi con lei e concludere il suo progetto, escogitando l’omicidio in modo da poter usufruire della “doppia indennità” (da cui prende il nome il film) e ottenere ancora più denaro. Nel corso dei loro incontri Phyllis si fa sempre più misteriosa, mentre i suoi abiti iniziano a tingersi di nero, fino ad arrivare al momento in cui nasconderà i suoi occhi con un paio di grossi occhiali da sole scuri. La Stanwyck riesce perfettamente a trasmettere la discesa del personaggio nella malvagità, usando un’apparente innocenza per mascherare un atteggiamento impassibile e spietato. Persino durante l’interrogatorio successivo alla morte del marito Phyllis si mostra impassibile, mentre Neff inizia già a farsi prendere dall’angoscia di essere scoperto. L’ultimo incontro dei due avviene in una notte oscura e sarà fatale per entrambi: la donna usa nuovamente l’arma della cavigliera per sedurre l’uomo, ma ormai lui è deciso a sbarazzarsi di lei. Tuttavia, anche dopo la morte, Phyllis riesce a trascinare Neff nell’abisso, infatti poco dopo l’uomo verrà arrestato per l’assassinio.
Ci teniamo a farvi notare come sia impressionante che un personaggio femminile sia stato costruito per essere così spietato: ciò che colpisce di più è l’estrema consapevolezza che ha la donna del suo fascino e di come riesca a controllarlo tanto da farlo diventare un’arma per raggiungere i suoi obiettivi. Probabilmente è proprio questo che riesce a confondere un uomo, la capacità di controllo che ha la donna sui caratteri che l’uomo stesso le ha associato per secoli. Anche se Phyllis muore, infatti, Neff non riesce a scamparla; e durante la sua confessione, lo sentiamo dire:“L’ho ucciso io, per denaro e per una donna. Non ho preso il denaro e non ho preso la donna.”
Questo articolo è stato scritto da:
Scrivi un commento