Adrien Brody è uno degli attori più affascinanti del ventunesimo secolo. La sua carriera, segnata da una continua trasformazione, è la manifestazione di un conflitto profondo che riflette l’essenza della natura umana stessa. Questo dualismo tra razionalità e istinto, tra ordine e caos, tra un ruolo drammatico e un ruolo più punk, può essere analizzato attraverso la filosofia di Friedrich Nietzsche, che nel suo pensiero distingue tra due forze archetipiche: l’apollineo e il dionisiaco.

L’apollineo rappresenta la misura, la forma e la disciplina, mentre il dionisiaco è l’impulso irrazionale, il caos primordiale che scardina le convenzioni. Nei suoi ruoli, Adrien Brody sceglie personaggi che oscillano tra il controllo più rigoroso e l’abbandono totale alla libertà di essere. Che si tratti di un uomo che cerca di mantenere la propria integrità umana durante la Seconda Guerra Mondiale, come nel caso de Il pianista, o di un giovane travolto da desiderio e irrequietezza come in Summer of Sam (l’attore, vestito da punk, incarna qui alla perfezione questa tensione esistenziale tra l’essere e il dovere), Adrien Brody opta sempre per il conflitto umano bipartito, che si tratti di una personale lotta interiore oppure di una scelta di carriera extra-diegetica.

Andando ad approfondire questa dicotomia filosofica, nel pensiero di Nietzsche l’essere umano — e in particolare l’artista — è il teatro di un conflitto tra armonia ed ebbrezza. Il filosofo però non li percepisce in opposizione morale, ma come due forze necessarie per l’autentica creazione artistica massima. Solamente chi riesce a contenere entrambe queste forze in sé ed è in grado di gestirle può davvero comunicare efficacemente all’animo dell’essere umano, non a caso capacità che ha valso all’attore di origini newyorkersi il suo secondo Premio Oscar.

Prendendo in esame i suoi ruoli nello specifico, quelli di Brody sono la manifestazione tangibile di questo dualismo: ne Il pianista, ad esempio, Brody interpreta un uomo che tenta di preservare la sua umanità in un contesto di devastazione. La sua performance in questo film rappresenta l’aspetto apollineo: la resilienza nel mezzo delle macerie. Dall’altro lato, in Summer of Sam, uno dei primi joints di Spike Lee ritratto di una New York lacerata dalla violenza negli anni Settanta, Brody esplora il lato più oscuro e impulsivo dell’essere umano, incarnando la tensione dionisiaca. Qui, la sua performance si fa più animalesca e selvaggia, come mai ce la si potrebbe aspettare dal Premio Oscar per Il Pianista: Brody è un punk, la cui ribellione e rapporto caotico di amicizia con il protagonsita riflette il tumulto di quel particolarmente disorientato contesto sociale. In Detachment, invece, il suo personaggio è intrappolato tra la solitudine impostata e il desiderio di connessione emotiva. Il protagonista crede nel testardo e ripetuto tentativo di provare a raggiungere un aspetto dionisiaco che non lo appartiene. La sua disperata utopia è quella di cambiare il mondo a partire dalle singole persone, e vive con sofferenza la sua apparente incapacità di non riuscire nell’intento.

Ne Il treno per Darjeeling la ricerca di ordine interiore è continuamente minata dal disordine emotivo della sua famiglia. In The French Dispatch come in Asteroid City, Brody esprime con i propri personaggi bizzarri l’impegno razionale contro l’estetica surrealista di Wes Anderson. Il tema del conflitto interiore si riflette anche in Midnight in Paris di Woody Allen. Qui interpreta un personaggio che si confronta con il concetto di nostalgia e il conflitto tra passato e presente. Attraverso l’evocazione che può esprimere la semplice frase “Io vedo… rinoceronti” nei panni di Dalì, emerge la tensione tra un mondo idealizzato e quello reale, in una riflessione sul desiderio di sfuggire dalla realtà e sulle illusioni che ci accompagnano. La pazzia e l’eccentricità come atto ribelle nei confronti dell’ordine della realtà; metafora del cinema in contrapposizione alla quotidianità, ma in particolare del cinema di Wes Anderson (che non a caso a scelto Brody come una delle sue anime ricorrenti), che dipinge opere surreali dai colori audaci su banalissime tele vuote, tristi e quadrate.

Nel suo repertorio, Summer of Sam di Spike Lee (come simbolo di lancio della sua carriera) e The Brutalist di Brady Corbet (l’Adrien Brody contemporaneo e popolare) offrono un contrasto particolarmente interessante: da un lato il caos anarchico, dall’altro la solitudine rigorosa a favore dell’arte dimostrano quanto Brody sia capace di navigare tra l’ordine e il disordine, tra la disciplina e l’impulso, rappresentando con maestria quella stessa dialettica che Nietzsche riteneva essenziale per la creazione artistica autentica. In The Brutalist, Brody si confronta con un personaggio che riflette più la razionalità e l’ordine, ma che non è privo di conflitti interiori e di cambiamento in corso d’opera. Le scene ambientate in Italia non sono che la più alta rappresentazione del caos che attrae le scelte artistiche dell’attore, quasi fosse allergico alla staticità delle cose e innamorato della naturale evoluzione caotica della vita. Ogni interpretazione è una danza tra l’equilibrio della misura e l’irrompere incontrollabile delle emozioni più forti – spesso anche dolorose, ma che ci rendono umani.

La sua capacità di navigare tra l’apollineo e il dionisiaco, di trasformarsi senza mai perdere la propria autenticità, è ciò che lo rende uno degli attori più profondi della sua generazione. Possiamo essere certi che qualsiasi ruolo Adrien Brody scelga in futuro avrà a che fare con un tentativo di decifrare sé stessi in rapporto al proprio ruolo con l’ordine o il caos. Ogni interpretazione è una continua evoluzione esistenziale, una riflessione sul conflitto che definisce l’essenza stessa dell’essere umano. 

A tirare le somme, forse un discorso di autocompiacimento interminabile sul palco degli Oscar se lo può anche concedere.

Lara Ioriatti,
Redattrice.