Ho deciso di dedicare questa rubrica agli adattamenti cinematografici perché, a differenza di quanto si potrebbe pensare oggi, la letteratura e il cinema non sono due mondi così lontani. É più corretto parlare di un unico mondo narrativo che si esprime con due mezzi diversi. Mettendoli a confronto, possiamo notare che la dimensione della letteratura non è quella linguistica, ma le parole e le frasi servono a raccontare una storia. Così come nel cinema le immagini non devono solo essere contemplate, ma costituiscono il mezzo per mettere in scena delle azioni e narrare una storia. Quindi, cinema e letteratura sono accomunati dall’essere forme di racconto che si servono di mezzi differenti.
Per adattamento si intende una rielaborazione in chiave cinematografica di un soggetto già esistente. L’industria cinematografica ricorre sempre più frequentemente a questa pratica in parte perché le sceneggiature originali e innovative sono sempre più difficili da produrre. Va da sé che se all’origine di un film c’è un romanzo o una biografia che ha già avuto successo, le probabilità di fare un buon lavoro sono indubbiamente più alte.
Un ottimo esempio di adattamento è il film Ragione e sentimento (1995) di Ang Lee, sceneggiato per il cinema dalla celebre attrice Emma Thompson a partire dall’omonimo romanzo di Jane Austen. Il film ebbe un successo enorme, fu vincitore del Golden Globe come miglior film drammatico del 1995 e dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino 1996. Inoltre, vinse il Premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale nello stesso anno.
TRAMA
Le protagoniste della vicenda sono le donne della famiglia Dashwood, cadute in miseria dopo la morte del capofamiglia. La loro tenuta passa infatti a John Dashwood, figlio del primo matrimonio del compianto signor Dashwood. Sebbene John abbia promesso al padre di prendersi cura delle tre sorellastre Elinor, Marianne e Margaret e della matrigna, viene persuaso dalla moglie Fanny a non cedere nulla dell’eredità paterna. Il clima di tensione costringe la signora Dashwood e le figlie a lasciare la proprietà.
A quel punto Elinor, orgogliosa e riservata, cerca di mandare avanti la famiglia reprimendo l’amore per Edward (fratello di Fanny). Marianne invece, più romantica e istintiva, si abbandona alla passione per John Willoughby, un attraente giovane che improvvisamente partirà per Londra e si fidanzerà con un’altra donna.
La storia è ricca di intrecci sentimentali e le sorelle saranno chiamate a trovare un equilibrio tra la ragione e il sentimento.
IL CAST
Il film diretto dal taiwanese Ang Lee vede tra i protagonisti Emma Thompson, attrice e sceneggiatrice, che interpreta Elinor. A dar volto a Marianne è invece il premio Oscar Kate Winslet. Il ruolo di Edward è stato interpretato da Hugh Grant. Alan Rickman invece dà il volto al Colonnello Brandon.
LA TRASPOSIZIONE
Adattare un romanzo di due secoli fa e farlo apprezzare ad uno spettatore del giorno d’oggi è sicuramente una sfida, ancor di più se consideriamo lo stile della Austen: l’autrice infatti non rende con discorsi diretti le situazioni chiave, i dialoghi importanti o i confronti tra i personaggi, ma spiega il tutto attraverso delle sintesi. Quindi, la Thompson ha dovuto trasformare tutte le parole della Austen in fatti.
Il merito principale della sceneggiatrice è di aver snellito molto il romanzo. Tante scene piuttosto lunghe sono state abbreviate e non compaiono neanche i lunghissimi dialoghi del romanzo, che altrimenti al cinema sarebbero risultati ridondanti. Alcuni personaggi sono spariti del tutto in quanto non funzionali alla narrazione e molte scene incentrate su questi personaggi sono state reinterpretate o eliminate del tutto. Per esempio, non si nominano mai Lady Middleton e i suoi quattro figli presenti nel romanzo. Al contrario, altri personaggi marginali nel romanzo assumono un’importanza particolare nel film. Si pensi alla più giovane delle sorelle Dashwood, Margaret, che nel romanzo viene appena nominata, mentre nel film diventa un personaggio chiave. Invece, i personaggi maschili sono stati maggiormente approfonditi nel film, in quanto nel romanzo sono figure che rimangono sullo sfondo.
Tuttavia, alla fine del romanzo e del film si arriva alla stessa conclusione: Marianne impara ad usare la ragione e ad accettare un matrimonio con un uomo sicuro e affidabile, mentre Elinor si lascia andare ai sentimenti che prova per Edward.
È interessante confrontare la durata del film e la lunghezza del romanzo: l’edizione inglese del romanzo ha 335 pagine, mentre il film dura 132 minuti. Ci si aspetterebbe che il film suddivida equamente il tempo dedicato all’inizio, allo svolgimento e al finale del romanzo, invece alle prime 23 pagine del romanzo vengono dedicati i primi 25 minuti del film. Questo perché era necessario seminare bene le caratteristiche dei personaggi affinché lo spettatore possa affezionarsi a loro.
LA FORZA DELLE IMMAGINI
Il film, a differenza del romanzo, può puntare sulla forza delle immagini. Per questo il regista utilizza la tecnica della “semina” e della “raccolta”, che permette ad un oggetto, un gesto o una frase apparentemente insignificante all’inizio di assumere un significato più profondo perché ripetuto in un momento cruciale della storia.
È il caso del fazzoletto di Edward che diventa il filo conduttore della storia d’amore con Elinor: l’uomo dà il fazzoletto alla donna in una delle scene iniziali e l’oggetto ricomparirà a Barton in una scena molto veloce, ma ricca di emotività (Elinor, sola in una stanza e triste per l’assenza di Edward, estrae il fazzoletto con le iniziali E.C.F. ben visibili e sospira).
Altrettanto significativo è il caso della simpatia tra Marianne e Willoughby che è stata descritta in maniera generica dalla Austen, la quale si limita a dire che hanno gli stessi gusti. Il film la rende concreta attraverso il libro dei sonetti di Shakespeare: Willoughby vede Marianne con il libro e inizia a recitare il sonetto 116 e Marianne lo termina con lui. Marianne reciterà lo stesso sonetto da sola sotto la pioggia guardando tristemente la casa di Willoughby più in là nel corso del film.
RAGIONE O SENTIMENTO?
Qualche critico ha osservato che, mentre la Austen nel romanzo vedrebbe in Elinor la posizione giusta, il film guarda tutto dalla prospettiva di Marianne. Sicuramente il pubblico odierno è più pronto a percepire le istanze sentimentali di Marianne che non quelle di sacrificio e privazione di Elinor. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui il film sembra più a favore del sentimento che non della ragione.
Probabilmente le principali divergenze tra le due versioni sono le generali differenze che esistono tra un romanzo del primo ‘800 e un film contemporaneo. Il film tende, laddove è possibile, ad alzare il livello di empatia dei personaggi, per questo si avverte un film più romantico di quanto non sia il romanzo.
Pur restando il più possibile fedele allo svolgersi degli eventi, la sceneggiatrice Emma Thompson è riuscita ad aggiornare alcuni personaggi e tematiche adattandoli alla contemporaneità.
Non si tratta di un adattamento letterale: il film non è una fotocopia del romanzo, ma il suo merito è di aver saputo fare piccoli o grandi cambiamenti per far sì che lo schermo potesse rendere i valori dei personaggi del libro con la massima fedeltà, ma anche con la massima efficacia per uno spettatore del XX secolo.
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