Per adattamento si intende una rielaborazione in chiave cinematografica di un soggetto già esistente. Adattare un’opera teatrale per il cinema potrebbe sembrare semplice, ma non lo è affatto. Esistono altissime probabilità che una storia nata per il teatro non funzioni per il grande schermo. Sicuramente non è il caso de Il Discorso del re (2010), il film diretto da Tom Hooper e con la sceneggiatura di Adam Seidler, un’opera che inizialmente era stata ideata per il teatro. Il film ha riscosso un enorme successo e ha vinto numerosi premi, tra cui i quattro Oscar (miglior film, miglior attore protagonista a Colin Firth, miglior regista e migliore sceneggiatura originale).
TRAMA
Dopo la morte del padre e l’abdicazione del fratello Edoardo VIII, il principe Albert viene incoronato re con il nome Giorgio VI (Colin Firth), sebbene dai più non fosse considerato adatto poiché afflitto da una fastidiosa balbuzie. Per risolvere questo problema, il re si affiderà alle cure di Lionel Logue (Geoffrey Rush), un logopedista australiano fuori dagli schemi. La storia si concenta sulla relazione tra Logue ed il re. Tutte le loro interazioni implicano lo scetticismo del paziente e l’autorità e il carisma del terapista, anche se con il tempo il loro rapporto diventa sincero ed affettuoso. Grazie al suo aiuto Giorgio VI supererà le sue difficoltà e diventerà, negli anni in cui il Regno Unito si avvia verso la Seconda Guerra Mondiale, una guida per il suo paese.
Perche a Seidler stava tanto a cuore questa storia?
David Seidler è la persona più anziana che abbia mai vinto un Oscar per la Migliore sceneggiatura originale. Sin da ragazzo aveva capito di voler diventare uno scrittore e uno dei protagonisti delle sue storie non poteva che essere il suo eroe di infanzia, il re Giorgio VI.
Anche Seidler, a causa di un trauma di infanzia, aveva sofferto di balbuzie. Dato che con il tempo la sua balbuzie aumentava, i suoi genitori lo incoraggiavano facendogli ascoltare i discorsi del re Giorgio VI alla BBC: “Ascolta David, non è perfetto ma parlava molto peggio di te. Senti come parla adesso: pronuncia discorsi ascoltati da tutto il mondo!”.
L’OPERA TEATRALE
Anche se fu il film a rendere famosa la storia, Il discorso del re nasce come un’opera teatrale, debuttando all’Yvonne Arnaud Theatre di Guildfors il 10 febbraio 2012.
In questa rappresentazione gli eventi sono narrati in ordine cronologico, dalla morte del re Giorgio V fino all’abdicazione di Edoardo VIII e la nomina di Giorgio VI. L’opera si divide in due atti: il primo dedicato alla definizione del quadro storico, alla presentazione dei personaggi e degli eventi che porteranno Albert a diventare re Giorgio VI. Sin dalla seconda scena viene presentato il problema di Albert e la volontà di David, il primogenito, di sposare una donna non adatta a ricoprire il ruolo di regina. Il secondo atto è dedicato alla preparazione della cerimonia di incoronazione e alle lezioni con Logue che, man mano che la storia va avanti, diventano sempre più intense.
A teatro l’azione si svolge quasi esclusivamente attraverso i dialoghi, anche se la dimensione paraverbale non è meno importante, anzi. Pensiamo alle espressioni del viso che manifestano il disagio del re o agli esercizi fisici che fanno parte della terapia di Logue. Per spiegare tutto ciò, Seidler scrive scene brevi ma numerose.
IL FILM
Il film, a differenza dell’opera teatrale, non lascia molto spazio ai fatti storici. Esso, pur non trascurando del tutto la dimensione storica, si concentra soprattutto sull’evoluzione personale del re. In effetti, Seidler ha curato personalmente la ricerca storica, facendo poi verificare il tutto da alcuni storici inglesi, permettendosi comunque qualche licenza artistica. Inoltre, qualche settimana prima di iniziare le riprese, il nipote di Lionel Longue trovò le lettere scambiate con il sovrano, queste divennero di fondamentale importanza per rendere accurata la storia.
La colonna sonora è particolarmente importante e coinvolgente: il compositore francese Alexandre Desplat è riuscito a tradurre la balbuzie in linguaggio musicale, grazie ad una colonna sonora che, ripetendo alcune note, sembra far fatica ad andare avanti. Le sue musiche riempiono delicatamente il film.
I titoli dei brani traducono momenti importanti del film, per esempio Lionel and Bertie è la colonna sonora che accompagna i loro incontri. Talvolta, in alcune scene la musica è totalmente assente, pensiamo al primo discorso a Wembley: in silenzio, la telecamera inquadra i volti del pubblico in imbarazzo, e del re con una forte balbuzie.
DAL TEATRO AL CINEMA
Il teatro e il cinema sono due forme espressive estremamente diverse e di conseguenza sono diverse anche le due versioni del Discorso del re. Nonostante sia riconoscibile lo stesso testo di partenza, diversi elementi presenti nel film sono assenti nell’opera teatrale e viceversa.
Il cinema, attraverso i primi piani coglie le emozioni dei personaggi e offre la possibilità di concentrare l’attenzione su certi dettagli. Il teatro, inevitabilmente, richiede una prospettiva più ampia: non bastano espressioni facciali ‘accennate’, tutto ha bisogno di essere più esasperato perché tutto deve arrivare fino all’ultima fila di spettatori. Pensiamo all’inizio del film, in cui cogliamo l’imbarazzo degli ascoltatori e del re mentre tiene il primo discorso a Wembley attraverso un montaggio di primi piani.
Alcune differenze riguardano anche i personaggi. Nel film alcuni sono più gentili rispetto al dramma teatrale. Per esempio, possiamo pensare al fratello David, che nell’opera teatrale è più crudele nei confronti di Albert, infatti lo imita ogni volta che parla. Ancora, nell’opera teatrale non ci sono bambini, né le figlie del duca né i figli di Lionel. Al contrario, Myrtle (la moglie di Lionel) che nel film è una presenza molto silenziosa, nell’opera teatrale è più presente: viene presentata come una donna infelice che ha dovuto abbandonare il suo paese e ora si trova relegata in un paese che non sente suo e che non la fa sentire apprezzata.
Abbiamo già detto che il primo atto dell’opera teatrale lascia più spazio ai fatti storici e ai personaggi politici, che permettono di dare un quadro completo della situazione del paese con le minacce della Germania e le loro incertezze verso il nuovo re.
Nonostante l’attenzione di Seidler alla precisione dei fatti storici, il film è stato criticato per aver sorvolato su importanti eventi storici, come la riconciliazione tra Hitler ed Edoardo VIII. In generale, il film si concentra di più sulla dimensione privata del futuro re, la storia di un uomo molto coraggioso che riesce a superare un ostacolo che credeva essere insormontabile. La vicenda narra un momento importante e singolare della storia britannica, ma in tutto ciò l’attenzione principale è rivolta al futuro re, alle sue incertezze e soprattutto al modo in cui supererà le difficoltà legate alla sua balbuzie, un ostacolo che gli sembra insormontabile. Emerge un personaggio con un forte senso di responsabilità e dignità del ruolo che è chiamato a ricoprire, fondamentale è l’appoggio della famiglia e del terapista.
Un’ultima differenza riguarda la rappresentazione. Indubbiamente il mezzo cinematografico permette di costruire delle scene più complesse grazie al montaggio. Pensiamo all’abdicazione di Edoardo VIII, nel film vi è un montaggio tra David che legge alla radio il discorso per annunciare la rinuncia al trono, mentre le sue parole fanno ancora da sottofondo ai volti di Elizabeth e Albert che prendono atto di ciò che succederà e infine l’ormai nuovo re, Giorgio VI, che si avvia per pronunciare il suo primo discorso davanti agli uomini di corte. A teatro, al contrario, vi è solo una scena “vuota” in cui il discorso di David scorre alla radio.
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