Il cinema, come moltissimi altri ambiti, è stato dalla sua nascita un sistema in cui spesso e volentieri le voci femminili si sono andate perdendo. Eppure la storia pullula di donne che hanno contribuito in maniera innegabile alla settima arte, ricordate in misura minore rispetto ai colleghi.

Per questo motivo oggi, in occasione della Giornata internazionale della donna, vogliamo puntare i riflettori su 8 artiste e cineaste a partire dai loro lavori. Una lista, la nostra, inevitabilmente parziale, ma che speriamo possa spingere ad ampliare i propri orizzonti in autonomia. 

1-Alice Guy-Blaché-Les Résultats du féminisme (1906)

In pochi minuti il pubblico è esposto a quelli che, il titolo ci annuncia ironicamente, sarebbero i “risultati del femminismo”: una società in cui le donne sono il “sesso dominante” mentre gli uomini sono ridotti a macchiette di svenevolezza relegate ai lavori domestici e vittime delle avances femminili. La provocazione è ancora molto attuale, 100 anni dopo: se a ruoli invertiti questa compartizzazione risulta così ridicola, cosa ci fa credere che il dominio patriarcale sulla donna sia normale? E cosa ci fa credere che, se anche nella finzione gli uomini alla fine si ribellano alla loro “prigionia”, le donne non faranno lo stesso nella realtà?

Sarebbe di Alice Guy-Blaché il primo film diretto da una donna (La Fée aux choux del 1896). Ciò la rende ufficialmente la prima regista della storia del cinema. A Guy-Blaché dovremmo inoltre la lungimiranza di dare ai film un impianto narrativo: i Lumière si erano limitati ad usare il cinema come mezzo per mostrare, non raccontare. Fu inoltre una delle prime donne a possedere uno studio cinematografico oltre che la regista di quello che sarebbe il primo film con protagonista un cast interamente Afroamericano. Nella sua carriera avrebbe partecipato, in diversi ruoli, alla realizzazione di ben 700 film. 

Questo film e buona parte del catalogo di Guy-Blaché arrivatoci è reperibile su YouTube.

Lois Weber -a destra- nel film Suspense

2-Lois Weber-Suspense (1913)

Hitchcock lo avrebbe spiegato molto bene 50 anni dopo: la suspence nasce nel momento in cui il pubblico sa qualcosa in più rispetto ai personaggi. Lo sapeva, evidentemente, anche Lois Weber: nel suo film Suspense, in una decina di minuti, attraverso un uso avanguardistico dello split screen e del montaggio alternato vediamo un vagabondo irrompere in una casa, la reazione concitata della donna al suo interno e l’intervento tempestivo della polizia. Una sequenza che ancora oggi risulta sorprendente per l’uso che fà dei punti di vista, la scelta delle inquadrature e il forte dinamismo.

Weber è considerata ad oggi una vera e propria pioniera del cinema al pari di Griffith e De Mille. Regista di un numero di film che và dai 200 ai 400 (molti andati perduti) per i quali svolse anche altri ruoli come l’attrice, sarebbe stata la prima donna a dirigere un lungometraggio (un adattamento de Il mercante di Venezia, in collaborazione col marito) e a possedere un proprio studio cinematografico.

Il film Suspense, come buona parte del suo catalogo arrivatoci, è visionabile su YouTube.

Una scena dal film Ragazze in uniforme

3-Leontine Sagan-Ragazze in uniforme (1931)

Questo film tedesco è la storia di una comunità interamente femminile in una scuola prussiana, ambiente caratterizzato da sorellanza e sostegno reciproco tra allieve ma da eccessiva rigidità e mancanza di comprensione da parte delle autorità (una situazione che è stata spesso interpretata come metafora del clima politico del tempo, con l’imminente salita al potere di Adolf Hitler). Una delle allieve, Manuela, risente particolarmente della severità collettiva e trova conforto nell’affetto per un’insegnante, che si trasforma in infatuazione.

Il film fu co-diretto da Carl Froelich e Leontine Sagan, regista principalmente teatrale che aveva già diretto lo spettacolo da cui il film è tratto. Trasferitasi in Inghilterra perché ebrea, girò solo un altro film, Men of Tomorrow (1932), oggi considerato perduto. Tornata a lavorare a teatro, fu la prima donna a produrre al Theatre Drury Lane e regista di diversi spettacoli dell’autore Ivor Novello (protagonista del film muto di Hitchcock Il pensionante). Nel suo lavoro come autrice, regista o attrice, Sagan trattò diverse volte il tema del lesbismo.

Ragazze in uniforme è al momento visionabile su Mubi. Ne è stato fatto un remake nel 1958 con protagonista Romy Schneider.

Maureen O’Hara e Dorothy Arzner su set di Balla, ragazza, balla

4-Dorothy Arzner-Balla, ragazza, balla (1940)

Pochi film hanno saputo descrivere l’invasività dello sguardo maschile nei riguardi del corpo femminile quanto questo. In Balla, ragazza, balla seguiamo le disavventure di Judy (Maureen O’Hara), una ballerina che sta cercando di affermarsi professionalmente, e della rivale\amica\collega Bubbles (Lucille Ball), molto più pragmatica. Sia Judy che Bubbles, per tutto il film, sono soggette al giudizio esterno, maschile e lascivo. Se Bubbles si adatta a questa situazione, sfruttandola per guadagnarci sopra, Judy non sopporta l’oggettificazione costante ed infine esplode in un monologo liberatorio per lei e per tutte le spettatrici. 

Un film che negli anni ‘40 accentrava così fortemente due protagoniste e le loro ambizioni lavorative, con una trama romantica che è poco più che tangenziale, porta il nome di Dorothy Arzner, la prima regista ad entrare nella Directors Guild of America. L’unica donna nel contesto dei grandi studios di Hollywood, Arzner diresse 21 film tra il ‘22 e il ‘43, compreso il debutto nel cinema sonoro di Clara Bow, L’allegra brigata. Apertamente lesbica, nei suoi film Arzner parlava spesso delle relazioni tra donne e criticava le imposizioni societarie sul femminile.

Balla, ragazza, balla si trova gratis su RaiPlay oppure a noleggio su Amazon Prime Video.

Maya Deren in Meshes of the Afternoon

5-Maya Deren-Meshes of the Afternoon (1943)

Pochi mesi fa ci ha lasciati David Lynch. Molto del suo cinema, fondato su immagini di difficile interpretazione e legate all’inconscio, è stato associato all’opera di un’artista ucraina, Maya Deren. 

Nel suo debutto Meshes of the Afternoon, un filmato muto di appena 14 minuti realizzato assieme all’allora marito, assistiamo ad una sequenza che si ripete continuamente, con poche ma significative variazioni: una donna entra in casa sua e si addormenta. Una premessa semplice su cui Deren, interprete oltre che regista, imbastisce un sistema di immagini e simboli suggestivi ricorrenti ed inquietanti che culminano con quello che parrebbe essere un femminicidio.

Un’artista a tutto tondo (oltre che regista era anche poetessa, fotografa, ballerina, scrittrice…) con evidenti influenze provenienti dall’accoppiata Buñuel-Dalì, Deren girò questo primo film con soli 250 dollari e una telecamera 16 mm. Durante la sua carriera (comprendente altri cortometraggi sperimentali e un documentario su Haiti che uscì postumo) girò sempre film a basso budget, controcorrente e legati alla dimensione dell’inconscio. Le sue opere furono di grande ispirazione, oltre che per Lynch, anche per altri artisti sperimentali come Kenneth Anger, al fianco dei quali Deren meriterebbe di essere ricordata più spesso. 

Meshes of the Afternoon è disponibile su YouTube.

Sylvie Testud e Stanislas Merhar in La Captive

6-Chantal Akerman-La Captive (2000)

Un uomo impone una vera e propria prigionia alla sua innamorata: la segue fuori casa, ne controlla ogni spostamento e la assilla in maniera patologica per assicurarsi della sua fedeltà. Il risultato, tratto dal quinto volume dell’opera monumentale di Proust Alla ricerca del tempo perduto, è un film di oppressiva quotidianità in cui nella passività della donna nei riguardi del suo aguzzino emerge una rassegnazione profonda che termina con un ultimo gesto disperato.

Chantal Akerman è tornata alla ribalta nel 2022, quando un sondaggio decennale della rivista Sight and Sound ha incoronato il suo secondo lungometraggio, Jeanne Dielman, 23, quai du commerce, 1080 Bruxelles (1975), il migliore della storia del cinema. Ad appena 25 anni, la giovane belga ruppe con qualsiasi convenzione narrativa fino ad allora esistente, dedicando tre ore all’osservazione meticolosa di una casalinga e dei suoi rituali quotidiani. Oltre che regista capace di spaziare tra i generi (girò documentari e un musical, tra le altre cose), Akerman fu professoressa di cinema e artista.

La prigioniera è visionabile gratis su Arte.tv, assieme ad altri film della regista, o su Chili.

Jane Campion e Benedict Cumberbatch sul set del film Il potere del cane

7-Jane Campion-Il potere del cane (2021)

Al confine temporale tra la conquista della Frontiera e l’America industrializzata, un cowboy rende la vita impossibile alla moglie di suo fratello. Il dominio psicologico sulla fragile donna gli si rivolta contro quando nel ranch di famiglia  li raggiunge anche il figlio di lei. Diventa presto evidente che la corazza di sprezzo e durezza che il protagonista indossa non è altro che una maschera e che lui non è altro che un cimelio che dovrà essere obliterato.

Jane Campion ha sempre avuto un occhio di riguardo per la sua terra d’origine, la Nuova Zelanda. Qui è stato girato anche il film che le valse la consacrazione: Lezioni di Piano. Con questa esplorazione della sessualità femminile sullo sfondo di una natura incontaminata, Campion fu la prima donna a vincere la Palma d’Oro a Cannes nel 1993

Nelle sue opere, spesso caratterizzate dall’opposizione visiva tra uomo ed ambiente, la regista affronta i rapporti di potere tra uomini e donne, tra generazioni e ceti diversi, all’interno di società che catalogano sistematicamente l’individuo.

L’Oscar alla regia è arrivato nel 2021 proprio con Il potere del cane, disponibile su Netflix.

Una scena da Point Break

8-Kathryn Bigelow-Point Break – Punto di rottura (1991)

Chiudiamo in bellezza con un film d’azione. Due giovani Keanu Reeves e Patrick Swayze, il primo poliziotto sotto copertura, il secondo surfista a capo di un gruppo di rapinatori di banche, si sfidano a colpi di sport ad alto rischio. Quello che potrebbe passare per un semplice action flick testosteronico di inizio anni ‘90 contiene in realtà un commento anti capitalista per niente velato e si poggia su una relazione tra due protagonisti maschili che Swayze stesso aveva interpretato come una “storia d’amore”.

Kathryn Bigelow è stata la prima donna a vincere un Oscar alla migliore regia col suo film di guerra The Hurt Locker. Questo momento a dir poco storico è avvenuto nel 2009

Nei suoi film, diversi dei quali ascrivibili al genere d’azione, Bigelow ha sempre dimostrato un’enorme padronanza di scene dinamiche, facendo ricorso anche a soluzioni alquanto estreme per poter riprendere e utilizzando attrezzature costruite appositamente. La rappresentazione della violenza nei suoi film ha sempre come fine un commento sociale riguardo questioni più ampie.

Point Break è disponibile su Now TV e Prime Video o a noleggio su Rakuten TV.

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Silvia Strambi,
Redattrice.