Nata nel 1981, Alice Rohrwacher ha esordito nel 2011 con il lungometraggio Corpo Celeste, presentato a Cannes. Da allora ha già ricevuto diversi riconoscimenti ed è una delle voci più originali del panorama italiano contemporaneo.
Nel 2014 Le Meraviglie ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, a questo sono seguiti Lazzaro felice (2018) che La chimera (2024) -di cui trovate la recensione qui– che hanno ricevuto numerose candidature ai David di Donatello, con il primo vinse anche come miglior sceneggiatura a Cannes. I suoi cortometraggi sono tuttavia meno conosciuti, ma non per questo meno degni di attenzione. Ad eccezione di De Djess del 2015, Rohrwacher ha iniziato a lavorare più spesso a questo formato a partire dal 2020. Ciò che rende questa parte della sua produzione particolarmente interessante è il fatto che ogni corto costituisca un approfondimento monotematico di uno degli elementi che compongono ogni lungometraggio della regista: l’approccio documentaristico, la religione, la vita rurale, l’infanzia e il realismo magico.
Temi principali
Alice Rohrwacher si distingue soprattutto per una particolare sensibilità verso il mondo rurale, dimensione da cui lei stessa proviene essendo cresciuta in provincia di Terni dove il padre era un apicoltore. Questa dimensione nelle sue opere è spesso abitata dall’innocenza: in Lazzaro Felice così come nei cortometraggi Quattro strade e Omelia contadina, il contatto con la natura esalta le caratteristiche positive dell’umanità. Questa umanità semplice e innocente entra in conflitto con la modernità, e spesso questa scoperta viene rappresentata in scala ridotta: in Corpo Celeste e nei corti Le pupille e Allegoria cittadina, l’innocenza è incarnata nei bambini che si scontrano con gli adulti attraverso vicende quotidiane, ed imparano a scoprire la complessità nello stesso modo in cui il mondo su larga scala progredisce e incontra la complessità dei tempi moderni.
Quattro Strade
Questi ultimi titoli contengono inoltre il secondo tema ricorrente: la religione. Questa al contrario della campagna non appartiene all’esperienza personale della regista. L’interesse per la spiritualità si traduce nell’utilizzo di interventi soprannaturali, soprattutto nelle pellicole ambientate in contesti rurali, a volte accostati a citazioni esplicite (vedasi per esempio il personaggio di Lazzaro). Racconta anche la chiesa in quanto istituzione, descritta però con un approccio di gran lunga più documentaristico e meno fiabesco: un esempio su tutti è la parrocchia del paese in Corpo celeste. Nella sua veste istituzionale la religione viene associata alla vita di città, e quindi alla perdita di significato della modernità, mentre la spiritualità rappresentata nei contesti rurali o dall’infanzia è talmente viva da pervadere tutta l’atmosfera, e queste sono anche le scene in cui sono più numerose le carattersitiche del realismo magico.
I cortometraggi
Le Pupille
Come già accennato la produzione massiccia di cortometraggi è iniziata nei periodi di quarantena durante la pandemia, che lei trascorse nella casa di famiglia in campagna. Non potendosi avvicinare a nessuno, ebbe l’idea di utilizzare la macchina da presa a pellicola da 16mm che aveva in casa per osservare i suoi vicini e raccontare come stessero trascorrendo le giornate di solitudine. Da queste riprese è nato Quattro Strade, uscito nel 2021 e attualmente disponibile su MUBI. È un breve documentario narrato da lei stessa che presenta quattro personaggi, uno per ciascuna delle strade che la regista poteva percorrere a piedi dal suo cancello.
Omelia Contadina (2020) è invece il montaggio delle riprese, in gran parte aeree, di un evento artistico organizzato come protesta verso l’industrializzazione forzata dei processi di coltivazione che sta colpendo le campagne italiane. Mostra una processione di contadini che trasportano delle gigantografie, fermandosi di tanto in tanto per leggere brevi discorsi, come fosse una via crucis. Si tratta più di un manifesto politico utilizzato come esercizio di stile che di un racconto vero e proprio, ma è apprezzabile anche per l’atmosfera suggestiva, per quanto cupa, che riesce a trasmettere.
Le pupille (2022) porta invece sullo schermo le contraddizioni della religione moderna, ovvero quella vissuta come insieme di doveri e formalità che limitano l’esperienza umana anziché incoraggiarla. Come in Corpo Celeste anche qui la protagonista è una bambina, che si ribella all’imposizione delle suore di rinunciare alla zuppa inglese a Natale. È stato candidato agli Oscar come miglior cortometraggio nell’edizione del 2023.
Jay in Allégorie Citadine
Le fil rouge (2023) è brevissimo ed è il più onirico dei cortometraggi. È stato girato su pellicola come Quattro Strade e ne richiama l’ambientazione, mentre il tema è strettamente legato a quello esplorato in La Chimera: Yle Vianello, che nel lungometraggio interpreta Beniamina, qui racconta al pubblico il mito di Orfeo e Persefone, costruendo una riflessione sul rapporto umano con il sottosuolo e sulla ricerca di ciò che è perduto.
Nel 2024 è uscito Allégorie Citadine (Allegoria cittadina) co-diretto insieme all’artista francese JR. Stavolta il testo a cui si ispira è il mito della caverna di Platone, e anche qui la voce narrante è di un bambino: come uno dei prigionieri della caverna che si avventura all’esterno, Jay (Naïm El Kaldaoui) scappa dal teatro dove la mamma sta partecipando a un provino e inizia un viaggio attraverso le strade di Parigi. Allegoria cittadina raccoglie tutto il lavoro precedente in una piccola fiaba dall’atmosfera estremamente onirica che mette al centro la scoperta di nuove dimensioni della realtà.

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