Alice Rohrwacher è una regista e sceneggiatrice italiana che si è sicuramente distinta nel panorama contemporaneo grazie ai suoi film mai banali, tramite i quali porta avanti una critica sulla società moderna. Se ci si sofferma sulla sua filmografia, è facile individuare tratti stilistici che la contraddistinguono e temi che le stanno particolarmente a cuore e che rimandano alla sua vita stessa, di seguito ne analizziamo due in particolare: la campagna e la religione.
Le Meraviglie (2014) – La purezza della campagna
L’attenzione che la regista riserva all’ambiente naturale ci fa comprendere quanto le esperienze vissute in prima persona abbiano ispirato i suoi film. Alice Rohrwacher nasce a Fiesole, un piccolo paese appena fuori Firenze, ma passa la sua infanzia e adolescenza a Castel Giorgio, in Umbria. Insieme alla sorella Alba, cresce circondata dalla natura, ed è sempre stata abituata a sporcarsi le mani: badava alle api, produceva e vendeva miele, coltivava frutta e verdura. Ad accrescere la sua sensibilità ha indubbiamente contribuito il lavoro del padre, che era appunto un apicoltore.
Il film che maggiormente si rifà alla sua vita è Le Meraviglie (2014), che racconta la storia di una famiglia di apicoltori che vive in Umbria e decide di partecipare a un concorso televisivo, dove il premio al quale ambiscono le figlie rappresenta quell’elemento che finisce per corrompere l’innocenza della campagna. Nei suoi film la regista racconta la vita nei campi, trattando allo stesso tempo altre tematiche come la distruzione causata dagli interessi delle multinazionali e il progressivo trasferimento dell’uomo dalla campagna alla città.
Nei suoi film Alice Rohrwacher si allontana dalla classica rappresentazione della campagna come luogo idilliaco e incorrotto. Consapevole del fatto che spesso la campagna viene spesso vista come un luogo puro e fuori dal tempo, quasi immutabile, la regista ci fa conoscere questa realtà dall’interno, mostrandoci i lati più duri e spesso inesplorati. A conferma di ciò, in questo film vengono utilizzate camera a mano e inquadrature ravvicinate che trasmettono il senso di infinita stanchezza dei personaggi e una forte sensazione di aver raggiunto il limite.
L’aridità della religione
Alice Rohrwacher nei suoi film ha dato spazio anche al racconto della religione, nonostante abbia dichiarato di non conoscere questo mondo in quanto istituzione e quindi di non averne un’idea né positiva né negativa. Si dichiara comunque sensibile alla dimensione religiosa, e questo è sicuramente dovuto al suo rapporto con la natura. Lei stessa ha affermato:
“La visione religiosa dell’esistenza traspare dall’amore per la natura. Credo in una dimensione superiore. Ma non posso dire di credere in Dio, perché questa parola sublime oggi è troppo legata alle Chiese e agli uomini che le abitano”.
Soffermiamoci in particolare su due film, che raccontano l’educazione religiosa tramite gli occhi innocenti dei bambini: Corpo Celeste e Le Pupille.
Corpo Celeste (2011)
Corpo Celeste è il primo lungometraggio firmato da Rohrwacher, con il quale nel 2011 ha anche vinto un Nastro d’Argento come miglior regista esordiente. Il film racconta l’educazione religiosa tramite gli occhi di una bambina di 13 anni, Marta. La protagonista, dopo aver passato 10 anni in Svizzera, torna nella natìa Reggio Calabria, dove segue un corso di catechismo preparatorio per la sua Cresima. Marta ha sempre trovato rifugio in chiesa, ma qui non si capacita del materialismo che permea quell’ambiente. Infatti, si trova circondata da una catechista poco adatta al suo ruolo, un prete che potrebbe sembrare più un politico, coetanee che aspirano a diventare vallette televisive e fedeli passivi e acritici.
Come abbiamo già anticipato, la regista non ha ricevuto un’educazione religiosa. Per questo per lavorare a questo film ha dovuto frequentare e studiare le parrocchie e i fedeli. Nonostante nei film abbia comunque cercato di mantenere una posizione neutrale, si è dichiarata piuttosto delusa dell’aridità d’animo che vi ha incontrato, dicendo di aver conosciuto un ambiente duro e abitato da persone vuote di spiritualità.
Le Pupille (2022)
Le Pupille è un cortometraggio tratto da una lettera che Elsa Morante aveva scritto al suo amico Goffredo Fofi il 12 dicembre 1971. Qui la scrittrice raccontava “un fatto vero (vero almeno in parte, fino a un certo punto)”. La storia risale a più di cinquant’anni prima e si svolge in un collegio religioso. Protagonisti sono una decina di bambini costretti a passare la vigilia e il giorno di Natale lì, lontani dalle famiglie. Dopo un ricco pranzo era finalmente arrivato il momento più atteso per i piccoli protagonisti, quello della torta, ma il Priore chiede ai bambini di fare un fioretto e rinunciarvi. A questo si oppone solo un bambino, Egidio, che viene quindi classificato come cattivo.
Il corto di Rohrwacher è estremamente fedele al racconto di Morante, con una principale differenza: è una storia tutta al femminile. Qui le protagoniste sono le Pupille, dal latino pupilla che significa bambina. Quindi le protagoniste sono le bambine costrette a passare il giorno e la Vigilia di Natale in collegio. Anche qui il centro della narrazione è la torta, una zuppa inglese così grande da essere fatta addirittura da 70 uova! (dettaglio che viene ripetuto diverse volte). Qui la bambina ribelle è Serafina, timida e diligente ma allo stesso tempo desiderosa di libertà.
“Un film sui desideri puri e su quelli interessati, sulla libertà e sulla devozione, sull’anarchia che all’interno del rigido collegio può fiorire nella mente di ognuno. Le bambine obbedienti non possono muoversi, ma le loro pupille possono ballare la danza scatenata della libertà” ha spiegato Rohrwacher.
Conclusioni
La vita della regista ha influenzato fortemente i suoi film, senza però diventare mai un vincolo. Rohrwacher la usa piuttosto come punto di partenza per poi raccontare dei mondi fantastici, dove il confine tra sogno e realtà è sempre molto sottile. Il suo cinema è lento e riflessivo, e presta particolare attenzione all’aspetto più intimista dei personaggi pur non perdendo mai di vista la realtà materiale che li circonda.

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