Nel 1941 John Huston dirige e porta nei cinema statunitensi un film tanto semplice quanto fondamentale per quello che sarà il futuro dell’industria hollywoodiana: Il mistero del falco, detective movie sulla ricerca di una preziosa statuetta perduta, è oggi indicato come il punto di partenza del fenomeno del film noir.

Quello che si potrebbe a un primo impatto classificare come genere cinematografico è in realtà un insieme molto più complesso di atmosfere, risvolti narrativi, scelte estetiche, tipi di personaggi le cui caratteristiche riflettono da vicino ciò che la società statunitense stava vivendo nel secondo dopoguerra. La fine del conflitto mondiale e il successivo inizio della Guerra Fredda avevano generato un clima di angoscia e paranoia in cui la sfiducia verso il prossimo e il senso di abbandono dell’individuo la fanno da padrone. L’ambiente urbano dei bassifondi metropolitani diventa il luogo protagonista del noir, perfetto per enfatizzare un clima di pessimismo generale e disillusione; i personaggi che interagiscono in questo ambiente possiedono esattamente le stesse caratteristiche, personalità solitarie e oscure che spesso non nutrono speranze nei confronti di un futuro. Non è difficile trovare un collegamento con la tradizione cinematografica precedente dei cosiddetti gangster movies molto in voga negli anni ’30, in cui sullo schermo è protagonista la vita dei criminali nei bassifondi cittadini.

Spesso si tende ad identificare il noir con il poliziesco o con il detective movie, eppure non si potrebbe fare un errore più grande: il noir non appartiene a un genere preciso, si tratta di un’estetica in grado di abbracciare, se vogliamo, l’intero sistema di generi cinematografici, dal thriller alla commedia. Cos’è Chi ha incastrato Roger Rabbit? se non una perfetta parodia dei film noir?

Rivoluzione linguistica

Il passaggio dal gangster movie al poliziesco durante il secondo dopoguerra porta con sé dei cambiamenti profondi, sia per quanto riguarda i personaggi che, incredibilmente, per la lingua parlata sullo schermo. Gli anni ’40 per gli Stati Uniti rappresentano un periodo di cambiamenti notevoli che andranno a influenzare il futuro della produzione artistica e soprattutto cinematografica. Il gangster movie e il noir contribuiscono pian piano alla nascita e al perfezionamento di un nuovo linguaggio parlato, che in breve tempo si afferma sullo schermo e diventa a tutti gli effetti “istituzionale”. È un parlato molto più moderno rispetto al passato, appartenente agli ambienti cittadini (underground) della East Coast, strettamente a contatto con i flussi migratori; è un linguaggio che fa capo a quella generazione di immigrati del secondo dopoguerra che negli Stati Uniti hanno trovato la loro fortuna. Anche l’uso massiccio dello slang sullo schermo è espressione di una certa cultura della metropoli che si stava trasformando e affermando come fondamentale all’interno della società e del patrimonio culturale statunitense. In gran parte dei casi si parla di un linguaggio crudo e senza troppi fronzoli, a volte freddo ed esternamente diretto, così come lo sono i personaggi che lo parlano.

Humphrey Bogart e Lauren Bacall in “Il grande sonno”

L’antieroe Humphrey Bogart

Nel noir non c’è spazio per gli eroi. I personaggi che popolano i bassifondi cittadini dove le ombre nascondono sempre qualche pericolo riflettono l’oscurità degli ambienti: sono uomini (e donne) solitari, cinici, opportunisti, che non si fanno scrupoli per raggiungere i loro obiettivi. In poche parole, si parla di antieroi che non portano avanti nessun valore sociale, ma agiscono esclusivamente per un proprio interesse. Al pubblico dell’epoca piace immergersi in un’atmosfera cupa e misteriosa in cui regnano il pessimismo e lo sconforto, così come adora ritrovarsi nei panni di personaggi disillusi, tristi, che non nutrono più speranze verso il futuro. L’antieroe difficilmente si abbandona alle storie sentimentali che andavano in voga nel passato: le donne imparano a sopravvivere in una società fatta di angoscia e paranoia e diventano anche loro personaggi oscuri, femme fatale in grado di uccidere pur di raggiungere i propri scopi (esattamente come l’iconica Phyllis di Double Idemnity) Non c’è spazio neanche per la fiducia reciproca in questo mondo: nessuno può sfuggire ai sospetti, così come all’inizio della Guerra Fredda chiunque poteva essere un nemico fino a prova contraria.

Rick: Don’t you sometimes wonder if it’s worth all this? I mean what you’re fighting for.

In questo panorama cinematografico spiccherà presto una figura che diventerà un vero e proprio modello per l’intero filone, lo statunitense Humphrey Bogart. Grazie alla sua interpretazione dell’investigatore Sam Spade in Il mistero del falco, Bogart dona al mondo del cinema una vera e propria immagine di esempio per i protagonisti dei noir che verranno. Spade è un uomo che agisce in solitaria, che si muove lungo il mistero della statuetta perduta seguendo i propri metodi (a volte poco ortodossi), e che non si separava mai dall’impermeabile logoro o dalla sigaretta accesa all’angolo della bocca. La freddezza e il cinismo del personaggio di Bogart affascina irrimediabilmente le controparti femminili con cui interagisce sullo schermo, così come rapisce il pubblico americano degli anni ’40.

La fortuna di Bogart lo porterà ad essere protagonista di oltre trenta film lungo tutto il decennio, ma forse quello che è rimasto più impresso nella storia è il ruolo di Rick in Casablanca, diretto da Michael Curtiz. Il film del ’42 era stato girato con un budget estremamente ridotto e basandosi su una sceneggiatura che era stata più volte rimaneggiata da molti e a tratti sembrava confusionaria e quasi incomprensibile; nonostante ciò Casablanca farà letteralmente innamorare il pubblico, porterà a casa tre statuette agli Oscar (tra cui come miglior film) e frutterà a Bogart una candidatura come miglior attore protagonista. Casablanca è diventato un classico del cinema di tutti i tempi, che ancora oggi viene citato e, naturalmente, parodiato in ogni modo possibile. Il ruolo del protagonista Rick venne letteralmente cucito addosso a Bogart («è stato scritto per lui» affermò il produttore Wallis), che in quello smoking bianco col farfallino nero dà la migliore interpretazione possibile di un uomo disilluso ed estremamente cinico, in fuga dal suo passato e che pensa soltanto a sopravvivere come può. Il solo evento che riesce a destabilizzarlo è l’incontro con Yvonne (interpretata da Ingrid Bergman), probabilmente l’unica donna ad essere stata in grado di fargli perdere la testa e che l’ha abbandonato anni prima apparentemente senza motivo.

Bogart nel ruolo di Rick in “Casablanca”

Yvonne: Where were you last night?

Rick: That’s so long ago, I don’t remember.

Yvonne: Will I see you tonight?

Rick: I never make plans that far ahead.

Rick in un primo momento si comporta in modo molto distaccato nei confronti della donna, poi pare concedersi a lei, nel ricordo dei tempi passati in cui i due amanti vivevano felici a Parigi prima dell’occupazione nazista. Tuttavia, nel cuore dell’uomo non c’è più spazio per i sentimentalismi e quel ritorno di fiamma è talmente breve da sembrare quasi un sogno fugace. Rick ormai vive soltanto per se stesso, il cinismo lo sta divorando ma è anche ciò che gli permette di sopravvivere e che lo rende così incredibilmente affascinante ancora oggi.

Grazie all’interpretazione di Bogart cambia drasticamente il modo in cui la società americana percepisce la bellezza maschile: l’eroe è oramai passato di moda, mentre il fascino dell’uomo freddo e disilluso in un mondo fatto di mistero e sospetto costante è ciò che rapisce irrimediabilmente il pubblico dell’epoca. Si può dire che sia stato proprio Humphrey Bogart a definire e fare la fortuna del tipico antieroe noir? Non possiamo affermarlo con certezza, ma la sua icona sarà davvero difficile da dimenticare.

E, comunque, Bogart sarebbe davvero un ottimo nome da dare a un gatto nero.

Renata Capanna,
Redattrice.